Il ministro leghista interviene a tutto campo al Festival del Lavoro di Milano. Non manca la stoccata per i giganti della Rete. Su cui però Di Maio è tiepido
“Un bel pubblico, non c’è che dire. Peccato per chi non è venuto”. Sorride. Lui è Matteo Salvini. Il luogo è il Festival del Lavoro, in corso in questi giorni a MiCo, polo fieristico milanese. Il riferimento, neanche troppo velato, è a Luigi Di Maio, collega vicepremier e, soprattutto, ministro del Lavoro; annunciato per certo, la sua presenza, dato il contesto, era auspicata da molti. Non è dato sapere che accoglienza avrebbe trovato: il clima sul reddito di cittadinanza – e stiamo parlando di una platea composta in massima parte da consulenti del lavoro e tecnici – è a dir poco critico.
“Niente aumenti dell’Iva. E il governo non cade”
Salvini, come al solito, è in grado di approfittarne, anche facendo leva sull’ironia. Sarà che nel capoluogo lombardo gioca in casa, sarà che a Roma il leader sovranista si occupa di altro (e quindi, in questa sede, non è passibile di fact-checking). Ma nella plenaria del Portello il quarantenne leghista raccoglie applausi a scena aperta.
Leggi anche: Digital tax: Amazon, Google e i giganti del web nel mirino del fisco UK
Lo show comincia con una rassicurazione. “Il governo non cade, se mi lasciano lavorare vado avanti altri quattro anni”. Sfilano poi, in rapida successione, cuneo fiscale, Iva (“Per alzarla dovranno passare sul mio cadavere”), flat tax, semplificazione burocratica (“è la prima tassa in Italia”), magistratura (“da riformare subito, è impensabile metterci tre anni per un primo grado: in Olanda sono 3 mesi”). C’è spazio per la Banca d’Italia (“sì agli organismi indipendenti, ma chi sbaglia deve pagare, e Bankitalia non ha vigilato in passato”) e per i minibot. Non manca, come al solito, l’Europa (“Non vorrei che la procedura di infrazione pretestuosa di cui si parla in questi giorni fosse la leva per negoziare un nostro atteggiamento più morbido su altre questioni”).
Una nuova web-tax?
Nel pot pourri di contenuti affrontati nel breve volgere di mezz’ora (un bello schema si trova nel grafico qui sopra) rientra anche una stoccata per i giganti del web che operano in Italia. “E’ impensabile – ha attaccato Salvini – che ci siano multinazionali che operano in Italia facendo utili qui e penalizzando le attività locali, ma pagano le tasse altrove”. Magari in Irlanda, paese nel mirino delle authority di Bruxelles.
Non si tratta di una prima uscita: già a fine 2018 il governo gialloverde aveva lanciato l’idea di un’imposta su e-commerce (che andrebbe a colpire aziende come Amazon, AliBaba ed eBay), pubblicità online e big data (business che riguarda, per esempio Facebook e Google). La materia scotta. Di Maio allora rimase tiepido: secondo il vicepremier campano la misura potrebbe frenare l’economia. Nel 2017 ci aveva provato anche Renzi, ma l’iniziativa rimase lettera morta in assenza dei provvedimenti attuativi cui spettava il compito di specificare cosa si sarebbe dovuto tassare. L’argomento, prima o poi, dovrà essere affrontato.