Intervista a Giandomenico Sica, founder di Dhh, che è riuscita a crescere grazie alle acquisizioni nei mercati emergenti: “L’alternativa alla quotazione sarebbe stata quella di rivolgersi a un fondo di venture capital, ma non c’avrebbe dato nessun valore aggiunto”
Dalla filosofia alla passione per il venture capital, fino alla quotazione della propria società di web hosting. Quella che sembra una catena di voli pindarici è la vita reale di Giandomenico Sica, il fondatore di Dominion Hosting Holding, la società che lui stesso definisce come una startup “sui generis” e che sta per essere quotata in Borsa. La particolarità della sua società è proprio nella gestione finanziaria e nella crescita per acquisizioni, caratteristiche che rendono questa azienda un caso di studio per chi vuole uscire dalle solite dinamiche delle giovani imprese innovative italiane.
Dalla laurea in filosofia alla passione del venture capital
«La mia storia nasce da tutto un altro ambito, mi sono laureato in filosofia nel 2003, ho aperto una casa editrice che si occupava di testi universitari e in cui ho lavorato fino al 2008-10, avevo aperto una linea di libri dedicata al business che parlava di internet 2.0…ma ho sempre avuto la passione per il venture capital – ci racconta Sica – nel 2010 poi, quando ho smesso di fare l’editore volevo aiutare le startup digitali a trovare capitali, non conoscevo però né gli investitori né gli imprenditori quindi mi sono messo ad organizzare eventi e da lì è iniziato tutto».
Sica conosce prima Enrico Gasperini, il fondatore di Digital Magics, e da lì comincia il suo percorso di lavoro con le startup, supportandole nella ricerca dei capitali. Uscito da Digital Magics, nel 2014 Sica diventa socio di MailUp (già quotata in Borsa) e nel frattempo mantiene i contatti con Antonio Baldassarra con il quale un anno e mezzo fa decide di far partire l’avventura di Dominion Hosting Holding.
Un punto di riferimento per i paesi emergenti d’Europa
Dhh è stata creata nel luglio del 2015, con l’obiettivo di diventare il punto di riferimento nel mercato del web hosting nei “paesi emergenti d’Europa”. «In meno di un anno abbiamo messo in piedi una società multinazionale, presente in Italia, Slovenia, Croazia e Serbia, con oltre 90.000 clienti, un fatturato di 3,5 milioni di euro (di cui il 67% all’estero), 523 mila euro di EBITDA, 236 mila euro di utile netto e un flusso finanziario della gestione reddituale di 716mila euro.
In altre parole, una piccola startup internazionale, che cresce in maniera sana, generando utili e cassa», dichiara Sica, spiegando che questi risultati derivano da un approccio imprenditoriale che combina una logica finanziaria («abbiamo completato 3 acquisizioni in questo primo nostro anno di attività, comprando i leader di mercato nei paesi dove volevamo entrare») con una logica strettamente industriale («siamo tutti imprenditori nel campo informatico e abbiamo subito migliorato le performance delle società che abbiamo acquisito»). Nello specifico, l’attività svolta da Dhh è come quella di Aruba, vendere domini internet nei mercati emergenti di Europa (Slovenia, Croazia, Serbia).
Il modello di crescita per acquisizioni
«La nostra è un’attività nata come startup in maniera un po’ particolare perché siamo partiti e abbiamo subito cominciato a fare acquisizioni, come quella del principale operatore in Slovenia in campo hosting, poi la stessa cosa abbiamo fatto anche in Croazia e con un operatore in Italia». La startup in questo modo è cresciuta molto velocemente, ma fondamentalmente per acquisizioni. Il loro è un percorso di una società che cresce e si sviluppa comprando i principali competitor dei paesi emergenti e poi lavorando per ottimizzarli e farli crescere meglio.
Dal primo round seed alla quotazione in Borsa
«Abbiamo fatto un round seed da 840 mila euro più altri 600 mila di debito (1,5 milioni circa in totale) e con quello abbiamo fatto le nostre prime acquisizioni», risponde Sica a una domanda sul primo finanziamento della startup. Le società che hanno acquisito in seguito già fatturavano e avevano una consolidata presenza sul mercato, non è stato quindi difficile crescere anche in questo senso. «Il modello di business poi è quello tipico del nostro settore, vendiamo abbonamenti che vengono pagati con un canone ricorrente, quando acquisti un dominio lo paghi, ripaghi dopo un anno e via dicendo, quando acquisti lo spazio hosting è la stessa cosa», spiega Sica che riguardo alla decisione di quotare la società in Borsa aggiunge:
«L’alternativa sarebbe stata quella del fondo di venture capital, ma non ci piaceva come soluzione perché in Italia ce ne sono pochi e non sono esperti del settore industriale in cui ci troviamo noi. Non vedevamo un valore aggiunto in quel tipo di percorso». Con la quotazione in Borsa invece «raccogliamo gli stessi capitali, ma in più abbiamo anche uno status importante per noi che cresciamo con acquisizioni. Essere trasparenti ci aiuta ad acquisire una società che può vedere tutti i nostri dati e in più se vogliamo dare delle azioni al management che acquisiamo per coinvolgerlo maggiormente, quelle azioni hanno un valore, sono quotate e di conseguenza è molto più facile negoziare con la controparte». Attualmente in Dhh lavorano 45 persone, quasi tutti dipendenti e con un’età media inferiore ai 30 anni. Sfide per futuro?«Vogliamo diventare la principale realtà nei mercati emergenti di europa, tutta l’area balcanica e quella est europea. Il nostro primo obiettivo è quello di consolidare la presenza di mercato nell’area balcanica».