firma email wapp 3

Nuova moneta e vecchie regole: il valore di un bene è influenzato dalla domanda e dall’offerta. Se cento persone vogliono un mela ma il contadino ne produce solo 50, il prezzo sale. Se invece ci sono più frutti che persone disposte ad acquistarli, scende. Seguendo questa logica, alcuni analisti ipotizzano che il 2016 potrebbe essere un anno senza precedenti per i Bitcoin. Ma andiamo con ordine.

bitcoin

Un attimo: riassumiamo

La criptovaluta non viene emessa da una banca centrale. Per crearla, c’è bisogno di una operazione detta mining, “estrazione”. Come i minatori in cerca d’oro, i miners scavano tra i blocchi alla ricerca di nuove monete. Non si usano picconi e setacci ma computer e capacità di calcolo. La pepita è un codice capace di sigillare un blocco e allungare la catena (la Blockchain) che in sé racchiude il database di tutte le operazioni in Bitcoin concluse fino a quel momento. Per ricompensare chi, per primo, ha rintracciato il codice-pepita e consentito di allungare la catena, il sistema assegna una ricompensa, mettendo così in circolazione nuova moneta. Per l’esattezza 25 Bitocoin, a oggi circa 8600 euro.

Perché i Bitcoin “rallentano”

Quando, nel 2008, Satoshi Nakamoto definì le regole della criptovaluta introdusse alcuni limiti. Primo: i Bitcoin non potranno essere più di 21 milioni. Secondo: il sistema si adatta in modo tale da generare, in media, circa un blocco ogni 10 minuti. Terzo: Nakamoto (chiunque o qualsiasi cosa sia) ha previsto un dimezzamento della ricompensa (detta halving) ogni quattro anni.

In sostanza, la generazione dei Bitcoin rallenterà in modo geometrico. Ecco perché, se dal 2008 a oggi è stato prodotto il 75% dei Bitcoin, bisognerà aspettare 132 anni per toccare il 100%.

La ratio è un po’ quella delle banche centrali: in questo periodo la Bce tiene i tassi ai minimi per incentivare la circolazione di moneta e allontanare la deflazione. I Bitcoin seguono la stessa logica, ma hanno il problema opposto: il protocollo prevede il dimezzamento per evitare che l’inflazione rosicchi il valore della criptovaluta. Perché, se stampo moneta all’infinito, il rischio è che diventi carta straccia.

Cosa succede a luglio

Il prossimo halving è previsto a luglio. La ricompensa passerà da 25 a 12,5 Bitcoin. Quali sono i possibili effetti? Secondo alcuni analisti intervistati da Reuters, i Bitcoin potrebbero avere una fiammata che riporterebbe il loro valore ben oltre quella quota 1000 dollari toccata nel 2013. Bobby Lee, ceo di BTCC ipotizza di raggiungere i 3500 dollari l’estate prossima. Daniel Masters, direttore del Global Advisors Bitcoin Investment Fund punta ancora più in alto: 4400 dollari entro il 2017, 10 volte il valore attuale.

Sarebbe il risultato di due spinte in direzioni opposte. La generazione di nuova moneta (cioè l’offerta) si riduce, mentre cresce la domanda, sostenuta dalla diffusione dei pagamenti in Bitcoin e dai nuovi investimenti sulla Blockchain. Tradotto: il prezzo si alzerà perché sempre più persone cercheranno una risorsa più scarsa.


Cos’era successo nel 2012

Guardando al passato, c’è un solo indizio. Nella storia c’è già stato un halving. Nel novembre del 2012, la ricompensa per i minatori è passata da 50 a 25 Bitcoin. Allora, il prezzo della criptovaluta nei sei mesi precedenti al taglio aumentò del 150%, nonostante il valore di quattro anni fa fosse meno appetibile rispetto a oggi (poco più di 12 dollari nel momento del taglio).

Un altro dato sembra assecondare la tesi dell’apprezzamento: negli ultimi 3 mesi il valore dei Bitcoin è quasi raddoppiato.

broken-bitcoin

Perché l’halving è comunque un problema

Le incognite, però, non mancano. Anche perché non è possibile prevedere il futuro basandosi solo su quello che è successo in passato. Occorre quindi valutare altri fattori. Ad esempio: l’halving è un avvenimento non solo prevedibile ma previsto. Un elemento che potrebbe smussare l’impennata in una curva più docile (o almeno è quello che accadrebbe in un mercato maturo).

«Non credo che il percorso dei Bitcoin nel 2016 sarà tutto in discesa», dice Franco Cimatti, presidente di Bitcoin Foundation Italia. Le variabili in campo sono diverse. Le previsioni iper-ottimistiche non sembrano prendere in considerazione la scalabilità, «un problema che si sta discutendo da mesi». Il sistema prevede infatti che la dimensione massima dei blocchi sia pari a 1 Mbyte, con una velocità teorica che arriva a 7 transazioni al secondo. Ecco il problema: con il crescere di utenti e transazioni, tra la metà del 2016 e i primi sei mesi del 2017, la rete sarà satura: la Blockchain avrà tutti i blocchi pieni. Un imbuto del sistema e delle infrastrutture con il quale fare i conti e dalle conseguenze imprevedibili.

E poi, continua Cimatti, «ci sono forze come Linux Foundation che vogliono creare dei concorrenti oltre a quelli già presenti». Il progetto coinvolge big del tech e della finanza (da R3 a Cisco, da IBM a Intel fino a JP Morgan e London Stock Exchange Group). Punta a modificare o rivoluzionare l’attuale Blockchain. Con il risultato di creare simil-Bitcoin in grado di fare concorrenza agli originali (e quindi influenzarne il prezzo).

I nodi del 2016 vanno quindi oltre la ghigliottina. Non escludono che sarà l’anno dei Bitcoin. Ma, dice Cimatti, raccontano anche altro: non una fiammata ma «l’evolversi e la maturazione del mercato».

Paolo Fiore
@paolofiore