Sciopero generale contro il governo di destra e la sua riforma della Giustizia. Aderiscono in massa le società dell’high tech. Perché Bibi agita tanto la startup nation?
A schierarsi contro contro il governo di Benjamin Netanyahu e i suoi ultimi provvedimenti non ci sono solo i cittadini. A Tel Aviv sono scesi in strada anche centinaia di dipendenti di aziende dell’hi-tech israeliano per protestare contro il progetto di riforma della Giustizia. I big – e i meno big – dell’high tech temono di ritrovarsi in una situazione di isolamento internazionale e di scarsi investimenti in una terra che fa da pioniere alle startup.
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Il mugugno contro i provvedimenti di Netanyahu
In tanti definiscono Israele la “Startup Nation“; uno dei centri più importanti al mondo per l’innovazione tecnologica; un territorio geograficamente ristretto che vede il tech al centro dell’economia. Ma la legge di revisione del sistema giudiziario presentata dal ministro della giustizia Yariv Levin e la volontà da parte del governo di Netanyahu di limitare i poteri della Corte Suprema, considerata baluardo dei diritti civili in un Paese che non ha una Costituzione scritta, spaventa anche le hi-tech.
“Niente democrazia, niente high tech”
La paura è che se Israele scegliesse quella che è considerata da molti una svolta anti democratica, il settore del Tech, che da più di dieci anni rappresenta la forza dell’economia israeliana, vedrà una diminuzione di investimenti. Di conseguenza, capitali e persone lasceranno il Paese per ritrovarsi in un isolamento a livello internazionale con una crescita che, inevitabilmente, rallenterebbe e potrebbe definitivamente invertire la rotta. In assenza di una legge fondamentale messa nero su bianco, infatti, il potere giudiziario è l’unico organo in Israele che può controllare il governo e salvaguardare i diritti individuali. E i critici della riforma giudiziaria sostengono che seguendo le indicazioni di Netanyahu questa darebbe un controllo illimitato al primo ministro, mettendo in pericolo la democrazia. “Niente democrazia, niente high tech”: questo lo slogan che le hi-tech israeliane che hanno inciso su cartelli e striscioni.
Ma, al momento, Benjamin Netanyahu non recede. Anzi, si prepara a un nuovo affronto verso la stessa Corte Suprema che la settimana scorsa ha decretato che uno degli alleati più importanti del premier, Aryeh Dery, leader del partito ortodosso Shas, non possa ricoprire il ruolo di ministro: licenziato dal ruolo di titolare di dicastero potrebbe partecipare comunque alle riunioni del governo come osservatore. Ma le proteste non si fermano, cittadini e imprenditori sono già a lavoro per pianificarne altre.