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Da 4,5 miliardi di patrimonio a zero in un anno. È l’incredibile parabola discendente di Elizabeth Holmes, 31 anni, l’imprenditrice che con Theranos ha inventato un dispositivo per test del sangue più rapidi e meno costosi. Per questa innovazione e i tanti soldi raccolti (724 milioni di dollari) Forbes l’aveva incoronata come “self made woman” più ricca al mondo. La stessa rivista americana oggi torna sui suoi passi e butta fuori l’imprenditrice da ogni sua classifica: «Oggi le sue azioni valgono essenzialmente zero», scrive Forbes.

elizabeth holmes

La favola di Elizabeth e della sua startup

È stata salutata da tutti come una delle più belle avventure imprenditoriali degli ultimi anni. Una ragazza di Stanford, all’epoca 19enne, che abbandona gli studi di chimica per creare la sua azienda. Con un’idea, un modo per fare test del sangue più rapidi e meno costosi (niente più siringhe e giorni di attesa, ma un piccolo foro al dito per avere  info sulla propria salute in meno di 4 ore). Dopo i primi test a Singapore apre l’azienda con il sostegno del suo docente di ingegneria chimica, Channing Robertson, nel 2003. Poi arrivano i milioni degli investitori. Ci credono in tanti, da Tim Draper (Draper Fisher Juverston) che finanzia l’azienda con quasi 7 milioni di dollari, poi altri round. Due da 16 milioni, uno da 28,5. E il round più grande di tutti, 400 milioni, con il sostegno di personaggi come Larry Elison, fondatore di Oracle. Tanti soldi che portano la società a una valutazione di ben 9 miliardi di dollari.


Le inchieste

Ma le cose a un certo punto si complicano. A sollevare il caso è il Wall Street Journal, che pubblica un’inchiesta raccogliendo le dichiarazioni di ex dipendenti e non. Viene fuori che l’azienda non offre tutti i test che promette (240 tipi dal colesterolo al cancro), che la tecnologia non è accurata come viene sbandierato dalla compagnia, e che molte delle authority accusano l’azienda di non aver ancora fornito prove sull’attendibilità dell’innovazione. Un piccolo terremoto a confronto di quello che verrà dopo.

La Food and Drug Administration, la Us  Securities and Exchange Commission, e alcune assicurazioni sanitarie, come la Medicare, mettono sotto accusa la società per truffa e negligenza, con imputazioni civili e penali. Viene fuori che l’azienda non usa personale qualificato, che i campioni di sangue sono conservati in freezer a una temperatura non corretta e che manca una documentazione corretta sui protocolli adottati. Infine, l’accusa più grave: aver diluito i campioni di sangue, uno stratagemma che sarebbe stato usato per rispettare la promessa della startup di ottenere tanti dati da piccole gocce di sangue. Mentre alcuni consumatori citano la startup in giudizio per pubblicità ingannevole.

C’era una volta un unicorno

Di fronte a questi avvenimenti Forbes, a sua volta, ha fatto un’inchiesta intervistando analisti, venture capitalist ed esperti dell’industria sanitaria. I risultati spostano la valutazione dai 9 miliardi a un “valore più realistico” di 800 milioni nei quali sono inclusi la proprietà intellettuale e i 724 milioni raccolti dai venture. Mentre le vendite sono ancora “basse” per garantire la valutazione (100 milioni di ricavi annui).  E’ chiaro che, con tutto ciò, cambi radicalmente anche la posizione di Elizabeth Holmes, che oggi detiene azioni ordinarie (common stock) rispetto agli investitori possessori di azioni privilegiate (preferred stock). In altre parole, i venture hanno il coltello dalla parte del manico e qualora l’azienda finisse in liquidazione, sarebbero loro ad essere pagati prima, recupererando tutti i soldi investiti e lasciando la Holmes senza un centesimo.

Giancarlo Donadio
@giancarlodonad1