Una valutazione da 40 milioni di euro, e un round di finanziamento curato dall’advisor Innova et Bella, chiuso con una raccolta di tre milioni: sono i numeri di Conio, la startup del settore fintech che si occupa di compravendita di Bitcoin, offrendo a clienti privati e istituzionali – banche, assicurazioni e società finanziarie – soluzioni integrate per la gestione di asset digitali, dai wallet per la gestione delle criptovalute all’integrazione dei protocolli blockchain all’interno di carte e servizi di pagamento su smartphone.
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La società, che oggi impiega sedici persone, è stata fondata a San Francisco nel 2015, ma ha la sua sede operativa a Milano, così come italiani sono i suoi due fondatori e amministratori delegati: uno è Vincenzo Di Nicola, che dopo esperienze importanti a Yahoo! è Microsoft è diventato una piccola celebrità in seguito all’acquisto da parte di Amazon – per una cifra mai rivelata – della sua precedente startup, l’app per pagamenti mobili GoPago.
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L’altro è invece Christian Miccoli, tra i pionieri del banking online nel nostro paese (oltre a essere il “padre” del Conto Arancio di ING, è stato Amministratore delegato di CheBanca! del gruppo Mediobanca), che in questa intervista a Startupitalia! racconta meglio il progetto di Conio.
L’intervista
Innanzitutto, come è nata l’idea della vostra startup?
Quando ho conosciuto Vincenzo lavoravo ancora a CheBanca! e stavo ragionando su quali potessero essere dei nuovi prodotti interessanti da proporre ai risparmiatori, e mi sono convinto che c’era un enorme sviluppo potenziale per le valute digitali come i Bitcoin. Vincenzo era da poco tornato dagli Stati Uniti, e quando ci hanno presentato siamo andati subito d’accordo, anche per la nostra comune passione per la storia dell’economia e della tecnologia. Così, lui informatico e io con formazione più finanziaria-commerciale, abbiamo iniziato a pensare a come avviare una società in questo settore. L’investimento iniziale è stato di 3 milioni: un investitore importante è stato Poste Italiane, che è molto interessata a quest’area di business e con cui abbiamo firmato un contratto di ricerca e sviluppo. L’app è attiva da febbraio, e il numero di utenti è in linea con quelle che erano le nostre previsioni.
Quali sono i clienti a cui si rivolge Conio?
Abbiamo lanciato l’applicazione dedicata ai clienti privati, e che si trova su App Store e Google Play, ma quello che vogliamo veramente fare è iniziare a lavorare per altre organizzazioni che vogliono investire oppure fornire dei servizi per mezzo dei Bitcoin, perché crediamo che lo spazio di mercato sia davvero ampio.
Ad esempio?
Abbiamo annunciato la settimana scorsa la prima operazione di questo tipo, con cui diamo la possibilità ai clienti di Confinvest (società specializzata nella compravendita di oro, ndr) di comprare o vendere monete d’oro in Bitcoin, passando attraverso la nostra piattaforma. Credo che la blockchain e le valute digitali siano strumenti che hanno possibilità di sviluppo impressionanti, che per ora si vedono solo in minima parte: un caso è quello delle ICO, le offerte iniziali di acquisto di criptovalute create dalle aziende digitali per finanziarsi. Ci sono tante aziende che integrando la tecnologia blockchain potranno fare cose che oggi ci sembrano inimmaginabili, ma saranno realtà tra pochi anni, e noi vogliamo essere al centro di questo processo.
Ci può spiegare in parole semplici come funziona l’app di Conio?
L’applicazione consente a un cliente privato di acquistare e vendere Bitcoin in maniera molto semplice, e di custodirli con un livello di sicurezza unico, grazie a una tecnologia sviluppata da noi e che è tra le più avanzate al mondo.
Che cosa garantisce in più, rispetto alle altre piattaforme di trading e conservazione delle criptovalute?
Risolve due problemi importanti. Il primo è quello del cliente che dimentica la password per accedere wallet in cui conserva le valute acquistate, e che quindi – su altre piattaforme – perde tutto il suo patrimonio. Il secondo è quello della successione: in caso di morte improvvisa, o di amnesia, gli altri servizi non consentono a nessun altro di accedere al portafoglio, mentre sulla nostra app questa evenienza è completamente gestibile.
Oltre alla sicurezza, quali sono gli altri punti di forza del vostro sistema?
Sicuramente la semplicità e la convenienza, visto che tratteniamo commissioni più basse di alcuni dei nostri concorrenti. E poi il know how che siamo in grado di mettere a disposizione dei partner che decidono di lavorare con noi. L’altro grosso vantaggio, poi, è il fatto che operiamo in Italia: per cui i nostri clienti che comprano o vendono Bitcoin non eseguono più delle transazioni verso soggetti esteri, il che rende tutto più facile.
Quali saranno i vostri prossimi passi, dopo il round di finanziamento terminato ieri?
Finora abbiamo messo a punto l’infrastruttura tecnologica di base e quella di sicurezza, e su queste basi abbiamo lanciato il servizio dedicato ai consumatori. In questo modo abbiamo convinto gli investitori che hanno partecipato a questo round. Il prossimo step è avviare il mercato commerciale e dimostrare che c’è un mercato b2b, che si possono fare progetti belli e innovativi con altre aziende. Nei prossimi dodici mesi ci aspettiamo di raggiungere dei risultati indicativi, e in base a quelli poi partire con ulteriori round.
Una domanda più generale: dopo l’esplosione delle quotazioni a fine 2017, diversi osservatori hanno iniziato a parlare dei Bitcoin come la prossima “bolla” a rischio esplosione: qual è il suo punto di vista?
Io credo piuttosto che ci sia un enorme rischio di ‘bolla’ sulla finanza tradizionale, che sarà sempre più visibile nel prossimo futuro. Per questo penso che il Bitcoin sia un ottimo modo di assicurarsi, in certa misura, contro alcuni rischi sistemici della finanza tradizionale: ad esempio il debito aggregato che continua a salire, come ha ricordato la presidente del Fondo monetario, Christine Lagarde, e gli accenni di guerra commerciale con i dazi introdotti dagli Stati Uniti. Le dinamiche dei Bitcoin sono del tutto svincolate, ad esempio, da quelle del debito pubblico italiano: anzi, se ci fosse un problema di finanza tradizionale, è molto facile ipotizzare una crescita rapidissima del valore dei Bitcoin.
Quindi, se dovesse dare a qualcuno un consiglio su come diversificare i propri investimenti, quanto gli direbbe di investire in Bitcoin?
L’1-2 per cento, e il 10 per cento in oro.