In questi giorni, dopo il lancio di Samsung Galaxy S6 e il Samsung S6 Edge durante il Mobile World Congress di Barcellona, si parla molto di Samsung Pay, il servizio di pagamento con cui i coreani vogliono contrastare l’ascesa di Apple Pay (leggi la nostra prova). Samsung Pay rappresenta il tentativo di Samsung di fare la voce grossa in ambito pagamenti, affermando il proprio marchio e scendendo in campo in prima persona, al contrario dell’approccio strategico degli inizi in cui il pagamento tramite Android era di fatto appannaggio di Google.
Come funziona il servizio? E in cosa è diverso da Apple Pay?
Per cominciare diciamo che dal punto di vista dell’utente, l’esperienza sarà la medesima. Il pagamento presso il punto vendita avviene sempre avvicinando lo smartphone al terminale (Pos). Sia Apple Pay che Samsung Pay infatti supportano infatti l’Nfc. Tuttavia con l’acquisizione di LoopPay, il servizio Samsung sarà caratterizzato dalla disponibilità contestuale di Nfc (da molti anni integrata negli apparati Samsung) e MST (o Magnetic Secure Transmission) una tecnologia di trasmissione magnetica che emula, attraverso un circuito elettrico a induzione, le stesse variazioni di campo magnetico che avvengono durante la lettura della carta da parte del Pos. Le transazioni così gestite sono indistinguibili, dal punto di vista del Pos, da quelle realizzate con carta e sono quindi classificate come «card present». Il segnale funziona a una distanza di 3 pollici (ca. 7 cm), comparabile quindi all’Nfc. Il vantaggio principale è che l’Mst rende il sistema compatibile praticamente con qualsiasi POS ampliando notevolmente, rispetto a Apple Pay, le possibilità di utilizzo presso gli esercenti.
Perché contiene l’Nfc
Il sistema di LoopPay ha comunque delle limitazioni lato accettazione. Non è ad esempio disponibile sui parchimetri e nei punti di transito (ad esempio nei tornelli). Inoltre in molti negozi il Pos si trova ancora dietro la cassa, non proprio a portata di mano del cliente finale che dovrebbe avvicinare lo smartphone per completare il pagamento. Anche per questo sarà interessante osservare la reazione degli esercenti al lancio del servizio previsto per l’estate 2015 negli Stati Uniti e in Corea del Sud. C’è infatti chi parla già di rischio boicottaggio così come avvenuto ai danni di Apple Pay da parte di CVS, 7-Eleven ed altri. Diciamo che in linea teorica ciò è possibile anche se è reso più complesso proprio dal fatto che Samsung Pay lavora anche con la banda magnetica, per cui sarebbe equivalente da un certo punto di vista a negare i pagamenti con le carte di credito. Difficile dunque ma non impossibile. I merchant infatti potrebbero vincolare il loro processor a negare quelle transazioni provenienti da carte il cui numero è assegnato ad un account number sostitutivo, così come avviene nel processo di registrazione a Loop/Samsung Pay.
Lato accettazione dunque Samsung Pay sembra avere un’arma in più rispetto al rivale di Cupertino e su tutto il resto stando a quanto noto a oggi, il sistema Samsung Pay replicherà quanto sviluppato da Apple Pay, in particolare:
- Utilizzo del riconoscimento biometrico per aumentare il livello di sicurezza;
- Utilizzo di Tokenizzazione per la memorizzazione dei dati carta (appoggiandosi alle stesse piattaforme Mastercard e VISA usate da Apple);
- Coinvolgimento dei circuiti (Visa, Mastercard, Amex), degli issuer e dei merchant per la creazione di un «ecosistema» (già annunciati accordi con Bank of America, Chase, Citi, Us Bank, First Data)
Sembra invece che non siano previste funzionalità di acquisto in-app e al momento non sono disponibili informazioni sul business model che evidentemente non potrà essere il medesimo di LoopPay che offriva gratuitamente la propria App e che basava i propri ricavi esclusivamente sulla vendita dei device: un fob, una carta, un case per lo smartphone e un card-case che univa questi utlimi due con un prezzo dai 10 ai 59,95 dollari.
Che fine fa Google Wallet?
Le strategie del gigante di internet sono ancora nebulose. Recentemente lo ricordiamo Google ha acquisito Softcard, la joint venture dei pagamenti creata dai principali operatori telefonici statunitensi e che supporta la tecnologia Nfc basata su Sim. Mountain View stessa si era in precedenza spostata sull’Hce, che prevede l’utilizzo del secure element non nella sim ma nel cloud. Anche qui, nulla cambia all’utente in termini di esperienza d’uso. Si pagherà sempre avvicinando il proprio smartphone al terminale presso il negozio. La vera differenza qui è proprio il numero e la tipologia degli smartphone coinvolti. Il servizio di pagamento di Google sarà infatti disponibile su tutti i dispositivi che operano con sistema operativo Android. Chi sarà in possesso di un Samsung, con la Sim di uno degli operatori di Softcard, probabilmente avrà a disposizione entrambi i sistemi e dovrà solo scegliere con l’unica accortezza di non pagare ogni cosa due volte.