Paolo Malaguti, 35 anni, di Imola, ha scelto Londra e l’acceleratore Level 39 per far crescere la sua startup. “Qui abbiamo la possibilità di sfruttare infrastrutture straordinarie e le occasioni non mancano per chi voglia iniziare qualcosa di nuovo soprattutto nell’ambito fin-tech”.
Affacciata sulle rive del Tamigi è dunque nata Aston Corp, una società che raccoglie e analizza dati non strutturati per conto di fondi di investimento. Si occupa, in pratica, di fornire analisi alle banche che vogliono fare grossi investimenti: “Il nostro compito è rendere più trasparenti le informazioni finanziarie delle società in modo che chi vuole investire abbia dei dati chiari e aggiornati”. Paolo prima di arrivare al Level 39 ha lavorato per otto anni in banche d’affari del calibro di Merrill Lynch, poi l’idea di mettersi in proprio e fondare Aston Corp. “Ci pensavo da un paio d’anni e devo dire che forse è stato un errore non aver tentato prima”.
Ma nello specifico di che cosa si occupa Aston Corp? “Facciamo un lavoro che prima facevano internamente le stesse banche in modo molto inefficiente: raccogliamo e incrociamo dati per valutare quanto una società sia stabile, quali sono i suoi numeri, quanto vale la pena investirci. I nostri clienti hanno bisogno di professionalità e di analisi precise. Noi siamo in grado di fornirgli informazioni che loro non riescono a procurarsi in autonomia”. La startup si occupa di analizzare le enormi quantità di dati che le società forniscono agli investitori. “Lavoriamo utilizzando gli stessi meccanismi sfruttati dalle società di rating nelle loro valutazioni. I dati che accumuliamo vengono poi pubblicati sulla nostra piattaforma online dove possono essere consultati e confrontati con quelli di altre società. Inoltre integriamo le informazioni ottenute con informazioni pubbliche che si possono trovare su siti specialistici”.
Aston Corp ha appena compiuto due anni e Paolo è il fondatore e l’amministratore delegato della società: “Con me lavorano altri 5 giovani. Siamo ancora piccoli ma i nostri clienti sono banche europee, fondi di investimento della City e i rappresentanti londinesi di società straniere. In meno di due anni riusciamo ad avere profitti”.
Che cosa vi è servito per iniziare? “Grazie alla democratizzazione delle tecnologie e l’abbassamento dei costi si è abbattuta la barriera d’entrata e quindi l’investimento iniziale, a livello economico, non è stato alto. Nel nostro campo quello che conta di più sono le competenze dei singoli, la loro affidabilità. La maggiore difficoltà è quella di far capire ai clienti che siamo seri e affidabili. Un compito non facile per una startup”.
Chi opera tra banche e finanza ha bisogno di sapere che può fidarsi e proprio per questo fa riferimento a società con un’esperienza minima dai 3 ai 5 anni. “Spesso le banche tendono ad affidarsi a società grandi e note nel settore. Però lo spazio per crescere c’è e, paradossalmente, anche grazie alla crisi”. In che senso? “Le grandi banche tendono ad acquistare tecnologia e servizi esterni e in questa situazione le startup come la nostra trovano lo spazio giusto per inserirsi e offrire servizi innovativi”.
Nel futuro non vedi la possibilità di tornare in Italia con la tua società? “Abbiamo richieste per aprire una sede a New York ma sono convinto che anche nel nostro Paese ci siano buone possibilità di sviluppo per chi vuole operare nel nostro campo”.