Storia di un’ingegnere delle telecomunicazioni, che, diventata mamma, si reinventa e sviluppa un progetto dedicato ai piccoli in età prescolare
Il 20% delle donne che lavora abbandona la propria attività dopo la maternità. È la fotografia scattata dal Rapporto annuale dell’Istituto Italiano di Statistica (Istat): un paese che fa passi avanti nel lavoro, ma ancora fatica in fatto di impiego al femminile. Eppure ci sono donne che non solo non smettono di lavorare, ma si reinventano anche. È il caso di Cristina Angelillo, un passato da ingegnere nelle telecomunicazioni che, in attesa di un figlio, lascia tutto per realizzare app per bambini, fondando Marshmallow Games, migliore startup editoriale del salone internazionale del libro di Torino 2015, un round appena chiuso con il fondo Shark Bites, con app Android e Windows Phone in arrivo. Ma soprattutto con un nuovo round di investimento in programma.
Cristina, ci racconti chi sei e come nasce il progetto Marshmallow Games? Passione per i bambini? Per la matematica o hai una formazione scientifica? Raccontaci un po’ di te
«Sono ingegnere delle telecomunicazioni e prima di Marshmallow Games ho lavorato per cinque anni nel settore del broadcasting radio-televisivo come progettista hardware. Quando ho scoperto che sarei diventata mamma ho deciso di cambiare vita, di dedicarmi alle mie due più grandi passioni: i bambini e l’insegnamento. Da quel momento è stato un susseguirsi di emozioni che se non avessi avuto il coraggio di cambiare non avrei mai provato. Ora, insieme ad altri tre soci, sono la fondatrice di Marshmallow Games e realizzo app educative per bambini in età prescolare».
Marshmallow è un nome curioso per una startup che si occupa di app, anche se per bambini. Come siete arrivati a scegliere questo nome?
«Abbiamo cercato di immaginare un qualcosa che fosse collegato al mondo dei bambini, che con il suo solo suono rimandasse all’immagine di un bimbo. Così abbiamo cominciato ad elencare tutto ciò che ce li ricordava e non appena è uscito fuori il marshmallow, caramella gommosa e dolcissima amatissima dai piccoli (e da noi), non abbiamo avuto più dubbi, ci saremmo chiamati Marshmallow Games, e così è stato».
Quali sono le tappe principali che hanno caratterizzato la storia di Marshmallow? A partire dai primi riconoscimenti, sia da parte dei genitori, degli insegnanti, sia economici
«Abbiamo subito istituito delle partnership con alcune delle scuole dell’infanzia nelle quali abbiamo testato i nostri prodotti prima di metterli sul mercato. Devo dire che l’idea di presentarci per la prima volta davanti ai bambini con la nostra app ci spaventava parecchio, perché, si sa, sono la bocca della verità, e non ci avrebbero pensato due volte a dire che l’app era brutta o noiosa. Fortunatamente così non è stato, anzi. Sono rimasti entusiasti, volevano giocare e ancora giocare. Si appassionavano alla storia, e dopo oltre 20 quesiti di matematica, quando l’app finiva e dovevamo passare al piccolo successivo ci sentivamo dire che volevano giocare ancora. Abbiamo testato l’app su oltre 200 bimbi e sono stati proprio loro a darci la giusta grinta per cominciare».
E le maestre?
«Anche le insegnanti hanno apprezzato la scelta del format (gioco+racconto), le scelte grafiche e stilistiche. Dopo questi test, la prima app, Math Tales – La Fattoria, pubblicata sullo Store, è stata subito selezionata da Apple fra le migliori nuove app e questa è stata una conferma della qualità dei contenuti. Anche le recensioni dei genitori che poi abbiamo collezionato sono molto positive in quanto tutti sono concordi sul potere educativo della nostra formula che mixa una parte editoriale e una parte di gioco volta all’apprendimento.
Anche dal punto di vista più istituzionale abbiamo avuto grandi riconoscimenti sin da subito, in quanto abbiamo vinto Valore Assoluto 2.0, una startup competition che ci ha dato accesso ad un importante grant. Dopo una campagna di crowdfunding, conclusasi con grande successo, siamo risultati vincitori di un grant (finanziamento) di TIM #WCAP e abbiamo seguito un percorso di accelerazione a Milano per 4 mesi. Ultimo tassello: da pochissimo abbiamo chiuso un primo round di investimento con il fondo Shark Bites, un fondo istituito dopo la trasmissione televisiva Shark Tank, e Mariarita Costanza, CTO di Macnil Gruppo Zucchetti, è entrata a far parte del nostro CdA».
Quali sono le App più utilizzate? Ce le spieghi in breve?
«La nostra prima linea di app si chiama Math Tales e, come dice il nome stesso, è incentrata sull’apprendimento della matematica. Math Tales è una saga costituita da diverse app che si differenziano per ambientazione e personaggi e per difficoltà degli esercizi, quindi si presenta come un vero e proprio percorso didattico sulla matematica. Nelle app il bambino viene accompagnato da una voce narrante in un fantastico mondo nel quale per poter proseguire nella storia deve risolvere quesiti ed esercizi. Quindi la particolarità delle nostre app risiede proprio in questo innovativo mix di racconto e apprendimento di materie scolastiche».
Perché la scelta di realizzare app in età prescolare? E l’idea di farlo attraverso l’uso della rima, come nasce?
«Il nostro obiettivo è quello di avvicinare i più piccoli alle materie scolastiche quando non sono ancora entrati nel turbinio della scuola primaria e dei compiti a casa. La fase prescolare è molto interessante perché è “pura” ed i bambini non hanno preconcetti o pregiudizi, ma giocano e imparano con naturalezza. La rima è un ausilio all’apprendimento in quanto stimola il senso del ritmo e la memoria, favorisce la concentrazione, sviluppa la conoscenza della sintassi e costituisce un approccio divertente. Un mix esplosivo che piace molto a tutti i bambini e quindi ben si presta all’apprendimento soprattutto di materie scientifiche».
Ci sono genitori scettici sull’uso delle tecnologie e delle app in età prescolare? Quali sono (se ci sono) i punti critici segnalati dagli “scettici” e quali sono invece le vostre osservazioni al riguardo?
«Ci sono genitori scettici sull’uso di dispositivi tecnologici soprattutto in un’età prescolare, però secondo noi non ha senso mettere la testa sotto la sabbia e ignorare l’interesse e la naturale predisposizione dei più piccoli all’uso di smartphone e tablet. Più che negare questa esperienza noi crediamo sia necessario educare i bambini all’utilizzo di questi dispositivi, magari con una supervisione dell’adulto, con una particolare attenzione alla scelta dei contenuti.
I nuovi strumenti digitali non devono sostituire altre forme di gioco e apprendimento, ma possono essere un diversivo da utilizzare, sicuramente però per spazi di tempo contenuti».
Voi avete anche un blog molto seguito.
«Il blog è nato per mettere a disposizione la nostra esperienza e le nostre competenze in ambito “bambini e didattica” con tutti i nostri utenti e tutti coloro che avessero voluto leggere consigli e spunti di riflessione su tutte le tematiche che ruotano attorno ai bambini. Ad oggi molti esperti di settore come psicoterapeuti, psicologi, logopedisti e blogger di settore scrivono contenuti per il nostro blog che diventa sempre più attivo e interattivo. Siamo riusciti anche a costruire una rete di influencer sui social che ci sostiene e ci offre grande visibilità. Tutto questo ha portato alla creazione di una community che ci segue e prende spunto dai nostri articoli per scambiarsi esperienze di mamma e di insegnante. Molti degli articoli nascono proprio dalle esigenze espresse dagli stessi utenti che richiedono approfondimenti e noi siamo ben felici di accontentarli. Siamo in continua evoluzione, ogni giorno impariamo anche grazie ai nostri utenti, è un magnifico cerchio di sapere».
Ad aprile la vostra startup ha concluso un round di investimento con Shark Bites Spa. Che succederà ora?
«Il prossimo passo è l’internazionalizzazione dei nostri prodotti e l’uscita su altre piattaforme, come Android e Windows Phone. In cantiere abbiamo tante nuove app e per questo vogliamo espandere il team e lavorare sulla tecnologia che c’è dietro i nostri prodotti. Ci stiamo preparando per un nuovo round di investimenti più importante che dovrebbe chiudersi nei prossimi 6 mesi. Incrociamo le dita».
Nel 2015 siete stati nominati come migliore startup del salone Internazionale del libro di Torino e siete stata invitati a partecipare quest’anno. Com’è andata? Cos’avete presentato in particolare?
«Si, esatto. L’anno scorso siamo stati selezionati come migliore startup editoriale del salone internazionale del libro di Torino. Quest’anno ci hanno invitati per tenere un panel per raccontare proprio i passi che abbiamo compiuto in quest’anno, per capire dove siamo arrivati e dove intendiamo andare. E’ sempre interessante tornare al salone sia per incontrare altre startup in ambito editoriale con le quali confrontarsi, sia per instaurare nuove relazioni con il mondo dell’editoria che è molto affine al nostro e col quale potrebbero sempre nascere nuove collaborazioni».