La guerra di Gaza si sposta su di un fronte inatteso: quello tra Israele, la Puglia e perfino la Basilicata. La Puglia nelle ultime ore ha attaccato frontalmente Tel Aviv: «la Giunta regionale ha oggi deciso di sporgere denuncia nei confronti del Governo israeliano» avendo tre pugliesi sulle navi della Global Sumud Flotilla abbordate e sequestrate dalle forze militari inviate da Benjamin Netanyahu.
La Puglia denuncia Israele…
Col presidente della Regione, Michele Emiliano, che ha sferzato: «La consumazione di atti di violenza a bordo di imbarcazioni italiane e in danno di concittadini inermi, arbitrariamente sequestrati e condotti nelle carceri israeliane, assieme al sequestro e successivo affondamento delle stesse imbarcazioni, configurano reati gravissimi che ledono i valori e i principi fondamentali dello Statuto della Regione Puglia che è persona offesa e danneggiata dalle azioni criminali del governo di Israele».
…E i chatbot israeliani attaccano i locali pugliesi?
Parallelamente, nel mare magnum di Internet, altri cittadini pugliesi subivano medesimi abbordaggi, questa volta compiuti, denuncia L’Espresso, attraverso un cannoneggiamento serrato di recensioni fasulle operato da una ciurma di attivisti filo-governativi e magari pure qualche chatbot che risponderebbero nientemeno che a un arruffapopoli preciso, individuato dal settimanale in Naor Meningher, sedicente spin doctor di Netanyahu.
Per la redazione barese del Corriere della Sera il profilo stesso sarebbe fasullo: “A guidare la campagna d’odio è un utente che si nasconde dietro un profilo fake, Naor Meningher, il quale si presenta come esperto di social network, curatore di campagne politiche ed ex gestore dei canali digitali dell’ex primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu.”

Qualunque sia la sua reale identità, il motivo di tale acredine pare certo e risalire alla stagione turistica e non alla presa di posizione politica della Regione.
Mentre a Gaza si muore e il nome di Naor Meningher inizia a riecheggiare in Europa per il suo podcast, Two nice Jewish Boys (due bravi ragazzi ebrei), nel quale – racconta sempre il settimanale – venivano espresse posizioni a dir poco efferate ( «Se avessi un pulsante per distruggere Gaza, e uccidere ogni essere vivente a Gaza, lo premerei all’istante, la maggior parte degli israeliani farebbe lo stesso. Non stiamo promuovendo l’uccisione di bambini, ma perdonateci se non ce ne frega niente se nella Striscia muoiono tutti»), il sedicente spin doctor di Bibi si prende qualche giorno di meritata vacanza dalla propaganda di Netanyahu viaggiando nel Sud Italia, secondo quanto riporta il Quotidiano di Puglia.
Le vacanze italiane di Naor Meningher
Vacanze subito rovinate dalle tante, troppe attività turistiche e commerciali (pugliesi come pure lucane, bersaglio di attacchi online analoghi) che espongono la bandiera palestinese, in solidarietà con la sofferenza patita dagli abitanti di Gaza.

Perciò il ‘bravo ragazzo ebreo’ come si fa chiamare nel suo podcast prende lo smartphone, apre la propria pagina Facebook e, ricostruisce L’Espresso, si rivolge a contatti e seguaci: «“Un appello importante per gli israeliani che viaggiano in Italia per le vacanze!!! – si legge nel post scovato dai giornalisti del settimanale – Uniamo tutti le forze […] Scatta una foto. Entra su Google Maps e lascia una recensione in ebraico, dicendo che questa azienda supporta Hamas. E ovviamente non entrare in queste attività e non sostenerle! Mostriamogli che ci sono conseguenze per le loro azioni! E non restiamo in silenzio».
Il contrattacco web
“Nelle ore successive” – raccontano su La Gazzetta del Mezzogiorno – almeno tre esercizi commerciali “tra cui Birrificio79, Materia Prima Bistrot e il museo privato Tower Art Museum – sono stati bersagliati su Google Maps da una serie di recensioni negative, molte provenienti da profili creati di recente o da utenti che dichiarano di non aver mai visitato i luoghi. Il Birrificio79 ha denunciato pubblicamente l’accaduto sui propri canali social, definendo l’azione «un’ondata di recensioni false» contro chi espone la bandiera palestinese”.
“«Non ci preoccupano le recensioni – si legge nel post -. A preoccuparci dovrebbe essere il genocidio in corso e chi non ha il coraggio di chiamarlo con il suo vero nome». La campagna – chiosano dal quotidiano del Sud – ha suscitato reazioni di solidarietà in città. Clienti, associazioni e cittadini stanno manifestando vicinanza alle attività coinvolte con recensioni positive e messaggi di sostegno a difesa della libertà di espressione”.
Sparito il sito dello spin doctor?
Quindi il colpo di scena, rivelato sempre da L’Espresso che ormai seguiva da vicino le tracce online lasciate da Naor Meningher: dopo qualche ora dalla pubblicazione della mini inchiesta, il sito del sedicente spin-off di Netanyahu sarebbe finito offline: “Dalle anteprime sui motori di ricerca la sua biografia è ancora visibile: ‘Ho lavorato con il Primo Ministro Benjamin Netanyahu in entrambe le sue campagne del 2019, così come nelle campagne del 2020, 2021 e 2022, occupandomi di chatbot e dati digitali‘”. Cliccandoci, però, la pagina web in cui riportava il suo Cv e un portfolio di tutti i lavori che aveva realizzato non c’è più”, si legge in un nuovo articolo che il settimanale dedica al podcaster/youtuber.
Quando era ancora visibile i giornalisti del settimanale avevano avuto modo di dettagliare la sua biografia sulla base delle informazioni presenti: “Meningher nel suo sito web si definisce uno ‘specialista in campagne digitali con una comprovata esperienza in campagne politiche di successo. Tra il 2019 e il 2022 ho lavorato a cinque campagne elettorali del Primo Ministro Netanyahu, occupandomi della direzione dei progetti digitali, video e chatbot. Mi occupavo anche della gestione di tutti i canali digitali del Primo Ministro. Tra i miei principali progetti durante le campagne elettorali c’era la pagina Facebook di Netanyahu“.

Sprangato anche il profilo Facebook che solo fino a qualche minuto prima era invece pubblico.Per L’Espresso la contemporaneità sarebbe troppo sospetta per non essere collegata agli articoli che documenterebbero il legame con la gragnuolata di recensioni negative che ha colpito attività pugliesi e lucane. Può essere che Meningher preferisca mantenere il basso profilo: da esperto conoscitore del Web e dei suoi recessi più profondi sa bene che dimentica in fretta.

 
									 
					

 
	
	