Mentre il presidente Emmanuel Macron restava bloccato nel traffico newyorkese in tilt a causa del corteo di sicurezza di Donald Trump – e l’omologo americano lo invitava a farsi il resto della strada a piedi, come tutti – il karma colpiva il tycoon statunitense bloccandolo sulle scale mobili del Palazzo di Vetro dell’Onu.

La geremiade di Trump all’ONU
Un affronto imperdonabile per l’inquilino della Casa Bianca che ama le torri, come la sua Trump Tower (58 piani, che nella narrazione sempre sopra le righe del presidente sono 68), a patto però che non si debbano scalare a piedi. «Fortuna che Melania è ben allenata», la battuta che riserva appena arrivato, paonazzo, in aula.
Contemporaneamente la portavoce presidenziale Karoline Leavitt si fermava al primo pianerottolo utile per agguantare X: «Se qualcuno all’ONU ha intenzionalmente fermato la scala mobile mentre il presidente e la First Lady stavano salendo, deve essere licenziato e indagato immediatamente». Aveva così inizio in America l’Escalator-gate, parola che schizza in cima ai trend social più velocemente di qualsiasi elevatore, tra sostenitori del complotto e chi invece sostiene che Trump abbia iniziato a licenziare i comici dalla tv (riferimento non troppo velato a Jimmy Kimmel) per sostituirli con il proprio staff.
Anche perché, come nelle migliori puntate di The Office, si scoprirà subito dopo che a bloccare tutto è stato per sbaglio proprio uno degli uomini del presidente. Non hanno però fatto in tempo a comunicarlo a Trump che nell’arringa torrenziale al Palazzo di vetro intimerà all’Onu di «Smettetela di sostenere l’Iran e Hamas, impedite ai vostri membri di acquistare petrolio russo e sistemate le vostre maledette scale mobili».
Nemmeno il gobbo funziona
E non è il solo incidente occorso al presidente 79enne che, salito sul palco, ha visto il gobbo elettronico andare in crash. «Sono felicissimo di essere qui con voi, parlerò col cuore. Posso solo dire che chi sta gestendo questo teleprompter è in grossi guai…», dopodiché andando a braccio ha iniziato la geremiade da 55 minuti (contro i 15 solitamente concessi a chiunque parli) ricordando che da palazzinaro fece «un’offerta per la ristrutturazione e la ricostruzione del complesso delle Nazioni Unite. Dissi allora che l’avrei fatto per 500 milioni di dollari, sarebbe stato bellissimo: pavimenti in marmo invece di terrazze, mura in mogano piuttosto che di plastica».
«Ma – ha sentenziato in modo grave il presidente USA – hanno scelto una offerta molto più costosa per un prodotto nettamente inferiore. E lì ho capito che non sapevano niente di costruzioni. Hanno speso tra i 2 e i 4 miliardi di dollari e non hanno nemmeno messo i pavimenti di marmo e niente funziona».
Ancora una volta il tycoon ha dimostrato insomma che più che le fondamenta della democrazia lo interessano quelle degli edifici che costruisce il suo gruppo immobiliare. Non dimentichiamo che a fine luglio incontrò la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen per l’accordo sui dazi contro l’Europa in Scozia proprio perché proprio là inaugurava il suo Turnberry Golf Club dedicato alla madre, Mary Anne MacLeod.