E se Airbnb aprisse i suoi hotel, le sue camere, i suoi appartamenti? Come fosse una catena alberghiera col suo brand? Potrebbe accadere molto presto, almeno a livello sperimentale. Secondo quanto riportato da The Information, infatti, il gruppo cofondato da Brian Chesky che ha rivoluzionato il turismo mondiale mettendo in contatto proprietari di case e stanze con viaggiatori starebbe lavorando con una società costruttrice e di gestione immobiliare della Florida del Sud, Newgard Development Group, su un progetto simile. Solo che Airbnb non possiederebbe concretamente nessun appartamento. In sostanza, ci metterebbe solo il marchio, ormai potentissimo.
Il test a Kissimmee
Il test, come molti simili in giro per il mondo, andrebbe in scena nell’area di Orlando. Il costruttore potrebbe poi mettere a frutto quelle abitazioni come strutture ricettive, usando il marchio di Airbnb e ricalcando un po’ la linea seguita dal colosso Marriott dove alla catena rimangono in capo il flusso degli ospiti, gli standard di ospitalità e altre incombenze mentre l’edificio resta proprietà delle real estate. Se l’esperimento avesse successo, dice una fonte informata sul progetto, potrebbe essere replicato altrove.
Il condominio Airbnb
L’edificio di Orlando, il condominio Airbnb chiamiamolo così, avrà centinaia di appartamenti e fioccherà a Kissimmee, vicino al celeberrimo parco a tema della Disney (dista appena una decina di miglia) che assicura un flusso costante di visitatori (e lavoratori) in cerca di alloggio. In una curiosa commistione: per la Newgard la chiave sarebbero infatti proprio i lavoratori part-time dell’area di Orlando (e del Walt Disney World Resort) che magari risiedono altrove per il resto dell’anno ma intendono mettere a frutto stanze e spazi subaffittandoli quando non sono in città, magari proprio ai turisti del divertimento disneyano.
Restano da chiarire molti punti, per esempio quante notti i proprietari potranno mettere in affitto. Ma stando alla regolamentazione che sovrintende gli affitti a breve termine in Florida, piuttosto blanda, grandi problemi non dovrebbero essercene. Anche la rivale HomeAway, da quelle parti, funziona benissimo.
I dividendi di vendite e affitti
E con i soldi come si mette? Ciascuna delle parti in causa si assicurerebbe una porzione della torta. Una parte, dunque, alla Newgard Development e una ad Airbnb, che ci mette la reputazione (e la fascinazione) del nome. Potrebbe forse esserci anche una sorta di accordo economico sullo sfruttamento del brand, questo rimane da chiarire. Ciò che invece è chiaro è che ciò che ne verrebbe fuori somiglierebbe a una via di mezzo fra un condominio e un hotel di fatto, un gigantesco residence dove transitano indistintamente proprietari e turisti, lavoratori e viaggiatori.
L’accordo solleva ovviamente qualche grattacapo legale per Airbnb ma segna anche una svolta e traccia una strada: due dei lati del mercato immobiliare (costruttori e real estate da una parte, piattaforme digitali dall’altra) possono sotterrare l’ascia di guerra e collaborare. Sfruttando strategie in passato messe in campo dalle tradizionali catene alberghiere. D’altronde, con le legislazioni sempre più stringenti in giro per il mondo, Airbnb sta lavorando da tempo per differenziare i propri profitti. L’esperimento di Kissimmee è uno di questi.