Il prezzo di bitcoin è tornato di nuovo sotto i mille dollari. Un deprezzamento di oltre il 10%, 100 dollari (più o meno), in meno di un minuto. “Colpa” di una Banca centrale, quella cinese, che richiamando al rispetto delle normative antiriciclaggio ha imposto una sospensione immediata ai prelevamenti di bitcoin ai due exchange più importanti del continente asiatico, Huobi e OkCoin. O meglio, non possono essere scambiati bitcoin se non in yuan, la moneta cinese. Un bel “ricatto” per chi aveva investito lì.
E tutto questo sembra rispondere a una logica precisa, con le autorità cinesi (in primis il governo) sembrano voler dire ai trader del settore “voi siete liberi di venire qui a effettuare tutti gli scambi che volete, ma i soldi che guadagnate sui nostri mercati non li portate fuori”. Infatti, come spiega il founder e Ceo della startup Euklid, Antonio Simeone, che abbiamo intervistato, c’è chi, tra i fondi d’investimento europei e occidentali per massimizzare i profitti va a operare laddove c’è un mercato più grande, e la Cina, fino ad oggi, è stata terra di conquista.
Avviene nei mercati tradizionali e, ancora di più, sul trading di bitcoin. Un mercato che Simeone definisce «primitivo» e per sua natura incontrollabile da governi e autorità. C’è però un risvolto della medaglia: se è vero, com’è vero che nessun governo o banca centrale può controllarlo, il mercato dei bitcoin nel bene e nel male può comunque subirne gli effetti di alcune scelte, e il “crollo” del controvalore a pochi minuti dall’annuncio degli exchange cinesi ne è un esempio. Certo, rispetto alle valute tradizionali c’è anche una fortissima resilienza, e gli algoritmi riescono ad “adattarsi” a ogni cambiamento, anche improvviso, con grande elasticità. Ma partiamo dall’inizio.
Gli investitori si ritrovano coi soldi “congelati”
Antonio, che sta succedendo in Cina?
«C’è una comunicazione che le autorità governative cinesi hanno messo dei limiti ai withdrowals, ovvero non si potranno prelevare per un determinato periodo di tempo litecoin e bitcoin. E quindi i trader sono andati nel panico».
Perché?
«Metti caso che io abbia creato un fondo bitcoin in Italia e acquisto e vendo bitcoin attraverso questi exchange in Cina. A quanto pare per clienti cinesi non c’è questo limite, ma dato che la maggior parte dei fondi che scambiano sugli exchange cinesi sono europei ora c’è chi teme che non potrà riavere indietro il suo investimento».
Tutta colpa della bolla immobiliare cinese
Quindi, per esemplificare, i trader prendono i soldi investiti in Europa e li portano in Cina dove li scambiano in bitcoin per farli fruttare ancora di più. Poi però quando il fondo chiude potrebbe non poter più restituire l’investimento, perché si ritroverebbe con i bitcoin “congelati”…
«Sì, e non solo in Europa. Generalmente funziona così, io gestore ti dico “senti, esiste questo fondo che ho creato e tu cliente puoi comprare questo fondo, paghi commissioni e poi quando chiude ti riprendi i tuoi soldi”. Se questo fondo però per fare operazioni di trading si interfacciava con mercati cinesi, quindi i soldi venivano spostati lì. E ora il governo cinese dice “se vuoi riprendere i soldi in yuan non ci sono problemi, ma in euro o dollaro o qualsiasi altra valuta no”».
Perché lo fanno?
«La Cina sta facendo una battaglia contro questi broker, che investendo quasi sempre con la leva ci guadagnano interessi. Per questo, probabilmente anche a causa soprattutto della bolla immobiliare e quindi molti cinesi potevano usare bitcoin per portare soldi fuori dalla Cina, il governo ha messo delle restrizioni sull’uso della leva, e adesso ha fatto capire ai broker che li controllerà… controllerà i clienti che investono in quei conti. E controllerà tutti, non solo i cinesi. Se c’erano dei fondi da Cayman che andavano su bitcoin vanno nel panico».
E’ anche vero che probabilmente una moneta tradizionale non sarebbe mai precipitata del 10%, perché le autorità di vigilanza non lo avrebbero permesso…
«Il punto è questo. Bitcoin è un mercato primitivo, ma è anche vero che non è che è tornato a 10 dollari, sta sempre sopra i 900. Vero, su una borsa normale non sarebbe mai successo, però ad esempio con l’elezione di Trump il dollaro messicano era sceso del 7-8%».
Il “paradosso” di bitcoin: nel bene e nel male, i governi li influenzano
E quindi siamo di fronte a un paradosso: bitcoin non può essere controllato, violato, ma può essere “influenzato”, seppure indirettamente, se più governi iniziassero a fare come quello cinese?
«Il valore così come qualsiasi altro asset può essere manipolato. Vedila così: la maggior parte dei trader bitcoin all’inizio sono dei geek, entusiasti di poter bypassare i governi, non li vendono mai perché sono convinti che possa arrivare magari a 10-20 mila dollari. Il punto è che il prezzo non lo puoi mai prevedere. Può darsi anche che tutti i governi inizieranno a fare come i cinesi. In teoria tu dici “ok, io non posso chiudere i bitcoin” ma obbligheresti tutti i broker a transare in bitcoin. Puoi scambiarlo, ma è anche vero che se volessi scambiarlo con un’altra moneta avresti dei problemi. I cinesi in questo momento hanno un problema. E paradossalmente in questo momento sono arrivati a limitare non il trading quanto la tecnologia».
E ci sono stati anche casi dove le scelte dei governi hanno influenzato in positivo il controvalore di bitcoin…
«Quello che è successo in India, quando il prezzo schizzò. Da un giorno all’altro, senza aver preannunciato nulla, il governo ha limitato drasticamente l’uso del contante. Qualcuno ha iniziato a pensare “probabilmente il bitcoin sarà la moneta del futuro” e quindi il prezzo è salito».
Secondo te, ci sarà sempre guerra tra governi e comunità bitcoin, o alla fine si troverà qualche “compromesso”?
«Secondo me nel medio termine bitcoin non sarà una moneta come euro o dollaro e quindi non sarà cambiata come la moneta cosiddetta “fiat”. Resterà sempre un mercato piccolo, ci saranno Paesi che apprezzeranno questa tecnologia e altri che la contrasteranno».
Quando non più di 2 settimane fa il prezzo era tornato a salire sopra i 1.000 dollari, hai scritto su Facebook che “gli algo lo avevano indicato”. Davvero l’intelligenza artificiale che guida i tuoi algoritmi riesce a prevedere scosse e terremoti nella finanza?
«Gli algo sono come un sistema complesso di intelligenze diverse. Dal 2008 ad oggi su bitcoin sono avvenuti tantissime volte episodi di questo tipo. Nel Dna degli algo ci sono scritte anche queste cose. E gli stessi algoritmi riescono a comprendere quando accadono determinati eventi, perché hanno tipo un’impronta di quello che è successo e quindi molte volte si ricordano di quel determinato evento».