Meno webinar e più eventi di rilievo come Viva Tech è un primo passo per la guida di CCFI, che guarda con fiducia al futuro delle giovani imprese italiane: “Qui c’è tanto talento e innovazione, serve più pragmatismo”
Tanti soldi, organizzazione definita su scala nazionale, facilità di trovare professionisti in grado di aiutare nelle varie fasi di sviluppo e visibilità che travalica i confini nazionali. Sono tre dei principali elementi su cui possono contare le startup francesi, che trovano terreno fertile per ottenere supporto, crescere e coltivare il successo su scala internazionale. Un sistema, esposto qui in estrema sintesi, che potrebbe segnare un punto di svolta per le giovani imprese italiane, bloccato in parte da prassi burocratiche e dal limitato numero di compagnie e imprenditori pronti a investire sui progetti con potenziale per innovare, alleggerire e velocizzare processi e servizi.
Due mondi simili e così distanti
Siccome i numeri non mentono (quasi) mai, ne bastano alcuni per illustrare un confronto impari tra le parti in causa. Nel corso del 2020, l’anno funestato dalla pandemia di Covid-19, secondo il Venture Capital Barometer 2020 firmato da EY l’ecosistema italiano ha registrato un volume di investimenti pari a 569 milioni di euro in 111 startup (+55% rispetto al 2019). Oltralpe, invece, come evidenzia il Report French Tech l’anno si è chiuso con 5,4 miliardi di euro investiti in 620 startup. Per delineare la linea di demarcazione tra i due paesi si potrebbero aggiungere altri numeri, come quello degli unicorni (12 a 1 per i transalpini), tuttavia il quadro e la distanza tra le due realtà sono ben chiare. Il paragone certo è massimo per l’Italia, perché parliamo di un ecosistema modello per tutta l’Europa, in grado di partorire e far spiccare il volo ai vari BlaBlaCar, Deezer, Vente-Privée, ma anche la meno nota Vestiaire Collective, l’ultima a entrare nel novero delle aziende con una valutazione superiore al miliardo di euro.
L’effetto Macron
L’accelerazione dei francesi, che nel 2012 facevano i conti con un mercato paragonabile a quello italiano e investimenti complessivi attorno ai 200 milioni di euro, si è verificata con Macron al timone del Ministero dell’economia prima, con l’ulteriore centralità delle startup assunta con la sua successiva presidenza, quando è arrivato il fondo da 10 miliardi di euro e normative mirate ad agevolare le tappe delle startup: dalla semplificazione della loro costituzione alla linfa fornita dalla stessa Bpifrance, banca pubblica di investimenti fondata nel 2013 per volere dell’ex presidente francese François Hollande, che rappresenta anche la principale agenzia di innovazione del paese.
Per capire gli elementi che marcano la differenza tra il mercato e l’ecosistema francese e quello italico, StartupItalia ha approfondito il tema con Denis Delespaul, presidente di Chambre, la Camera di Commercio Francia Italia (CCFI), fondata a Milano nel 1885 e prima camera di commercio estero creata in Italia.
Perché gli ecosistemi di Francia e Italia corrono su due binari così distanti tra loro?
“Non credo che la questione sia soltanto relativa alle startup, nel senso che la distanza tra i due ecosistemi è il riflesso dei rispettivi sistemi economici. In Italia c’è difficoltà a semplificare i passaggi, al contempo però c’è tanto talento in tutto il paese. Faccio un esempio tangibile: qui c’è lo Spid, idea utile ed efficace che in Francia non esiste. Significa che l’innovazione c’è, ma è indubbio che la pubblica amministrazione e la governance potrebbero essere più efficienti”.
Cosa dovrebbe prendere l’Italia dai francesi per migliorare il proprio ecosistema?
“In primo luogo serve correggere un certo tipo di approccio, cioè guardare alla sostanza e pensare meno a conferenze e webinar, che servono ma cui non spetta un ruolo centrale, perché alle startup serve concretezza, cioè soldi, clienti e aziende con cui interagire. Del resto tutti i grandi gruppi hanno bisogno delle startup, che portano soluzioni valide per rinnovare realtà ingessate e legate a procedure vecchie e spesso superate”.
Un passaggio da mettere in pratica subito quale potrebbe essere?
“La prima cosa da fare è dotarsi di un’organizzazione come Bpifrance che assicura miliardi e supporto alle startup. E poi vanno pianificati eventi come Viva Tech (una delle principali fiere dedicate alle startup e all’industria digitale, con la quinta edizione andata in scena la scorsa settimana che ha visto la partecipazione di personaggi come Mark Zuckerberg e Tim Cook, nda), che sono appuntamenti cruciali per favorire l’evoluzione delle startup e il loro avvicinamento con tutte le parti in causa dell’ecosistema”.
Alle startup cosa suggerisce?
“Sono come neonati, quindi hanno bisogno di aiuto più di tutti gli altri. Con le difficoltà a livello politico dell’Italia che determinano un più alto livello di fallimento rispetto alla media, il consiglio è di lavorare nei coworking, dove girano potenziali compagni di viaggio e buone idee. I francesi in questo senso tendono a mettersi insieme più degli italiani”.
Come CCI France-Italie cosa offrite alle startup e alle aziende vostre associate?
“Va premesso che quella tra francesi e italiani è una collaborazione importante in chiave startup, perché siamo paesi culturalmente vicini, non simili ma complementari. Molto di più di quanto i francesi lo siano con tedeschi e inglesi. Quanto alla Camera di Commercio che presiedo, il nostro approccio pragmatico è rappresentato dal Club Startup, che riunisce società e giovani imprese dei due paesi. Per far interagire le parti abbiamo ideato Le Bridge, che crea un contesto propizio e consente di fare matching tra investitori e startup. L’ultima edizione è andata in scena in formato virtuale e ha coinvolto 74 startup e 26 aziende (tra cui Carrefour, BNP Paribas, Barilla, L’Oreal Italia, Capgemini, Credit Agricole), con pitch di 10-15 minuti e circa 300 incontri one-to-one. Il prossimo appuntamento è fissato al 17 novembre ed è rivolto a tutte le startup, anche perché il nostro obiettivo è andare oltre Francia e Italia e per tale ragione guardiamo con interesse al mercato internazionale”.
Nel corso dell’ultima edizione di Le Bridge andata in scena a Milano lo scorso 29 aprile i settori più gettonati dalle giovani imprese che si sono canditate sono risultati Big Data & AI (15%), Fintech ed Elaborazioni Software (8%). Quanto ai temi di maggior interesse per le aziende partecipanti, a primeggiare (19%) è stato Energia, Greentech & Cleantech, cui si lega Smart City & Sostenibilità. Seguono Big Data & AI/Blockchain /IoT /AR (12%), Healthtech & Biotech (11%), Retail/GDO e Fintech (10%). Guardando alle singole startup, tra quelle che hanno riscontrato maggior interesse figurano Q°EMOTION e Elif Lab srl nella categoria Big Data & AI, mentre per il ramo Energia e Greentech hanno ottenuti consensi Is CLEAN AIR, Nuvap e UP2GO.