Marzo è il mese delle STEM: dedicato ad abbattere gli stereotipi secondo i quali le donne non sarebbero adatte a carriere nei settori scientifici e tecnologici. Abbiamo dato voce a 10 startupper e manager nel digitale: per dimostrare che non è così
Marzo è il mese delle donne da sempre. Dallo scorso anno, poi, il ministero dell’Istruzione ha rinominato marzo “mese delle STEM”, cioè il mese delle materie scientifiche (STEM è un acronimo che sta per scienza, tecnologia, ingegneria e matematica): un’iniziativa che ha l’obiettivo di rompere gli stereotipi che vogliono le materie scientifiche come poco adatte alle ragazze e alle donne. Anche quest’anno il Miur ha rilanciato il mese delle STEM: a partire dall’8 marzo, festa della donna, in tutte le scuole saranno promosse attività legate alle discipline scientifiche. Promuovere le materie STEM è il primo passo per avere più donne anche sui posti di lavoro, specialmente quelli legati alla tecnologie e all’innovazione.
Donne nelle startup, una minoranza
Dai numeri emersi nella Relazione annuale sullo stato delle startup e delle PMI innovative del Ministero dello Sviluppo Economico, si capisce che il numero delle donne presenti nelle startup è anche inferiore rispetto al tasso di presenza nelle imprese tradizionali. A una crescita esponenziale del numero delle startup innovative (a metà 2016 erano 5.942, circa il 40% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, e addirittura il 160% in più della popolazione rilevata a metà 2014) non vi è stato un incremento altrettanto considerevole della presenza di innovatrici. Sono il 18% dei componenti delle startup innovative è donna: inoltre, le donne risultano più giovani rispetto ai colleghi (il 29% ha meno di 34 anni, contro il 25,9% dei maschi) e si distinguono per competenze linguistiche e titoli di studio (il 78% delle donne è laureato, contro il 72% degli uomini).
Le startup che hanno una prevalenza di donne nella propria compagine sociale sono solo il 13,7%, un dato addirittura inferiore a quello delle società di capitali tradizionali, che si attesta al 16,8%.
Le società in cui almeno una donna è presente nella compagine societaria sono 2.634, pari al 44,3% del totale startup, quota inferiore a quella delle società di capitali con presenza femminile (49,8%). Non consola il fatto che anche in Europa, le startup sembrano ancora essere per lo più roba da maschi. Secondo lo European Startup Monitor 2015, realizzato dalla German Startup Association in collaborazione con l’Università di Duisburg e pubblicato a marzo 2016, la maggioranza dei founder è maschile ovunque, un’incidenza media delle donne a livello europeo pari al 14,6%. Fanno lieve eccezione la Svezia, dove il 33,3% delle startupper è donna, la Romania (28,1%) e la Francia (26,7%). L’Italia è molto più indietro rispetto ai cugini oltralpe (come detto, siamo al 13,7%), ma siamo davanti alla Germania (12,9%).
4 domande a 10 donne tech
Per dare voce alle nostre founder, in occasione del mese di marzo, Startupitalia ha chiamato in causa 10 donne del mondo delle startup e del digitale: sono Chiara Russo e Mara Marzocchi di Codemotion, Annalisa Riggio di Bookingbility, Anna Testa che lavora in Cisco, Emanuela Zaccone di TOK.tv, Mary Franzese di Neuron Guard, Monica Archibugi e Giulia Gazzelloni de Le Cicogne, Lorenza Dadduzio di Cucina Mancina, Sonia China di Tinkidoo. A loro abbiamo fatto 4 domande: Perché l’innovazione è donna ma gli innovatori sono solo uomini? Com’è essere una startupper donna? Il digitale ha aiutato le donne a emanciparsi e a trovare lavoro? Che Italia vorresti per tua figlia tra vent’anni? Di seguito le loro risposte.