Lo spazio GoDesk ha realizzato il primo report a livello nazionale su questa nuova forma di business. In totale sono 550, e la maggior parte di essi si trova nel Nord Italia. Ma solo il 30% di loro ha un bilancio in attivo
“Realizzare uno spaccato del coworking italiano non è stato per niente facile. Quando ci siamo accorti che su questo argomento c’era una grossa lacuna informativa, abbiamo cercato un modo per colmarla”, è così che Michele Lo Russo di GoDesk racconta l’indagine informativa che lui e i suoi colleghi hanno realizzato.
Una raccolta dati lanciata tra luglio/ottobre 2017 che sta uscendo ora in 6 approfondimenti dedicati ognuno a un tema diverso: redditività; offerta; attività promozionale; Digital&Management; territorio e politiche pubbliche; fiducia.
Dentro il coworking italiano
A circa un decennio dallo sbarco del coworking in Italia, il numero di spazi, operatori, addetti e fruitori è cresciuto fino superare quota 550 su tutto il territorio nazionale. Il che significa uno spazio ogni circa 108 mila abitanti.
E se non stupisce che la loro presenza sia maggiore al Nord Italia (Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna sono le regioni coi numeri più alti), a colpire è invece il fatto che il fenomeno coworking non sia un monopolio esclusivo delle grandi città. Anzi, i dati direbbero proprio il contrario: solo il 32% degli spazi ha sede in città con più di 200 mila abitanti.
Quello del coworking è un business complesso, e il report lo dimostra: nel 2017 solo il 30% degli spazi ha un bilancio in attivo e potenzialmente genera profitti. Percentuale che scende ulteriormente per i coworking settoriali (destinati a specifici gruppi) e per quelli a vocazione sociale.
A rischiare di più sono quelle realtà che guardano al coworking come un aspetto accessorio del proprio business plan. Aziende che, attraverso questo sistema, puntano a ricercare nuovi clienti, o ad aumentare la propria visibilità, o ancora a ridurre le spese della propria struttura. Di fatto gli spazi che si occupano principalmente di coworking sono poco più del 15%.
Slide tratta dall’Italian CoWorking Survey 2018
Esiste poi una sorta di “break even point”, una linea temporale di 3 anni che va superata. Al di là di questa, la maggioranza dei coworking è in attivo, ma già dopo il secondo anno di attività la quota dei coworking in perdita scende significativamente. Il periodo varia comunque a seconda del target clienti.
Anche il denaro investito ha poi una sua importanza. La cifra media si aggira intorno ai 50 mila euro. Solo poco più del 13% investe dai 100K euro in su. Questo contribuisce a spiegare parte della redditività complessiva dei coworking italiani: chi investe di più sembra infatti avere più chances di redditività.
Come nasce un report
Ad essere interessante di ICS2018 (Italian Coworking Survey 2018) non sono solo i dati raccolti, ma anche la storia. “Nel settore le aspettative sul business del coworking erano molto maggiori”, spiega Michele Lo Russo. “Così abbiamo iniziato a guardarci in giro in cerca di dati per fare un confronto con la nostra situazione”. Già perché, cosa ancora non detta, lo stesso GoDesk è uno spazio coworking di oltre 600 m², nato a Potenza nel 2016 e che si rivolge alla realizzazione e incubazione di nuovi progetti.
Nessuno prima di loro si era però prefisso di completare una simile ricerca sull’argomento e le poche informazioni a disposizione della Camera di Commercio non avrebbero però prodotto un conteggio affidabile. Il primo passo è stato, dunque, lanciare una query approfondita su internet che ha portato all’individuazione di oltre 550 spazi coworking. Da lì si è proceduto con l’indagine online attraverso un questionario della durata di 30 minuti cui hanno risposto 107 spazi diversi. Un campione di poco inferiore al 19,5% del totale, ma altamente rappresentativo della situazione.
“Il risultato finale è stato un successo. L’obiettivo ora è riproporre il progetto puntando ad aumentare la partecipazione degli spazi di coworking, così da raccontare la situazione con la massima precisione”. Oggi ICS2018 è un report, ma nulla vieta che in futuro si trasformi in un blog. Tanto che ci sono già delle proposte per il possibile nome: ItalianCoworking.it