Guidato dall’intelligenza artificiale, cucina le polpette e compone i panini. Ma da Miso Robotics si affrettano a rassicurare: “Non ruberà posti, è un co-bot”
“Abbiamo costruito Flippy per dare una mano a chi lavora in cucina, non per farli fuori”. La rassicurazione arriva da David Zito, capo della Miso Robotics. Si tratta dell’azienda che ha appena partorito Flippy, un’altro dei robot chef dei quali stiamo parlando in questo periodo – un po’ come Sally della Chowbotics – ma specializzato nel prodotto principe di questi tempi culinari: il burger. Dunque potenzialmente in grado di rivoluzionare i fast-food.
Come funziona
Flippy è una macchina alimentata dall’intelligenza artificiale in grado di cucinare burger (soprattutto, di capovolgerli, da qui il nome: flipping significa appunto rivoltare qualcosa) che da qualche giorno è in fase di sperimentazione alla catena internazionale CaliBurger che vanta ristoranti dalle Filippine alla Malesia. Secondo la compagnia può in realtà affrontare ogni fase della (noiosa) preparazione: dalla cottura all’assemblaggio del panino. Non ci credete? Date un’occhiata a questo video. Il fatto che sia AI powered, cioè guidata da un sistema in grado di imparare, migliorare e perfezionarsi, le consente almeno in potenza di riconfigurarsi per inediti compiti futuri: “Stiamo iniziando da un lavoro relativamente semplice come cuocere gli hamburger ma il nostro software proprietario consente all’assistente robotico di adattarsi – ha aggiunto Zito – dunque Flippy può essere addestrata a svolgere lavori sporchi, pericolosi o tediosi nell’ambito della cucina commerciale”. Qualche esempio? Friggere pollo e patatine, tagliare verdure o impiattare e preparare il vassoio per il cliente.
Cosa sono i co-bot
Il concetto è semplice: da CaliBurger Flippy viene usato come “co-bot”. Cioè un robot cosiddetto collaborativo, macchine con cui dovremo sempre di più abituarci a lavorare non solo nei contesti fortemente industriali, nei quali sono di casa da decenni, ma anche in quelli quotidiani e più ristretti. Anche se si tratta di un’etichetta forse partorita ad hoc per rendere l’avanzata di questi strumenti meno inquietante rispetto al futuro assetto del mercato del lavoro internazionale: celandoli dietro il velo dell’aiuto, potrebbero infatti guadagnare sempre più spazio a discapito degli impiegati (in questo caso chef e addetti alla cucina) in carne ed ossa.
I benefici del robot-burger
Per esempio, secondo Zito, robot come Flippy daranno l’opportunità a chi lavora in cucina di avere un rapporto più diretto con i clienti e in generale con chi è in sala. O anche la possibilità ai lavoranti di ruotare in più ruoli imparando più cose, senza rimanere inchiodati ai compiti di base come friggere tonnellate di patatine. Chissà. Certo è che già da ora, su scala global, si contano 66 robot ogni 10mila lavoratori: una cifra destinata a esplodere e una forchetta che si assottiglierà sempre di più. Specialmente se queste macchine riusciranno a garantire un lavoro “più veloce, più sicuro e con meno errori”, come il capo di Cali Group, John Miller, assicura saranno i futuri burger dei suoi negozi.
Insomma, Flippy è un chiaro esempio della tipologia di impieghi che rischiano di più: quelli ripetitivi e facilmente automatizzabili. Come noto anche quelli intellettuali avranno di che preoccuparsi ma nell’immediato (o quasi: Flippy esordirà l’anno prossimo e andrà a pieno regime nel 2019) è chi gira le polpette di carne sulla piastra a doversi fare qualche domanda. Anche perché macchine come Flippy promettono di garantire anche la qualità in termini di salute: monitorando temperatura e tempi di cottura – ma, in altri casi, controllando decine di altri parametri – daranno certezze sulla qualità della preparazione, evitando eventuali effetti collaterali come intossicazioni alimentari o simili.