Chi è convinto di consumare solo prodotti naturali dovrà ricredersi: dal latte ai pomodori, dalle mele al grano, al supermercato il miglioramento genetico è protagonista assoluto.
La maggior parte di noi è convinta di mangiare solo ‘prodotti naturali’, mentre il miglioramento genetico è comunemente associato a qualcosa di negativo. Ma se ipotizzassimo, per assurdo, di salire sulla DeLorean di ‘Ritorno al futuro’ e di atterrare nel 1980 ci accorgeremmo che quasi tutto ciò che possiamo comunemente comprare in un qualsiasi supermercato oggi, 40 anni fa ancora non c’era o non era esattamente com’è oggi. I prodotti infatti vengono aggiornati periodicamente utilizzando la genetica per renderli più resistenti alle malattie e quindi più sostenibili, per allungare loro la shelf life e quindi evitare sprechi, per rispondere meglio alle richieste e ai gusti dei consumatori.
Il miglioramento genetico e i suoi balzi in avanti
Nel 1980 il latte costava, in proporzione, molto di più e uno dei motivi é la capacità produttiva delle mucche che era quasi la metà, i pomodori erano venduti con un colore tra verde e rosso perché poi maturavano e marcivano in pochi giorni e varietà molto popolari di mele non esistevano. Gli anni ’80 sono un periodo cruciale per la genetica delle piante perché si comincia a fare selezione utilizzando le conoscenze del DNA, utilizzando i marcatori molecolari per migliorare l’efficienza della selezione. Sono anche gli anni della scoperta della tecnologia del DNA ricombinante e della controversa realizzazione dei primi OGM.
La genetica al supermercato
Supponiamo ora di andare a fare la spesa al supermercato e di scegliere solo prodotti con una genetica “antica” di almeno 40 anni. Conviene non invitare nessuno quella sera a cena perché alla cassa arriveremmo con il carrello quasi vuoto: acqua naturale, sale, qualche pera e funghi di montagna, vino e poco altro, ecco tutto ciò che potremmo acquistare. Ma come? E il latte? La pasta? La carne? Frutta come pesche o uva da tavola? Ortaggi come broccoli o pomodori? Ovviamente c’erano nel 1980, ma non erano in versione 4.0.
La genetica in stalla
Se ci focalizziamo su prodotti comuni della dieta mediterranea come latte, pasta e pomodori, scopriamo ad esempio che la qualità del latte è influenzata dalla dieta della vacca da latte e che questa oggi comprende alimenti concentrati come i mangimi. Fra gli ingredienti della razione alimentare dei bovini ci sono mais e soia. In Italia la produzione di soia è largamente insufficiente al fabbisogno nazionale quindi viene importata e la maggior parte è OGM. Ma la genetica non è coinvolta solo nell’alimentazione delle mucche, dentro una bottiglia di latte c’è moltissima innovazione genetica. Una frisona, razza bovina esclusivamente da latte, oggi produce anche 100 quintali all’anno, nel 1980 ne produceva fra i 50 e i 60. La produzione di latte è quindi quasi raddoppiata ed è successo grazie al miglioramento genetico.
Grano e innovazione genetica
Difficile rinunciare a un piatto di pasta al giorno, meglio se cotta ben al dente. Ebbene la pasta si fa con il grano duro e il frumento è stato migliorato geneticamente negli anni. Un esempio? Fra le più recenti varietà iscritte nel registro nazionale c’è il grano Aureo. La sua caratteristica, ottenuta per selezione genetica, è quella di avere un alto tenore di proteine. Proprio le proteine giocano un ruolo fondamentale nel fare in modo che la pasta non scuocia. Per avere una pasta al dente serve grano duro capace naturalmente di accumulare proteine ed è qualcosa che si è ottenuto attraverso la selezione genetica. E a leggere attentamente le etichette si può scoprire come alcuni marchi di pasta vantino l’uso di specifiche varietà di frumento duro molto moderne e scelte per le loro superiori caratteristiche qualitative.
E tu, che mela scegli?
Si dice che una mela al giorno faccia bene, sì ma quale mela? Il banco della frutta e della verdura è ricchissimo di varietà di diversi colori e dimensioni, più o meno croccanti, adatte alla cottura o a essere consumate come snack. Ci sono varietà tradizionali e varietà frutto del recente miglioramento genetico.
Ad esempio, molte delle mele con polpa croccante sono proprio il risultato del recente lavoro degli scienziati. Il mondo delle mele è ricchissimo di ricerca genetica, ci sono anche varietà di mele resistenti alle malattie che hanno la potenzialità di ridurre di molto l’uso dei fitofarmaci, quelli che comunemente vengono chiamati pesticidi, rendendo la produzione più sostenibile. Purtroppo, queste varietà al momento sono pochissimo diffuse anche perché il consumatore non conosce e non apprezza il fatto che una resistenza genetica nel melo renda inutile una decina di trattamenti fitosanitari. Troppo spesso il consumatore associa alla parola genetica una connotazione negativa, mentre al contrario tutto il buono che mangiamo è genetica.
Il miglioramento genetico dentro una bottiglia di passata
Se qualche indecisione potrebbe esserci nel riconoscere, davanti al banco della frutta e verdura, l’odore caratteristico del pomodoro, sicuramente l’occhio cercherebbe un colore, il rosso. Dovendo scegliere un colore per disegnare un pomodoro, un bambino punterebbe oggi sul rosso, ma nel 1980 il pomodoro nei negozi non era propriamente rosso. Quaranta anni fa il suo colore era fra il verde e il rosso e questo perché i pomodori erano raccolti in fase di invaiatura, prima della completa maturazione. Dopo qualche giorno infatti i pomodori diventavano rossi e poi marcivano in tempi rapidissimi. Oggi il processo di maturazione, grazie sempre al miglioramento genetico, è stato rallentato e questo permette la diminuzione dello spreco alimentare, oltre ad altri vantaggi commerciali.
Non solo oggi è possibile gustare pomodori rossi più a lungo ma le varietà a disposizione al supermercato si sono moltiplicate, 40 anni fa per esempio non esistevano i famosi pomodori ciliegini o datterini, inclusi i pomodorini di Pachino IGP. Dobbiamo poi dare merito all’innovazione genetica anche per la passata di pomodoro che oggi si basa sulla raccolta meccanica dei pomodori.
Tuttavia il pomodoro si può raccogliere a macchina solo perché sono state selezionate varietà idonee alla raccolta meccanica, con alcune specifiche caratteristiche: una maturazione contemporanea dei frutti, frutti con una buccia così resistente da poter movimentare il prodotto raccolto con mezzi meccanici e con la capacità di separarsi dalla pianta senza il picciolo.
Quest’ultima caratteristica è solo apparentemente cosa curiosa, in realtà è estremante utile nel corso della lavorazione industriale dei pomodori e consente, in modo molto semplice, di evitare che pezzi di picciolo finiscano nelle scatole di passata. Anche la passata di datterini non è fatta con gli stessi datterini utilizzati per il consumo fresco. Si devono infatti utilizzare, anche in questo caso, varietà idonee alla raccolta meccanica caratterizzate da una maturazione contemporanea di tutti i frutti presenti sulla pianta. Tutti risultati che sono stati ottenuti grazie al miglioramento genetico.
Nbt o Tea, tecniche di evoluzione assistita
Quali pomodori compreremo dunque fra 10 anni? A quali esigenze risponderanno? Come già in passato le nuove varietà saranno selezionate sulla base delle richieste del mercato, quindi piante più sostenibili (resistenti a malattie, perciò con minore necessità di fitofarmaci), piante con maggiore valore nutrizionale, piante più “comode” per i consumatori (es. la frutta senza semi o prodotti a scadenza più lunga), o anche semplicemente prodotti più “belli”. Semmai rimane aperto il discorso sul modo e sugli strumenti che si potranno usare per selezionare tali varietà. Molto dipenderà dall’esito del dibattito in corso a Bruxelles sulle Tea, le Tecniche di evoluzione assistita, anche dette Nbt, all’inglese New breeding techniques.
Grazie a queste nuove tecniche è stato, ad esempio, ottenuto di recente un pomodoro capace di accumulare nei frutti la provitamina D3, precursore assumibile della vitamina D, che solitamente si trova solo in alimenti di origine animale e che è fondamentale per la salute delle ossa, del sistema immunitario e contro le infezioni. Il merito va a un gruppo internazionale di ricercatori coordinato da un centro di ricerca inglese a cui ha partecipato anche il Consiglio Nazionale delle Ricerche di Lecce (Cnr-Ispa) e il Centro di Ricerca Genomica e Bioinformatica del CREA.
Cosa sono però le Tea? Sono nuove tecniche che consentono di “correggere” il DNA inducendo mutazioni in modo specifico, in un punto preciso e selezionato del DNA, senza introduzione di nuovi geni. Le mutazioni avvengono in natura e anche attraverso trattamenti, come le sostanze mutageniche usate da circa 60 anni nel miglioramento genetico, ma il grande vantaggio delle Tea è di poter indurre queste mutazioni in modo preciso e predefinito, evitando la casualità e la bassa frequenza delle mutazioni naturali.
Come può essere possibile tutto questo? Esiste una proteina, la Cas9, che, inserita nella pianta e guidata da una sequenza di RNA, è in grado di tagliare il DNA in un determinato punto. Questo processo noto con il termine genome editing corregge in pratica il DNA, senza inserire geni dall’esterno. Agisce con forbici molecolari sul singolo mattoncino del DNA. Per ottenere il pomodoro capace di accumulare il precursore della vitamina D, molto utile, per esempio, a una dieta vegana o che potrebbe aiutare a combattere la malnutrizione, i ricercatori hanno semplicemente inattivato, con una mutazione, il gene che degrada il precursore della vitamina D.
Sulle Tea dibattito aperto a Bruxelles
Al momento in Europa i ricercatori possono lavorare utilizzando il genome editing solo in laboratorio a causa della legislazione vigente che non distingue fra Tea e OGM. Gli OGM sono però qualcosa di diverso, presuppongono infatti l’inserimento di DNA estraneo, con geni provenienti da altre specie. I prodotti ottenuti utilizzando le Tea, ad oggi, non possono essere messi alla prova in campo, né essere commercializzati. E mentre a Bruxelles si dibatte sulle Tea, nella Gran Bretagna post Brexit, con il Genetic Technology Bill, si vuole aprire al genome editing per sviluppare il potenziale di queste nuove tecnologie e dare nuovi strumenti all’agricoltura che si trova a combattere contro il cambiamento climatico.