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Il fintech è cosa buona e giusta e finalmente anche le banche lo hanno capito. Wall Street, come altri istituti finanziari, hanno cambiato strategia. Nel nuovo corso ci sono più soldi e opportunità per le startup del settore. Ma non è tutto oro quello che luccica. C’è anche una minaccia all’orizzonte. Ed è bella grossa.

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Prima compravano azioni ora prendono tutto

Cnbc fa notare come c’è stato un cambio di rotta delle banche negli ultimi anni. Con il primo boom del fintech, si limitavano a osservare il fenomeno e ad acquisire quote azionarie (ma solo delle più conosciute). Oggi invece comprano le startup con fusioni o acquisizioni (M&A, merger and acquisition, ndr) o fanno partnership. L’idea, come scrive Cnbc, “è di usare il fintech per rendere più efficienti i servizi finanziari” e fidelizzare nuovi clienti, soprattutto nella fascia più giovane della popolazione.

Investimenti sempre più grossi

Ora le banche fanno sul serio. Tanto per fare qualche esempio, sono 275 i milioni di dollari che Ally Financial, holding bancaria con sede a Detroit, ha speso per comprare l’agenzia di brokeraggio online, TradeKing Group. Mentre 150 milioni di dollari sono stati messi sul piatto da BlackRock, società di investimento con sede a New York, per acquistare FutureAdvisor che sviluppa il suo business online.

Altre scommettono su fintech poco affermate. Come Goldman Sachs che ha comprato Honest Dollar, startup che offre servizi pensionistici online, che prima dell’acquisizione aveva racimolato “solo” 3 milioni di dollari da venture.

Non solo Wall Street, si muove anche l’Europa

Tra i più attivi c’è il gruppo spagnolo BBVA che ha acquisito una startup finlandese specializzata in servizi bancari online, Holvi. Mentre la holding francese BNP Paribas ha annunciato una partnership con Smart Angel, piattaforma di crowdfunding.

Nel lending fioccano le partnership

Questo avviene tipicamente in quelle banche che non riescono più ad offrire ai consumatori piccoli prestiti. Come JPMorgan Chase che ha stretto una partnership con On Deck Capital, piattaforma di lending online proprio per dare ai consumatori un servizio che secondo analisti di Wall Street “non hanno più convenienza a offrire al loro interno”. E sono anche altre le partnership nel lending dove il problema per le banche “è monetizzare con queste operazioni. Questa è la più grande sfida” secondo di PricewaterhouseCoopers che all’interno della holding di servizi di consulenza con sede a Londra, si occupa di spiegare ai grossi gruppi finanziari come utilizzare e integrare le startup fintech nei loro business.

Di cosa hanno paura le banche

In una nota, il Ceo di Jp Morgan Jamie Dimon fa notare come molte app fintech prendano molti più dati e informazioni di quelli di cui hanno bisogno “per fare unicamente i loro interessi economici”. In altre parole, se le banche accusano le startup fintech di fare un abuso dei dati, le scelte successive potrebbero minacciare interi segmenti del fintech che per sopravvivere hanno bisogno di accedere in tempo reale ai dati dei conti bancari degli utenti. Se i “rubinetti” dei dati vengono chiusi, diventa un bel problema per tutti.

Anche nel payment non ci sono buone nuove. Anche se è vero, da una parte che gli istituti finanziari hanno già messo tanti soldi in startup del settore come Square, qui le acquisizioni sono più rare. Ma c’è di peggio con le banche che hanno creato un network, clearExchange che consente ai consumatori di fare transazioni su smartphone senza appoggiarsi a un servizio esterno: «Il payment sarà il settore nel quale la competizione tra banche e startup sarà più agguerrita» è questa la previsione di Cnbc.