Il manager della multinazionale in una intervista a tutto campo con StartupItalia! racconta la nuova Oracle, che punta sull’open innovation
Una Oracle diversa da come te l’aspetti: varchi i cancelli della sede milanese dell’azienda che viene dalla California, e che condivide la stessa cultura che ha dato i natali alle grandi aziende della Silicon Valley, per incontrare un colosso da 40 miliardi di dollari di fatturato che vive e ragiona come fosse un’azienda appena nata.
Tutti pronti a mettere in discussione 40 anni di storia e di abitudini consolidate, e affrontare una nuova era dell’informatica e dell’industria: senza dimenticare la qualità che da sempre contraddistingue la corporation di Larry Ellison, il pragmatismo.
La seconda ondata
Quello che non manca a Oracle sono le opportunità: con quasi 140mila dipendenti all’attivo, è un gigante che si muove con disinvoltura tra hardware e software. Il management però ha stabilito che quello che ha funzionato fino a oggi non basta più: è chiara l’intenzione di non sedersi su formule che fin qui hanno prodotto e continuano a produrre utili, ma che sempre meno si adattano facilmente alla varietà di situazioni che si incontrano giorno dopo giorno. Allora qualche anno fa, quasi in sordina, è stato abbracciato il cambiamento: la prima fase è consistita nel trasformare il prodotto – dai database ai middleware, dagli ambienti di sviluppo agli ERP: tutto – in servizi pronti ad essere erogati a mezzo cloud.
Abbiamo capito che dovevamo accelerare anche il nostro cambiamento, cambiare la cultura dei nostri, introdurre nuovi metodi di lavoro e collaborazione.
Quella è stata la prima ondata: è stato un processo naturale per abbracciare il cambiamento tecnologico in atto, e che ha permesso a Oracle di mettere in piedi un’offerta SaaS (software as a service), poi PaaS e IaaS (piattaforma e infrastruttura). Ora siamo già nel pieno della seconda fase: “Siamo partiti dai prodotti – ci racconta Emanuele Ratti, direttore Grandi Clienti di Oracle Italia – e oggi la nostra piattaforma è fatta di servizi che dialogano via API, aperti alla community. Ma non ci siamo fermati: abbiamo capito che dovevamo accelerare anche il nostro cambiamento, cambiare la cultura dei nostri, introdurre nuovi metodi di lavoro e collaborazione”. Anche attraverso il rilascio di nuovi strumenti, open source, come l’ambiente di sviluppo Fn.
E così è nata quella che Ratti definisce la seconda fase: un percorso disegnato assieme a tutte le parti dell’azienda e che punta a cambiare il modo in cui le diverse parti di Oracle interagiscono tra di loro. Niente più “silos”, niente barriere tra i diversi team: imparare da chi già lavora con metodi agile, per esempio scegliendo di lavorare negli spazi di co-working dei Talent Garden di Roma, Milano e Torino. Creare dei veri e propri change manager, agenti portatori di cambiamento che traggono ispirazione e che “contaminano” – è la parola che sceglie Ratti – il modo di lavorare di Oracle e i tre elementi fondamentali su cui si basa: prodotto, persone e strategia, per trasformare le idee in realtà.
Un colosso in cerca di idee
La chiave del cambiamento si chiama Oracle Startup Cloud Accelerator (OSCA): un progetto nato a Redwood City, nel quartier generale, e che si è allargato gradualmente a molte nazioni tra cui Brasile, Francia, Regno Unito, Israele e India (e prossimamente anche l’Italia). Un programma pensato per offrire alle startup un sostegno pratico in termini di luoghi dove lavorare, ambiente di sviluppo dove testare i loro prodotti, consulenze per la strategia da adottare per la crescita e arrivare rapidamente sul mercato.
“Un progetto nato in sordina e di cui non avevamo colto fino in fondo la portata, al principio” racconta ancora Ratti a StartupItalia!, ma che nel corso del tempo ci spiega ha dimostrato la sua importanza: non solo per le startup, ma per tutta Oracle che ha potuto beneficiare dell’iniezione di idee e di soluzioni originali. Assieme. Questo è il mantra che Ratti non si stanca di ripetere, si può fare la differenza: “Mi ha molto colpito una frase che ho sentito pronunciata da Davide Dattoli (il founder di Talent Garden, ndr): se io so fare bene questo, e tu sai fare bene quello, capiamo come collaborare per dare il meglio assieme”.
Non è, OSCA, un programma nato per fare marketing: è l’incarnazione vera e propria dell’open innovation, ovvero il luogo dove Oracle sostiene le startup e in cambio ottiene preziose indicazioni su come sviluppare il proprio prodotto, qual è la tendenza in atto sul mercato, quale la direzione da seguire per non farsi trovare impreparata. Non rispondere al mercato, non cercare di condizionarlo: “Contaminarsi” ripete ancora, mettere assieme le idee per trarne un vantaggio comune. Un modo davvero diverso di portare avanti un’azienda, Oracle, che invece fino a pochi anni fa puntava su un prodotto verticale chiavi-in-mano da presentare ai propri clienti.
Il viaggio in Italia
“Quando abbiamo compreso che cosa stava succedendo – continua Ratti – con Fabio Spoletini (il country manager italiano di Oracle, ndr) e tutto il management abbiamo deciso che dovevamo fare qualcosa anche per l’Italia: dovevamo accelerare questa evoluzione della cultura dei nostri colleghi per fargli abbracciare appieno questo cambiamento”. Sono partite una serie di iniziative, compresa la definizione di nuove figure professionali, che accompagnassero questo cambiamento: “Abbiamo scoperto un partner straordinario in Talent Garden: è stato allora che abbiamo deciso di tentare di fare un passo in più, di rivoluzionare il modo di lavorare di una multinazionale e di costruire con TAG un percorso”.
Ci siamo posti un obiettivo in linea con la nostra tradizione: non possiamo attendere sul lungo periodo che un cambiamento generi un effettivo ritorno dell’investimento, abbiamo deciso che il cambiamento doveva essere rapido e soprattutto garantire un effettivo vantaggio a noi, ai partner e ai clienti.
Oracle ha ora stabilmente delle scrivanie negli spazi di co-working in tre diverse sedi di Talent Garden: alcuni dei dipendenti di Oracle lavorano tutti i giorni, o per un periodo definito, spalla a spalla con altre realtà e da loro apprendono un modo diverso di lavorare, collaborare, si contaminano con le idee che poi portano in azienda dove innescano un ulteriore cambiamento. In cambio Oracle offre competenza tecnica, tecnologia, esperienza agli startupper.
E poi c’è anche la nuova sede di Roma, costruita proprio attorno a questo modo nuovo di lavorare: un luogo che punta a creare nuove forme di collaborazione mettendo una accanto all’altra le diverse parti di Oracle, anche scommettendo sul rinnovato spirito di innovazione e apertura che in questo momento si respira nella PA.
Tutto questo si incarna in Open: un programma aperto all’interno e all’estero, che coinvolge tutto dallo sviluppo dei prodotti fino al modo di interagire e di lavorare tra le diverse parti di Oracle. Oracle partecipa agli hackaton pubblici (come quello del Team per la Trasformazione Digitale di Piacentini: Hack.Developers), per esempio, ma soprattutto crea una cultura che genera un riflesso immediato sul business. “Ci siamo posti un obiettivo in linea con la nostra tradizione: non possiamo attendere sul lungo periodo che un cambiamento generi un effettivo ritorno dell’investimento, abbiamo deciso che il cambiamento doveva essere rapido e soprattutto garantire un effettivo vantaggio a noi, ai partner e ai clienti”.
Il ruolo delle startup
Ratti ci spiega come, nella pratica, il principio della open innovation sia stato reso operativo in Oracle: innanzitutto, racconta a StartupItalia!, l’azienda si impegna a individuare quali sono le startup che lavorano su idee e progetti che ben si sposano con i valori e gli obiettivi della piattaforma Oracle. Un processo a cui collabora anche H-FARM: “Sono un partner in grado di aiutarci a individuare realtà in grado di garantire un vero valore aggiunto: nel momento in cui abbiamo bisogno di creare una proposta davvero innovativa in questo ambito, molto spesso ci rivolgiamo a loro”.
La ricerca, poi, non si ferma alle startup: anche tutti i partner della multinazionale sono coinvolti in un processo che potremmo definire in alcuni casi di co-creazione, con l’obiettivo di realizzare dei veri e propri prototipi di prodotti e servizi che possano essere implementati sulla nuvola Oracle. A questo punto, il passo verso il mercato è breve se non immediato: le startup sono coinvolte nell’offerta che Oracle presenta i propri clienti, molto spesso significa partire dalla startup e dal suo prodotto per costruire l’offerta, ma contribuendo a scalare con la forza di un team commerciale che conta centinaia di teste e decenni di esperienza.
“Per noi la startup, oggi, significa differenziazione: questo cambiamento per noi nasce dal prodotto, e il modo migliore per differenziare il prodotto Oracle è proprio partire dalle capacità e dalle idee delle startup”: è un po’ come se Oracle fosse il braccio e le startup la mano, o potremmo anche dire che Oracle vuole fungere da piattaforma su cui costruire l’occasione per una startup o un partner di creare e sviluppare un’idea. Oracle è il back-end su cui costruire il servizio, i partner e le startup possono creare il front-end infondendo idee innovative, approcci inediti, garantendo soluzioni calzanti sulle reali esigenze dell’industria. Succede nel mondo assicurativo, succede nell’automotive: sono moltissimi gli esempi che Ratti elenca di realtà di ogni dimensione che hanno trovato in Oracle un interlocutore capace di collaborare per portare nel giro di settimane (non di mesi, o anni) un’idea da intangibile a prototipo reale da presentare al pubblico.
Per noi la startup, oggi, significa differenziazione: questo cambiamento per noi nasce dal prodotto, e il modo migliore per differenziare il prodotto Oracle è proprio partire dalle capacità e dalle idee delle startup.
“Stiamo percorrendo un cammino che ridefinisce in modo significativo il nostro posizionamento strategico – spiega a StartupItalia! Ratti – Partiamo dal bisogno del cliente e selezioniamo per lui e con lui i componenti davvero eccellenti in grado di soddisfarne le richieste: Oracle ha scelto di fare la propria parte costruendo solidi piattaforme tecnologiche, e le startup sono una risorsa ideale per impiantare su queste piattaforme soluzioni che garantiscano vantaggi reali e immediati per le aziende”. E poi conclude: “Possiamo fare anche di più: con le startup, coi nostri partner e con i nostri talenti, possiamo anche portare all’interno delle aziende oltre a nuove soluzioni tecniche anche nuove idee e nuovi processi che possono fare la differenza”.
Scrivo di tecnologia e innovazione da oltre 15 anni. Mi sono occupato di hardware ai tempi dell'overclock e del raffreddamento a liquido, di software quando ancora c'era in giro Windows XP, e di tutto quanto ha a che fare con la sicurezza informatica e i diritti digitali. Forse vi ricorderete di me anche per quando scrivevo, praticamente 24 ore su 24, di smartphone.
Su StartupItalia vi racconto di come le grandi aziende si relazionano con le startup (quelli bravi la chiamano open innovation), di novità nel mondo della tecnologia e di come quest'ultima influenzi le nostre vite.
Oppure, se preferite: faccio foto, scrivo cose, taggo gente.
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