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Oggi avrebbe un patrimonio da 340 miliardi di dollari. Al suo cospetto i paperoni della new economy sembrano degli straccioni: Bill Gates, il primo nella classifica di Forbes si ferma a 77,6 miliardi. John Davison Rockefeller (1839-1937) è passato alla storia come l’uomo più ricco di sempre, alla sua morte le sue azioni coprivano l’1,5% del prodotto interno lordo americano. Il più ricco e il più controverso. Odiato per il monopolio sul petrolio e sul carbone che ha mandato sul lastrico migliaia di imprenditori, responsabile del più grande massacro di scioperanti nella storia americana, è stato allo stesso tempo il più generoso filantropo che il mondo abbia conosciuto: milioni di dollari offerti per creare università e centri di ricerca.

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Il primo business a 8 anni

«Li imbrogliavo ogni volta. Volevo che fossero i più furbi». Non è proprio l’insegnamento che daresti a tuo figlio. E invece è questa in parte l’educazione ricevuta da John da suo padre, William. Un presunto medico che passa la sua vita a viaggiare, tradire la moglie e vendere delle piante, inverosimili cure miracolose per il cancro. Migliori insegnamenti riceve invece dalla madre Eliza che lo educa ai principi della fede religiosa e a una gestione accorta del denaro. Già da giovanissimo ha un talento per la vendita e a 8 anni inizia il suo primo business: «Allevavo tacchini, aiutato da mia madre e li vendevo alla gente del posto. Guadagnavo i primi soldi e li conservavo» racconta in una delle sue interviste al New York Times.

«O vendi a me o ti distruggo»

Dopo gli studi commerciali trova lavoro in una piccola azienda dove si occupa di contabilità. A soli 16 anni diventa molto abile nel calcolare i costi del trasporto delle merci, una vera fortuna per il business gigantesco che avrebbe costruito.

Allora guadagnava 50 centesimi al giorno, nei primi tre mesi 50 dollari, più o meno mille dollari di oggi.

Si mette in proprio poco dopo con un amico, Maurice B. Clark, aprendo una società di consulenza che fa subito tanti soldi, 4 mila dollari nei primi anni di vita (più o meno 100 mila di oggi).

Ma John ha lo sguardo rivolto al futuro. Il mercato del petrolio è giovanissimo e inesplorato. L’olio di balena, che veniva usato come fonte di energia, è diventato troppo costoso per le famiglie. Allora decide di scommetterci e investe in una raffineria di petrolio, socio di Clark e dei suoi fratelli. Ma non ha margine d’azione, vuole più spazio e fa fuori gli altri soci, comprando le loro quote per 72.500 dollari (1 milione di dollari oggi). Intanto suo fratello William apre un’altra raffineria a Cleveland e chiede a John di entrare come partner. È l’embrione della holding che spazzerà via tutta la concorrenza.

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John riesce a strappare prezzi di gran lunga più bassi rispetto alla concorrenza, e il costo del cherosene precipita di circa l’80%. I competitor stentano a credere ai loro occhi. A loro offre 2 possibilità: o vendere a lui e diventare ricchi a vita, oppure la chiusura.

È un vero massacro. Compra tutto, 22 raffinerie cambiano proprietario,  crea un impero. Un monopolio che assorbe il 90% del mercato. La Standard Oil, questo il nome della compagnia, è crudele e senza pietà. Chi non si allinea fa una brutta fine. I proprietari delle raffinerie che non vendono si indebitano, ipotecano le case e alcuni, disperati, decidono di suicidarsi. Intanto, John prospera. Ma come fa a offrire prezzi così bassi sul mercato?

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La donna che gli ha rotto il giocattolo

Tra gli uomini mandati sul lastrico c’è anche il papà di Ida Tarbell. All’epoca è solo una bambina, ma ricorda ancora tutto il dolore del suo genitore e degli altri imprenditori di Cleveland distrutti dalle ambizioni espansionistiche di John. Da grande sceglie la carriera giornalistica e parte con qualche piccola inchiesta. Ma vuole catturare il pesce grosso, metterlo nella rete. E scrive la più grande opera contro l’uomo più potente d’America.

Per capire le serve un’esca. La trova in Henry H.Rogers, ex dipendente di suo padre, e ora uno dei più grossi manager della Standard Oil. Lo lusinga, gli dice che vuole scrivere un libro sulla sue abilità manageriali, ma sta barando. Rogers è un chiacchierone, parla di tutto, presenta documenti dell’azienda. Esce fuori uno strano accordo sottobanco, taciuto da tutta la stampa. La multinazionale di Rockefeller ha da tempo stabilito un oscuro patto con alcune società ferroviarie e dogane. Ecco spiegato il perché il prezzo è così basso sul mercato. La voce di costi maggiore, il trasporto delle merci, è quasi azzerato. La società sta giocando sporco. Il più grande monopolio al mondo è anche quello più corrotto: «Non farlo uscire o perderai la tua casa, come ha fatto tuo padre» è la minaccia di Franklin Tarbell, altro pezzo grosso della Standard Oil.

Ma il libro esce. Si chiama The History of the Standard Oil ed è un capolavoro di inchiesta giornalistica. Ora John ha contro tutta l’opinione pubblica.  A questo si aggiungono i tragici fatti di Ludlow, con la repressione feroce degli scioperi dei minatori del Colorado  (miniere proprietà di un ramo della holding, la Iron Company). Le guardie private dei Rockefeller sedano la protesta con un massacro: 20 persone uccise, tra cui una dozzina tra donne e bambini. Sparatorie e incendi con l’uso del cherosene. Sette delle vittime hanno meno di 6 anni.

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Lo spacchettamento

Ora la politica non può più voltarsi dall’altra parte. Nel 1911 la Corte Suprema stabilisce l’illegalità del monopolio dei Rockefeller e ordina ai dirigenti di spaccare la compagnia. Dalla distruzione della Standard Oil, nascono 34 compagnie, alcune ancora in vita: come la Chevron, Esso, Mobil, Conoco, Amoco.

«I soldi me li ha dati Dio»

John muore all’età di 97 anni. In tutta la sua vita ha donato 550 milioni di dollari per creare università in America (tra cui quella di Chicago) e nel mondo (come quella nelle Filippine). Ha finanziato tanti istituti di ricerca medica che con i suoi studi hanno debellato alcune delle malattie più diffuse del tempo. È stato con ogni probabilità il più grande benefattore che la ricerca medica abbia avuto.

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Angelo o diavolo, dunque? Difficile dirlo di fronte a uomini così controversi della storia. Ad aiutarci ad inquadrarlo nei suoi meriti e demeriti, il ritratto che ne offre Ida Tarbell: «Una delle sue migliori qualità era la pazienza. La storia non ha mai conosciuto un uomo più paziente, capace di osare proprio nel momento dell’attesa. Il suo istinto per il denaro era sorprendente. L’abilità di cogliere prima degli altri il valore di un’invenzione, di un mercato nascente, di un prodotto. Era come un generale che sta per assaltare una città su una collina fortificata e da una mongolfiera vede tutto dall’alto. Come fare propria quella zona, come far cadere l’altra, conquistare quel forte. E niente per lui era troppo piccolo, dal negozio che vende frutta, alla piccola raffineria di petrolio,  dal gasdotto privato. Niente era troppo piccolo. Perché le cose piccole insieme possono crescere fino a diventare un impero».

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I Rockefeller dopo di lui

Da John in poi la famiglia Rockefeller è diventata una vera e propria dinastia, 22esima tra le famiglie più ricche del mondo, con una fortuna di 11 miliardi di dollari (Forbes). Durante il 20esimo secolo è stata coinvolta nella costruzione di una miriade di edifici: Rockefeller Center è solo il più celebre. Il museo delle Arti Moderne di New York, Il World Trade Center (dei tristemente noti attacchi terroristici) sono solo alcuni esempi. Mentre è ancora impegnata nel sostegno di università (Harvard, Stanford, Yale, beneficiano delle donazioni della Rockefeller Foundation). E nella difesa dell’ambiente con la creazione di circa una ventina di parchi nazionali (Cloisters, Acadia National Park, Forest Hill Park).

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Tutte le sue fortune sono legate al petrolio che resterà, tuttavia, solo un ricordo. Ha fatto scalpore la decisione del fondo di investimento della famiglia di uscire dalla ExxonMobil, la più importante compagnia petrolifera al mondo. Martha, John, Laurence, Nelson e David Rockefeller hanno deciso che ritireranno i loro soldi per la condotta riprovevole della multinazionale che avrebbe nascosto le prove sull’effetto dei combustibili fossili sui cambiamenti climatici. In più la Exxon, secondo le accuse dei Rockefeller avrebbe finanziato un gruppo di ricercatori per studi per negare i cambiamenti climatici.

Giancarlo Donadio
@giancarlodonad1