firma email wapp 3

eu-flag1

L’idea di dover pagare l’Iva del paese in cui vive il cliente, e non più quella dello Stato in cui il venditore ha scelto di avere la propria sede (ne abbiamo parlato qui) continua proprio a non andare giù ai destinatari del provvedimento entrato in vigore il 1° gennaio. Il problema è soprattutto delle società più piccole e delle startup che devono organizzarsi e muoversi in un sistema molto più grande di loro.

Dall’inizio del 2015, infatti, chi vende direttamente ai clienti sul web: e-book, mp3, app, videogiochi, suonerie, giornali digitali, così come hosting e advertising,  non può più usufruire delle tariffe agevolate (ad esempio quella richiestissima del Lussemburgo), ma deve gestire tutta una serie di aliquote, per la precisione sono 75, in base alla residenza del compratore. Per non parlare delle 97 pagine di note esplicative.

Come da previsione, in alcuni casi, le società più grandi, come ad esempio Apple, hanno già deciso di aumentare i prezzi dei loro prodotti e servizi in tutti gli Stati membri dell’Ue. Ma sono davvero pochi i colossi a potersi permettere una politica del genere.

In Italia ancora non ci sono state grosse manifestazioni di protesta, ma in altri Paesi europei è partita una campagna via Twitter a colpi di hashtag come #euvat e #vatmoss (Vat è appunto il nome dell’imposta di valore aggiunto europea) con cui i cittadini europei richiedono una revisione di questa norma:

 

E in alcuni casi arrivano anche i primi risultati, come il fatto che in Uk David Cameron abbia preso a cuore la causa delle micro-imprese del web, minacciate dai combiamenti delle regole fiscali europee    

 

Anche se, successivamente il presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker ha accusato privatamente il primo ministro britannico di aver compiuto questa mossa solo per fini elettorali.

Una soglia per proteggere micro-imprese e startup

Intanto, fra le proposte alternative al nuovo regime fiscale c’è quella di introdurre una soglia di fatturato, ad esempio di 100mila euro, sotto la quale le nuove regole non possano essere applicate, proprio per salvaguardare i più piccoli. A riguardo, Giovanni Caturano, Ceo di SpinVector, ha spiegato a SmartMoney di ritenere il discorso di applicare l’Iva secondo il luogo in cui si trova il consumatore sostanzialmente giusto, ma di fatto “inapplicabile per un piccolo che operi da solo”.

Detto questo però, il discorso Iva è molto complesso e secondo lui la soglia non è una buona soluzione: “in generale, trovo che la proposta del tetto dei 100mila euro sia insufficiente, non è tanto il volume d’affari che conta, ma il costo per fattura. Una società che fa 100mila fatture da un euro ha un problema 10 volte più grande di una che fa 10mila fatture da 10 euro, e un sistema di fatturazione automatico complesso non è banale da affrontare”. Caturano spiega, infatti, che il problema si pone quando non si passa attraverso un intermediario (per esempio per il web) e con l’incrementare di servizi basati su micro transazioni, aggiungere un costo per ogni fattura diventa molto complicato.

La conservazione dei dati preoccupa più delle aliquote

La maggioranza degli sviluppatori lavora con le piattaforme di Google, Apple, Microsoft e sono loro l’interfaccia verso il consumatore, per cui dovrebbe spettare a loro, secondo il Ceo di SpinVector, l’onere della fatturazione e dell’Iva, cosa che in gran parte dei casi già avviene.

“Noi passiamo tutto il grosso delle transazioni attraverso il front-end di Google, Apple, Microsoft. Quando non lo facciamo, usiamo comunque già da tempo dei servizi esterni che, a fronte di una commissione, curano la fatturazione verso il cliente e poi pagano noi in soluzioni più semplici (ad esempio mensilmente)”, spiega Caturano, sottolineando che i due aspetti più complicati della norma sono la conservazione dei dati e la verifica del domicilio dell’utente, entrambi scoccianti per una piccola azienda.

Per quanto riguarda il primo aspetto, “ridurrei sensibilmente l’obbligo per tutte le società con un volume di affari medio-piccolo relativamente a questo tipo di transazioni, ad esempio 5 o 10 milioni di euro (nemmeno 100mila)”. Per la verifica del domicilio, invece “dovrebbe essere stabilito un sistema chiaro, ad esempio l’accettazione dell’autocertificazione e un documento standard da far firmare”.

Le aliquote diverse non sono invece un grande problema “saranno anche 75, ma insomma… direi che abbiamo risolto problemi più gravi. Semmai si potrebbe chiedere all’Ue di realizzare un web service o almeno un portale con il dato e garantire che eventuali modifiche debbano essere applicate con una certa tolleranza temporale, così la startup può aggiornare i dati su base trimestrale, per esempio, invece che dover consultare i dati ogni giorno”.

Il dubbio  – conclude Caturano – è che, a volte, questo tipo di iniziative non vengano realizzate ascoltando tutti gli attori in gioco. “Credo che sia una cosa fatta pensando ai pesci grossi (giustamente) senza pensare ai piccoli. A sentimento, credo sia necessario obbligare i grossi a impegnarsi a fatturare adeguatamente nei confronti dei piccoli e nei confronti degli utenti, e lasciare ai piccoli un sistema semplice per fatturare direttamente, se serve”.