Un ottimo termometro per capire quanto vadano male le cose, si sa, è l’oro. Bene rifugio per antonomasia, viene scelto quando crolla la fiducia verso investimenti considerati maggiormente volatili in quanto non ancorati a qualcosa di fisico, con un valore perciò intrinseco. E, se volessimo continuare con il paragone medico, potremmo dire che, visto il recente rally borsistico, il nostro mondo scotta e ha un febbrone che non aveva mai avuto prima.
Febbre dell’oro o febbre del mondo?
Del resto il risultato toccato venerdì dalle quotazioni dell’oro è da record: ben al di sopra della soglia psicologica dei 2.700 dollari l’oncia, avendo toccato per la precisione i 2.720 dollari per poi riportarsi a 2.717,25 bigliettoni verdi, in rialzo dello 0,90% rispetto alla sessione precedente, con un più 3,3% sul dato settimanale.
Ma cos’è che ha scatenato questo rally, che poi a ben guardare è un rally nel rally dato che il metallo prezioso è sempre più prezioso ormai da tempo? Naturalmente le due guerre alle porte dell’Europa, in Ucraina e in Medio Oriente. Da notare che l’ultima impennata è contestuale all’assassinio, da parte di Israele, di Yahya Sinwar, leader del movimento islamista palestinese, segno che gli investitori non credono che questo evento avvicini la fine del conflitto ma anzi porterà a nuove risposte da parte del mondo islamico (e, dunque, l’entrata in guerra dell’Iran).
Naturalmente c’è fibrillazione anche per le presidenziali statunitensi: mai così incerte e soprattutto mai con candidati percepiti dagli operatori come ugualmente inadeguati o comunque poco rassicuranti. Oltre ai fatti geopolitici, concorrono anche quelli economici: la BCE ha ritoccato i tassi d’interesse riducendoli di un altro quarto di punto. Il tasso sui depositi è ora sceso al 3,25% ed il tasso repo al 3,4%. Dalla FED si attende un taglio dei tassi di 25 punti ma per averne conferma dovremo attendere la prima settimana di novembre.