Il presidente ha convinto un gruppo di grandi investitori istituzionali. Questione di competitività, certo, ma anche di interesse nazionale
I migliori affari si fanno a tavola, si dice, e proprio una cena all’Eliseo (cucina francese, ovviamente) ha propiziato l’annuncio del presidente Macron, che ha convinto una schiera di investitori istituzionali a investire cinque miliardi di euro in startup tecnologiche nei prossimi tre anni.
L’occasione è arrivata a margine del France Digital Day. Tra le realtà coinvolte, fondi sovrani, gruppi assicurativi come AXA e Allianz, investitori pubblici come EDF and Caisse des Dépôts e società di asset management come KKR & Co. Due milioni saranno investiti in fondi venture capital basati in Francia attivi nelle fasi di late stage, mentre altri tre in fondi tech globali gestiti da asset manager specializzati in società quotate.
Il presidente Macron mentre dà l’annuncio
“Bravi all’inizio, ma i conti si fanno alla fine”
L’idea, scrive il Wall Street Journal, è quella di allevare “come pulcini” le piccole realtà locali per trasformarle, col tempo, in “pesi massimi” da schierare per competere nell’agone mondiale. Ad oggi, in Francia ci sono 7 unicorni (società, cioè, che valgono più di un miliardo di dollari).
Il presidente francese sarebbe, inoltre, intenzionato a rimuovere gli ostacoli per le giovani aziende che tentano di raccogliere capitali superiori ai 100 milioni di euro sul territorio transalpino. Non solo. Il pacchetto di misure di stimolo all’innovazione comprende agevolazioni fiscali e corsie preferenziali per il visto d’ingresso nel paese per tutti i professionisti ritenuti essenziali.
Macron parte da un ragionamento, racconta Tech Crunch. I fondi venture capital di Parigi sono abbastanza bravi a finanziare startup early stage, ma quando si tratta di late stage round, cioè quando si cresce, spesso non c’è alternativa agli investitori internazionali. “Il nostro obiettivo, quando si tratta di tecnologia, è essere uno dei paesi che contano – ha chiarito il leader di En Marche – Il fundraising delle startup francesi continua a stabilire nuovi record: 3,1 miliardi nel 2017, 4 miliardi nel 2018, e nel 2019 probabilmente arriveremo a 5,5”.
Startup in Francia, una questione di interesse nazionale
Più aziende innovative significano più occupazione e maggior competitività. Ma la Francia, non da oggi, è attenta soprattutto all’interesse nazionale. E se gli stranieri ufficialmente sono benvenuti, la diffidenza è di casa a Parigi. Il domani delle grandi potenze si gioca sull’innovazione, e la partita è persa in partenza se tutte le aziende che daranno forma al futuro sono statunitensi, cinesi, o israeliane.
Nella corsa al predominio globale della tecnologia non è possibile fidarsi di nessuno.
Qualche settimana fa un’inchiesta del magazine francese Mediapart ha messo in luce come la nuova frontiera della sorveglianza globale sia negli aeroporti, dove sono presenti sosfisticati sistemi di hackeraggio che vanno dalle reti wifi pubbliche alle sale lounge della business class. Anche una semplice presa elettrica può essere usata dai servizi segreti per entrare in telefonini e laptop.
Ma il furto di dati può avvenire persino sotto agli occhi. Il magazine raccontava di come controlli alla frontiera più fiscali del normale possano portare al sequestro del pc per qualche ora: il tempo sufficiente per copiare il disco rigido o installare un trojan. In pole position ci sarebbero USA e Israele.
In questa guerra, disporre di tecnologia proprietaria è un vantaggio strategico fondamentale. Biotecnologie, guerre informatiche, droni, logistica avanzata: il mondo cambia alla velocità della luce. Facile immaginare come la Francia, abituata a recitare un ruolo da leader, non voglia farsi trovare impreparata.
Un ragionamento che, in prospettiva, potrebbe fare anche l’Italia? Certo. Ma, dopo il cambio di governo dei giorni scorsi, si sono perse le tracce del fondo promesso in primavera. C’era ben altro a cui pensare, ovviamente. Ma con il benaltrismo non si va lontano.