Una circolare traccia le nuove linee guida per i militari. Niente più missioni con i droidi commerciali, ci sono troppo avvisi sulle vulnerabilità della piattaforma. DJI si dice disponibile a collaborare
Una circolare dell’Esercito degli Stati Uniti mette nero su bianco unadecisione presa dai vertici militari: a causa della crescente preoccupazione per la sicurezza della piattaforma, fino a nuovo ordine i droni DJI impiegati da tempo nelle missioni militari sono sospesi dal servizio. La decisione risale allo scorso maggio, ma solo ora se ne è avuta notizia: l’azienda cinese si è detta “sorpresa” della decisione, e volenterosa di collaborare per risolvere ogni questione legata alla cyber-security. Lo US Army ci sta pensando, ma per ora rimane in vigore il bando.
Il memo
Nella comunicazione, piuttosto concisa, inviata lo scorso 25 maggio ai comandi, il Dipartimento dell’Esercito fa esplicito riferimento ai “rischi operativi connessi ai prodotti DJI”, e al loro largo utilizzo da parte delle forze armate a stelle e strisce, con oltre 300 programmi di impiego autorizzati in diversi settori. Tuttavia, prosegue il memorandum, “a causa della crescente conoscenza di vulnerabilità dei prodotti DJI viene ordinato di arrestare l’utilizzo di tutti i prodotti DJI”.
Il memo non fa sconti: non solo bisogna cessare di impiegare i droni sul campo di battaglia e altrove, ma bisogna anche disinstallare le applicazioni DJI e lasciare nel cassetto persino batterie e qualsiasi altro accessorio che sia prodotto da DJI o incorpori tecnologia DJI.
La reazione di DJI
DJI, azienda cinese che di fatto è tra i marchi leader del settore, come detto si è professata “sorpresa e delusa” per queste nuove linee guida emanate dall’Esercito USA. “Non siamo stati consultati” spiega un portavoce, chiarendo che l’azienda è disponibile a “lavorare direttamente con chiunque, compreso US Army, abbia dubbi riguardo la sicurezza”. “Contatteremo US Army – conclude la dichiarazione del portavoce – per confermare queste linee guida e chiarire cosa si intenda esattamente per “cyber vulnerabilità”.
Dallo US Army hanno fatto sapere che quelle linee guida, sebbene attualmente in vigore, sono già oggetto di revisione. L’ipotesi più probabile è che negli uffici dei militari a stelle e strisce serpeggi il dubbio che i dati registrati dai droni DJI, in alcuni casi conservati per ragioni legali, possano essere oggetto di analisi da parte delle autorità cinesi poiché custoditi in server collocati a Hong Kong.