Sede a Seattle e progettualità in Italia: la startup si muove come un “social network del talento creativo”. Chiuderà il 2016 con un fatturato di 3 milioni di dollari. Intanto guarda a Singapore e ai video immersivi
Si definisce “il social network del talento creativo”. Zooppa è una di quelle startup italiane che, fin da subito, ha puntato sui mercati esteri: nata nella pancia di H-Farm nel 2007, un anno dopo ha portato la sede a Seattle, con uffici a Milano e Venezia. Il quartier generale è volato negli Stati Uniti, ma lo sviluppo è rimasto in Italia. Anche adesso che la società, con un CEO fresco di nomina, Alessandro Biggi, si appresta a chiudere il 2016 con un fatturato di 3 milioni di dollari. Zooppa è la creatività in crowdsourcing: marchi e agenzie si rivolgono a una comunità che oggi conta più di 400 mila membri (fotografi, filmmaker e designer) e hanno già distribuito più di 6 milioni di dollari in circa 750 progetti approvati. Per un importo medio che si aggira quindi intorno agli 8 mila dollari.
Come funziona Zooppa
Il team plasma il progetto: esigenze del cliente, tempi di consegna (di solito entro 6-8 settimane), costi (in modo da conoscere in anticipo quanto si verrebbe pagati) e apre un contest. Chi vince guadagna. Mentre Zooppa incassa una fee dal cliente per l’accesso alla piattaforma.
Il crowdsourcing crea una propria comunità, senza per questo sostituire le agenzie tradizionali. «Zooppa si posiziona come uno strumento al loro servizio e non come un loro un rimpiazzo – dice Alessandro Biggi – il 70% del nostro business è con le agenzie stesse, che vedono in noi un modo per ampliare il loro team di creativi, potendo raccogliere storie da tutto il mondo ad un costo accessibile».
L’offerta si può modulare in pacchetti mordi e fuggi (da 1-3 video) o più distribuiti (10-20 video) per i più fedeli. «Abbiamo diversi clienti con cui lavoriamo su base continuativa, ovviamente è il modello che preferiamo. D’altro canto, per alcuni il modello crowd è ancora nuovo e come tale preferiscono fare prima dei progetti pilota e poi eventualmente ripetersi nel tempo».
Italia e Usa con vista Asia
La community è globale ma il fatturato è polarizzato su due mercati principali: Stati Uniti, che rappresentano più della metà del business, e Italia, che pesa per un altro 35-40% e conta sua una platea di 100 mila creativi registrati. Oltre Atlantico è volata la sede, ma lo sviluppo è rimasto in Europa. «Perché – spiega sempre Biggi – Michele Gerarduzzi, il nostro CTO che fa parte di Zooppa dagli albori, è basato in Italia e quindi abbiamo deciso di sviluppare il team intorno a lui. E poi perché in Italia ci sono programmatori bravissimi». L’obiettivo è prendere il meglio dai due ambienti. «Creatività e vision italiane, operations ed execution americane».
Il prossimo passo va verso l’Asia, dove sta crescendo la domanda di aziende europee e americane che intendono creare video ad hoc per i mercati d’Oriente. «Sicuramente – conferma Biggi – è un’opportunità interessante e per questo lo osserviamo da vicino. Singapore sarebbe l’hub ideale per stabilire una piccola presenza in futuro».
Prima però c’è da consolidare il mercato occidentale, sfruttando i favori del momento: «La domanda di video e contenuti autentici è in crescita esponenziale e noi dobbiamo cavalcare questo trend. Basti pensare che Facebook si è definita la video-first platform».
Le video-tendenze
Il mercato dei video è un contenitore nel quale ci stanno cose diverse. Un mercato in evoluzione. Con quali tendenze?
1. Storytelling. I brand non hanno più voglia di vendersi: preferiscono raccontarsi. La fame di storytelling è tale che Zooppa ha appena lanciato una piattaforma dedicata, Z.Productions. «È la risposta a un bisogno di mercato evidente: creare contenuti video di alta qualità in tempi brevi e a costi contenuti», spiega il CEO. Con la consegna del prodotto fatto e finito in 2 settimane. «Il video storytelling – continua Biggi – è il modo più personale, credibile ed efficace per creare coinvolgimento con il brand, ma non per questo deve costare una fortuna. Z.Productions si rivolge quindi non solo ai grandi brand ma anche alle piccole startup e alle agenzie creative che si trovano a gestire diversi progetti in simultanea».
2. Il video-commodity. «A mio avviso – ipotizza Biggi – il video si sta avvicinando sempre più a diventare una commodity. In questo senso, la barriera è rappresentata dal fatto che creare prodotti di qualità resta ancora molto complesso, richiede tante ore di lavoro e attrezzature ad hoc. Ma già adesso è l’idea creativa che fa davvero la differenza».
3. Formato verticale. Il web ha imposto i suoi canoni. Ecco perché, secondo il CEO di Zooppa, non si può prescindere da «brevità, autenticità e serialità». Emerge con forza il “vertical format”, sdoganato da Snapchat e dalle piattaforme di live streaming come Periscope e Facebook Live
4. Realtà virtuale. Altro campo aperto ancora da costruire per una piattaforma che fonde video e creatività. «La visione di lungo periodo – dice Biggi – punta a una versione di z.Productions focalizzata su VR e video a 360 gradi». Non arriverà prima di un anno. «Per ora l’obiettivo è creare uno spazio di scambio e aggregazione su questi temi, con webinar, materiali educativi in materia, articoli su nuove tecnologie, workshop e sconti sulle attrezzature».
Paolo Fiore
@paolofiore