Le aziende si assumono responsabilità in ambito collettivo, il 77% delle persone si aspetta che si attivino per migliorare il mondo. La ricerca di The Story Lab.
Il brand activism sulla guerra Russia-Ucraina fa presa sugli italiani, con un incremento significativo delle aziende che si dedicano ad attività solidali. Una ricerca di Sprout Social ci dice che il 67% dei consumatori è attratto in misura maggiore dai brand che decidono di supportare determinate cause, come i diritti umani, il movimento Black Lives Matter o la lotta contro il cambiamento climatico.
Le aziende stanno esprimendo una chiara volontà di assumersi responsabilità in ambito collettivo, partecipando al raggiungimento del bene comune attraverso attività di comunicazione e progetti dedicati.
Una bussola per disegnare le coordinate sulla mappa dell’incertezza, un’inedita alleanza tra consumatori e brand intraprendenti, la consapevolezza che l’azione è preferibile alla disattenzione: la neutralità non esiste, perché si comunica anche tacendo perciò è meglio indirizzare la comunicazione per amplificarne i valori.
Stringendo il focus sul conflitto in corso in Ucraina, è interessante capire come si stanno comportando i grandi brand, in un contesto caratterizzato da consumatori stanchi e disorientati dopo due anni di pandemia, con un immaginario condizionato, ai limiti della distopia.
La risposta arriva dalla ricerca di The Story Lab, la full-creative advertainment agency del gruppo Dentsu Italia, guidata dal CEO Stefano Pagani, che ha analizzato lo scenario, le attività dei brand e le conversazioni online.
Dopo due anni dall’inizio della pandemia di Covid-19 che ha messo a dura prova la popolazione mondiale in termini di benessere emotivo, rendendo incerto lo scenario politico ed economico, lo scoppio del conflitto in Ucraina ha comportato un ulteriore fardello sulla coscienza delle persone.
In questa fase si registra un minimo storico nella capacità dei consumatori di farsi carico di ulteriori responsabilità su grandi tematiche pubbliche, che tengono in sospeso il destino della società. Responsabilità che devono essere assunte e rappresentate dalle istituzioni e dalle grandi aziende.
La ricerca di The Story Lab – Dentsu
In un contesto così complesso, i numeri evidenziati dalla ricerca confermano tendenze rilevanti:
- il 77% delle persone si aspetta che le aziende si attivino per rendere il mondo migliore;
- il 72% desidera che le aziende si comportino come esempi virtuosi per le altre aziende;
- il 59% si aspetta che i brand comunichino con chiarezza il loro impegno;
- 3 italiani su 4 si dicono favorevoli alle scelte di Brand Activism che sono state compiute finora nella guerra Russia-Ucraina (Fonte: SWG per Parole O-Stili 2022);
- il 72% ritiene che i brand di aziende private intervenuti nel conflitto con azioni concrete, abbiano fornito maggiore forza all’intervento dei governi e delle istituzioni internazionali.
Le iniziative dei brand
Appena 4 giorni dopo lo scoppio della guerra, Airbnb si è attivata per supportare i cittadini ucraini con una serie di iniziative integrate, comunicate su Twitter direttamente dal suo co-founder e AD Brian Chesky, con l’obiettivo di mettere 100.000 alloggi gratuiti a disposizione dei rifugiati nei paesi più vicini all’Ucraina.
Attraverso un post pubblicato sul corporate blog dal Presidente Brad Smith, Microsoft ha comunicato il proprio impegno a favore dell’Ucraina offrendo protezione dagli attacchi informatici rivolti contro il governo e le istituzioni, mobilitando risorse tecnologiche a favore della Croce Rossa.
Dentsu ha effettuato una donazione di 250.000 sterline alla Croce Rossa notificata su Twitter dal Global CEO International Wendy Clark, oltre ad attivare presso la sede in Polonia l’iniziativa 4U Hub, trasformando i propri uffici in un centro di servizi integrati, spazi per fare giocare i bambini, offrendo supporto psicologico, medico e legale.
Vodafone ha lanciato in Italia una promozione che prevede l’erogazione di minuti e giga di traffico gratuiti per tutti i propri clienti con codice fiscale ucraino. Su scala internazionale, l’azienda ha promosso sul proprio sito Careers, un programma di Fast-Track Employment per offrire ai rifugiati ucraini un accesso preferenziale alle posizioni di lavoro attualmente aperte in 12 paesi europei.
Armani ha donato 500.000 dollari a UNHCR e ha inviato ai rifugiati capi di prima necessità attraverso la Comunità di Sant’Egidio.
Vetra, il birrificio artigianale con sede a Milano ha deciso di aderire all’iniziativa internazionale Resolve, offrendosi di produrre la birra di 2085 Brewery, birrificio di Kiev costretto a sospendere l’attività a causa della guerra. Il 100% del ricavato verrà devoluto a Global Empowerment Mission, associazione no-profit impegnata in azioni di aiuto umanitario.
N26, la banca digitale tedesca, ha comunicato due iniziative ai propri clienti: la creazione di una modalità di donazione diretta alla Croce Rossa all’interno della propria app, e l’impegno a duplicare tutte le donazioni effettuate dal 26 febbraio al 31 marzo, fino a un massimo di 2 milioni di euro.
Interpretando i dati e le tendenze, quindi, dalle aziende ci si aspetta che prendano posizione sulle tensioni sociali e culturali, e il conflitto in corso in Ucraina lo conferma.
Contribuire al “bene nel mondo”
La neutralità non è prevista, bisogna creare legami più profondi con i propri target di riferimento, anche correndo il rischio di infastidire qualcuno, condividendo messaggi di alto profilo, come “il bene del mondo”, anche da parte di aziende private che hanno come finalità principale i profitti.
In tal senso è emblematica la dichiarazione di Tim Cook, Ceo di Apple, per spiegare la decisione di sospendere le proprie vendite in Russia: “Abbiamo interrotto tutte le esportazioni nel nostro canale di vendita nel paese […]. Continueremo a valutare la situazione e saremo in comunicazione con i governi competenti sulle azioni da intraprendere […]. In questi tempi difficili, mi conforta sapere che siamo uniti nel nostro impegno reciproco, verso i nostri utenti e nell’essere una forza per il bene nel mondo”.