Non esiste solo la Cina. C’è un altro attore asiatico che sta diventando un vero e proprio gigante dell’innovazione. Si tratta dell’India, che nella prima parte del 2018 ha già battuto il suo record personale di startup valutate come “unicorni”
Non esiste solo la Cina. Prima di arrivare in Estremo Oriente c’è un altro gigante pronto a emergere anche dal punto di vista tecnologico. Si tratta dell’India, altro enorme subcontinente asiatico che si sta ritagliando uno spazio sempre più importante emancipandosi dall’espansionismo geopolitico di Pechino creandosi una sua immagine di successo e innovazione.
I motivi della crescita indiana
Nel 2018 sono cinque le startup indiane a essere diventate degli unicorni, superando il miliardo di dollari di valutazione. Si tratta di un record assoluto per il Paese. Il miglior dato era finora risalente agli anni 2014 e 2015, quando gli unicorni erano stati tre. Nel 2016 si era scesi a due unicorni, per arrivare a un solo unicorno nel 2017. Nel 2018 il netto cambio di passo, segno inequivocabile che qualcosa sta cambiando, anzi è già cambiando, nel panorama tech del gigante indiano. Ma che cosa? Il governo di Nuova Dehli ha deciso di puntare forte, fortissimo, sull’innovazione per cambiare il volto a un Paese che vuole crescere e acquisire un ruolo centrale sullo scenario globale. I programmi governativi di sostegno alle startup non si contano. L’obiettivo del primo ministro Narendra Modi è interrompere l’esportazione di cervelli e talenti indiani, offrendo condizioni migliori per sviluppare le proprie idee innovativi in madrepatria. Ad aiutare anche la contingenza economica e la crescita della possibilità di spesa, in particolare delle generazioni più giovani, sempre più connesse e digitalizzate. E si tratta di una crescita velocissima. Basti pensare che oggi ci sono oltre 450 milioni di utenti di smartphone in India, contro gli 86 milioni del 2013. Un dato più che quintuplicato nel giro di cinque anni. Naturale che l’ecosistema di app e servizi digitali debba agire in fretta per stare al passo.
I nuovi unicorni indiani
Ma quali sono i settori di business dei nuovi unicorni indiani? Policybazaar è un’app scaricatissima che compara le offerte tra le diverse compagnie assicurative. Una novità assoluta per un Paese in cui solo il 3,7 per cento del miliardo e trecentomila abitanti ha una copertura. Ma la percentuale sta ovviamente aumentando, e Policybazaar è riuscita a intercettare il desiderio, e soprattutto la possibilità economica, di avere un’assicurazione nel momento giusto, diventando lo strumento privilegiato per milioni di indiani che vogliono capire quale possa essere l’offerta migliore per le loro esigenze. L’abbattimento del miliardo di dollari di valutazione è arrivato per Policybazaar dopo aver attirato un round da 200 milioni di euro guidato dal Vision Fund di SoftBank. C’è sempre lo zampino di SoftBank dietro l’abbattimento del miliardo da parte di Oyo Rooms, una rete di sistemazioni e alloggi turistici che sta spingendo tante strutture a un forte upgrade che sta sensibilmente migliorando la possibilità ricettiva dell’India dal punto di vista turistico. In cinque anni Oyo Rooms ha già raggruppato circa 125 mila strutture, il 5% del totale di quelle attive nel Paese. Attiva sul fronte dell’e-commerce Udaan, una startup fondata solo nel 2016 ma in grado di connettere oltre 150 mila compratori e venditori al mese. Su Udaan si trovano in particolare capi di abbigliamento e prodotti di elettronica. Byju’s è invece una app di e-learning che sopperisce a una mancanza endemica per l’India: quella della possibilità di pagare i professori, con un sistema scolastico spesso sovraccarico e poco efficiente. Byju’s offre la possibilità di partecipare a lezioni online di alta qualità. Una possibilità colta da quasi due milioni di indiani che pagano circa 135 dollari all’anno per avere accesso ai contenuti dell’app. E la crescita sembra inarrestabile, con il giro di affari del 2018 che è più che triplicato. L’ultima compagnia a diventare “unicorno” è stata Swiggy, un’app di food delivery che sta puntando forte sulla qualità intercettando una capacità di spesa in netto aumento per l’utente medio indiano.
La sfida a Usa e Cina
Con la Silicon Valley e i brand globali da una parte e i giganti del tech cinesi dal’altra, non è scontato che le startup e gli unicorni indiani riescano a imporre il proprio modello su scala internazionale. Ma ciò che sta cambiando rispetto al passato è l’ecosistema interno, più dinamico, e la domanda in continua crescita di servizi digital. Non solo. Sta cambiando anche l’approccio delle startup indiane. Se prima ci si limitava a replicare le storie di successo provenienti dall’estero, ora i ceo indiani stanno provando, in molti casi con successo, a costruire qualcosa di originale creando nuovi modelli di business pensati per rispondere in maniera sempre più completa alle esigenze del pubblico indiano. Nuova Dehli ripone molte speranze nel suo scenario tech. Secondo gli esperti di settore entro il 2025 nasceranno oltre 100 mila startup in grado di dare lavoro a più di tre milioni e mezzo di indiani, aiutando contemporaneamente il Paese a completare il suo sviluppo in materie come l’educazione, il turismo e la logistica. Il tutto si sta accompagnando con un’azione governativa che vuole porre un freno ai giganti tech e internet stranieri, con nuove regolamentazioni su dati e non solo. Cari Usa, cara Cina, c’è anche l’India.