Il canto del cigno di PlayStation 4 è un titolo statunitense intriso di magia nipponica che resta sospeso tra The Legend of Zelda Breath of the Wild e Assassin’s Creed
Mondo di sofferenza / eppure i ciliegi / sono in fiore. Se vi commuovete leggendo gli haiku, se divorate libri di Banana Yoshimoto, se siete cresciuti guardando gli anime e leggendo i manga, se il neorealismo italiano per voi non è mai esistito perché il vostro regista preferito è Akira Kurosawa, prima di destinare la vostra PlayStation 4 a un lungo e meritato riposo, in vista del debutto di PS5, c’è ancora un titolo che dovete assolutamente acquistare: Ghost of Tsushima. Ah, il breve componimento con cui abbiamo aperto è del poeta Kobayashi Issa (1763-1827).
Le scene di intermezzo si rifanno inevitabilmente alle pellicole di Akira Kurosawa
Ciliegi in fiore sul far della sera, anche quest’oggi è diventato ieri
Ghost of Tsushima è un concentrato di magia nipponica – talvolta un po’ forzata – che manderà in brodo di giuggiole chiunque ami il Giappone e la sua storia. A proposito di storia, partiamo dalla trama: la Mongolia sta invadendo il Giappone. Le navi del Khan sono ormai giunte nella baia dell’isola di Tsushima. Un manipolo di samurai tenta un’ultima, disperata, offensiva. Noi interpreteremo Jin Sakai, il nipote di un signorotto dell’isola che nel giro di poche ore scamperà per ben due volte alla morte. Un vero e proprio disonore, per un samurai. E infatti almeno nei primi minuti di gioco i suoi dilemmi interiori saranno al centro della scena per poi essere rimpiazzati velocemente da altri temi. Ecco, a nostro avviso la storia si sarebbe dovuta concentrare maggiormente su cosa significa essere un samurai, perché se è vero che i giapponesi moderni, al pari degli occidentali, non ne hanno idea e insistere troppo sul codice d’onore di questi antichi condottieri avrebbe forse annoiato più di un utente, è anche vero che un gioco simile lo avrebbe richiesto.
Avete mai sognato di essere un samurai?
Invece, nel giro di qualche missione il nostro Jin si trasformerà persino in un assassino stile Assassin’s Creed, o per meglio dire in un ninja, capace quindi di cogliere il nemico alle spalle e di assassinarlo mentre non se lo attende. Si tratta di una effrazione gravissima delle regole del bushido, che però il protagonista somatizzerà sorprendentemente bene, con un piglio tanto moderno e utilitaristico da sembrare anacronistico, soprattutto in relazione all’epoca storica in cui è ambientato Ghost of Tsushima.
La via del samurai
In compenso, le nuove arti amplieranno notevolmente le mosse a disposizione del nostro Jin che potrà scegliere se affrontare i nemici a viso aperto anche quando è in inferiorità numerica (ma un vero samurai dovrebbe sempre combattere così, fino alla morte), oppure decidere di cogliere i nemici di sorpresa, infiltrandosi nei loro accampamenti che punteggiano la regione nottetempo per sterminarli uno a uno. Nel primo caso, la peculiarità di Ghost of Tsushima consiste nel fatto che il primo scontro a viso aperto sarà una singolar tenzone stile Sergio Leone (in realtà in pieno stile Kurosawa). Il gioco li chiama “confronti“. All’inizio è poco più di un quick time event: occorre tenere premuto il tasto Triangolo finché la lama del nemico non è a un passo dalla nostra giugulare per ucciderlo all’istante. Potenziando il nostro eroe a dovere, il “confronto” diverrà la chiave di volta con cui risolvere velocemente parecchi scontri dato che sarà possibile inanellare più instant death e terrorizzare gli altri soldati presenti, di fronte alla nostra furia.
Anche i samurai zoppicano
Sono però almeno tre gli aspetti che non convincono dei combattimenti. In primo luogo, manca il lock on, vale a dire la possibilità di agganciare un nemico per ruotargli attorno. Se si pensa che Nintendo l’ha inventato nel 1998 con The Legend of Zelda – Ocarina of Time, sorprende che nel 2020 esca un titolo che non lo contempli. E infatti sotto questo profilo Ghost of Tsushima fa diversi passi indietro nel tempo, costringendovi a sventagliare la katana nell’aria, mentre gli avversari sorseggiano tranquillamente il sakè aspettando che torniate composti (non è vero: ne approfitteranno ignobilmente, attaccandovi alle spalle). In compenso, di sakè se ne deve essere scolato parecchio l’operatore virtuale, dato che la telecamera va ovunque tranne che sui nemici: a volte penetra persino i poligoni delle montagne, errori che non si vedevano da almeno due generazioni di console e che confidiamo possano essere patchati quanto prima.
I combattimenti sono la croce e la delizia di Ghost of Tsushima
Il terzo aspetto che non convince è più sottile e riguarda la possibilità per Jin di curarsi semplicemente riempiendo la barra della “determinazione”. Più soldati mongoli ammazza più è determinato e più “medikit” avrà a sua disposizione (ma i punti della “determinazione” potranno essere investiti anche in combo spettacolari). Ci è parsa una soluzione di comodo posticcia, considerata la seriosità ricercata per tutto il resto del gioco. Anche perché il nostro Jin, nonostante sia un samurai, passa il suo tempo libero a sgraffignare da case, cascine e fattorie generi alimentari che in Ghost of Tsushima sono intesi a stregua di moneta di scambio mentre avrebbero potuto rappresentare facilmente un modo per curarsi.
Samurai o guerriero ombra? Cosa preferite? Combattere i nemici con onore o finirli alle spalle?
Assassin’s Creed dagli occhi a mandorla
Anche le sessioni stealth lasciano perplessi. In questo caso il titolo dei ragazzi statunitensi di Sucker Punch ricalca pedissequamente la saga di Assassin’s Creed pur non riuscendo a restare al passo. Rispetto ai titoli Ubisoft, pur scriptatissimi, le sequenze stealth di Ghost of Tsushima evidenziano in maniera troppo eclatante il cammino che il giocatore dovrà seguire per compiere la missione. L’aspetto peggiore riguarda la possibilità di scalare le montagne: è limitato solo ad alcuni appigli che risaltano sulle rocce come se fossero delle scale messe lì da una mano umana, uccidendo qualsiasi sensazione di naturalezza. In più, i nemici sono davvero tonti e questo non depone certo a favore del gioco.
Nelle fasi stealth Ghost of Tsushima somiglia troppo ad Assassin’s Creed. Ma il personaggio è molto più legnoso
Se si passa sopra a qualche difetto grafico e a uno-massimo due panorami meno evocativi del dovuto, dove Ghost of Tsushima dà il meglio di sé è nel free roaming. Lì i rimandi a The Legend of Zelda – Breath of the Wild si fanno numerosi e prepotenti, anche se il level design del titolo Nintendo è assai più aggraziato e sorprendente (ovviamente non per grafica, ma per soluzioni ludiche). L’isola di Tsushima è enorme, bellissima da vedere e ricca di oggetti da recuperare per potenziare il nostro alter ego.
Da buon samurai, Jin non è solo un brutale assassino, ma potrà fermarsi in alcuni punti per comporre haiku o avere la sensibilità d’animo necessaria ad attrarre a sé volpi e uccelli che lo condurranno a tesori perduti. Diverse prove di abilità lo renderanno più capace con la katana e l’arco. E poi ci sono i mongoli da rispedire a casa: sono parecchi gli accampamenti da mettere a ferro e fuoco. Forse girovagare senza una meta non è divertente come ci saremmo aspettati, anche perché l’assenza di una mappa davvero precisa si fa sentire (soprattutto nei villaggi, quando si è in cerca di un negozio) ed è forte anche la sensazione di avventurarsi in un mondo vuoto, a tratti persino finto, ma chi ama le ambientazioni nipponiche resterà in più di una occasione ammaliato.
La decisione poi di eliminare l’hud, ogni elemento grafico a schermo e di richiamare il vento per sapere qual è la strada da seguire, venendo accompagnati per tutto il gioco da folate di foglie che quasi ci ammantano e ci proteggono (sarebbe del resto lo spirito dei nostri antenati, a guidarci) poi, è poesia pura, come è poesia vedere Jin sporgersi da cavallo mentre galoppa solo per accarezzare con la mano i ciuffi dell’erba. C’è la brutalità della guerra e dei combattimenti a fil di spada, in Ghost of Tsushima, ma pure la poetica altisonante del Giappone feudale. In questo gli sviluppatori, benché di Washington, sono riusciti a cogliere l’essenza delle contraddizioni nipponiche.
Sparse per l’isola ci sono le musiche che Jin potrà poi suonare con il flauto
L’epopea di PlayStation 4 si conclude insomma in grande stile. Ghost of Tsushima è un videogioco di notevole impatto. Non è perfetto, le sbavature non mancano e le abbiamo elencate con dovizia di particolari come è giusto che sia, ma è comunque un’opera capace di tenere incollato il giocatore per tutte le 20 – 30 ore necessarie a finirlo (che potrebbero diventare anche 40 o 50 qualora decidiate di raccogliere ogni oggetto presente sull’isola). E speriamo che sia il capostipite di una nuova serie, perché anche se siamo arrivati ai titoli di coda non vediamo l’ora di tornare a indossare il kimono e a impugnare la nostra katana.