Le abitudini della finanza sono cambiate, a seguito della Pandemia. Questo vale su tutti i terreni, come quello del private equity che tradizionalmente non ha sempre seguito i trend tecnologici (che erano se vogliamo più terreno del venture capital).
La crisi pandemica, tuttavia, ha cambiato il cuore e gli intenti anche di questa tipologia di investitore che sta osservando e investendo sempre di più in aziende tecnologiche, anche se piccole, trasformando così completamente la sua cultura, come ci conferma Fabiola Pellegrini, partner di Klecha & Co, una banca di investimento privata con sedi a Milano, Londra, Parigi e New York, specializzata nelle operazioni di M&A e di raccolta di capitali nel settore tech.
«L’interesse del private equity verso le aziende tecnologiche è anche conseguenza della pandemia che ha accelerato la digital transformation delle aziende, ma direi che è un punto di arrivo di un percorso partito prima. Qualche anno fa c’è stata la fase in cui abbiamo visto l’emergere di nuove tecnologie di frontiera – AI, Machine Learning, Blockchain, IoT per citare le più note – sulla cui base sono nate aziende innovative finanziate dal venture capital», spiega Pellegrini, già nel consiglio di Primomiglio.
C’è poi un secondo passaggio di cui ci parla la Pellegrini che ha visto moltissime aziende, anche grandi corporate, porsi delle domande sui benefici della tecnologia nei loro modelli e hanno iniziato a cambiare pelle:
Questo ha creato dei trend anche nel private equity con gli investor che hanno compreso come diversificare il proprio portafoglio in ambito tecnologico fosse necessario puntando proprio su quelle realtà tecnologiche che hanno le carte, ossia tecnologie e competenze di processo, per affiancare le più diverse industrie nella digitalizzazione», continua.
Cambiare la cultura degli investitori
Quando si parla della necessità di cambiare la cultura aziendale per accelerare sulla strada della digital transformation spesso i messaggi sono rivolti ai leader di aziende. Articoli su articoli, e ricerche, cercano di persuaderli su come muoversi per accelerare i loro processi e introdurre le tecnologie abilitanti all’interno del loro business.
Meno si parla, invece, della necessità anche di operare sulla cultura degli investitori tradizionali per spronarli a osservare i loro investimenti in modo diverso, trovando un ponte tra vecchie e nuove metriche, aiutandoli ad analizzare i dati di un investimento tecnologico in un’ottica che gli permetta di proiettarsi nel futuro. E anche a cambiare le logiche di alcune operazioni, come quelle di due diligence:
«Promuovere cultura tecnologica è essenziale: noi lo facciamo dedicando moltissimo tempo alla relazione con gli investitori. Lo facciamo da sempre. Basti pensare che ci sono degli ambiti tecnologici in cui abbiamo iniziato ad offrire visioni di sviluppo agli investitori già qualche anno fa, e proprio in questi mesi avendo potuto dimostrare la correttezza dell’interpretazione dell’impatto tecnologico, siamo in chiusura di deal che coinvolgono realtà impegnate proprio in quelle tecnologie. Il cambiamento richiede tempo. Oggi stiamo raccogliendo i frutti di un lungo lavoro svolto negli anni. Ma la tecnologia continua ad evolvere e noi proseguiamo con approfonditi lavori di analisi che condividiamo con gli investitori e che poi riassumiamo anche in report e studi più sintetici che mettiamo a disposizione del mercato per far comprendere l’impatto degli abilitatori tecnologici sul mercato»
La comprensione dei fenomeni è il primo passo per aiutare gli investitori a non perdere le opportunità che la tecnologia comporta e a non fare errori strategici:
«Senza la conoscenza non sarà possibile per gli investitori valutare correttamente le potenzialità e le criticità connesse a un’impresa che, prima o poi, dovrà fare i conti con le nuove tecnologie disruptive, così come non è possibile non conoscere l’impatto delle tecnologie per poter effettuare delle valutazioni sul valore degli asset che possono creare. Non basta più oggi fare una perfetta due diligence, serve guardare oltre »
Fintech e regtech, osservati speciali
Klecha è specializzata in operazioni in M&A in diversi ambiti e soprattutto nel fintech. Recentemente ha finalizzato la prima acquisizione di una fintech spagnola, Talento Mobile, da parte del gruppo OCS. Altra frontiera di mercato che la banca di investimenti sta affrontando è il regtech:
«C’è grandissimo entusiasmo in tutto il regtech sia a livello italiano che internazionale, temi come la gestione della privacy, il GPDR sono ambiti verso i quali l’interesse sta esplodendo anche in Paesi più indietro nelle regolamentazioni. Proprio in questo momento sto seguendo un’operazione che ci ha permesso di identificare con grande chiarezza un fortissimo e concreto interesse da tutto il mondo verso questo segmento, indipendentemente dalle dimensioni e dalle metriche ma totalmente orientata al potenziale. D’altronde il futuro della tecnologia va in questa direzione, con la necessità di una maggiore regolamentazione sia da parte delle aziende che delle istituzioni», conclude Pellegrini.