L’Arabia Saudita ha raggiunto un accordo con il gigante giapponese Softbank per sviluppare 200 gigawatt di energia solare entro il 2030
La più grande centrale a energia fotovoltaica del mondo, in grado di generare, grazie al sole, 200 gigawatt. È il nucleo dell’accordo stretto tra Riad, capitale dell’Arabia Saudita e il gigante giapponese delle tlc Softbank. L’opera richiederà un investimento record, da 200 miliardi di dollari ma, una volta ultimata, permetterà di soddisfare la richiesta di oltre 150 milioni di abitazioni.
Un investimento rischioso, anche per l’Arabia Saudita
Il principe ereditario Mohammad bin Salman Al Sa’ud, figlio dell’attuale re Salman, Primo Vice Primo ministro e ministro della Difesa dell’Arabia Saudita, stringendo la mano all’amministratore delegato e fondatore di SoftBank, Masayoshi Son, ha presentato il progetto come «il più importante al mondo», ma anche «un passo audace e rischioso», sottolineando l’apprensione della famiglia reale per un investimento storico che presenta comunque molteplici incognite, non solo perché rivolto a un settore oggi ancora ignorato, ma anche per la sua portata.
Le tappe dell’accordo
Il progetto è destinato a chiudersi nel 2030, ma avrà inizio subito, già nel corso del 2018, con l’installazione di 7,2 gigawatt di energia. Il costo stimato è pari a cinque miliardi di dollari: un miliardo li metterà Softbank, tramite il suo fondo SoftBank Vision Fund, i restanti quattro arriveranno attraverso project financing. Dopodiché si navigherà a vista: sarà infatti la vendita di energia elettrica prodotta in questa prima fase del progetto a sostenere gli investimenti successivi, perché nessuna delle due parti in causa ha al momento intenzione di accantonare altre somme per la costruzione della mega centrale.
Vision 2030: così i sultani del petrolio guardano al domani
L’ambizioso progetto rientra nel piano «Vision 2030», annunciato per la prima volta due anni fa, ad aprile 2016, proprio dal principe ereditario Mohammad bin Salman che, da allora, ha movimentato la diplomazia del suo regno in giro per il mondo alla ricerca di capitali stranieri e jointventure. L’Arabia Saudita è infatti consapevole del fatto che siamo entrati nella fase storica nella quale le riserve di petrolio si stanno velocemente esaurendo (oggi non è nemmeno più il principale esportatore, superata da Usa e Russia) dunque, per assicurarsi un futuro di leadership globale, deve diversificare il rischio.
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Oggi Riad affonda le proprie fondamenta su una delle più grandi riserve di oro nero del pianeta, domani potrebbe ritrovarsi circondata da sabbia. Scopo di «Vision 2030», pertanto, è di ridurre celermente la dipendenza del Paese arabo dal petrolio, diversificando l’economia, investendo i soldi oggi tenuti nelle casseforti in progetti futuri quali e lo sviluppo dei servizi nel campo della salute, dell’istruzione, delle infrastrutture, del divertimento e del turismo.
Si tratta di una visione lungimirante che mira a fare di uno dei principali produttori odierni di barili di greggio, il Paese dell’innovazione di domani, sottraendo il ruolo all’Occidente. Con l’accordo sul solare stretto con la nipponica Softbank, Riad spera di creare entro il 2030 circa 100.000 posti di lavoro e dare un impulso pari a 40 miliardi di dollari annui al proprio prodotto interno lordo.