Dedicata a chi cerca e a chi offre lavoro, la startup jobby vuole creare una nuova ondata di opportunità in Italia. Parola d’ordine? Trasparenza e meritocrazia
Il mondo del lavoro cambia, e lo fa in fretta. Secondo i dati di Assolavoro, se a livello internazionale l’avvento della “Quarta Rivoluzione Industriale” spinge verso il superamento definitivo dei confini tra lavoro dipendente e lavoro autonomo, il processo di globalizzazione e il progresso tecnologico hanno sconvolto il tradizionale modello di organizzazione del lavoro basato sul contratto a tempo pieno e indeterminato.
E’ un mercato del lavoro, quello attuale, sempre più dinamico e imprevedibile, in cui la sfida dei datori di lavoro – e dei lavoratori stessi – sarà e deve essere plurima: da una parte comprenderlo, dall’altra sfruttarne tutte le possibilità.
La startup jobby
E’ in questo quadro che anche la ricerca del lavoro si è evoluta, affiancando agli strumenti “classici” anche delle importanti novità come il video curriculum, che consente al datore di lavoro di scoprire anche le soft skills del candidato: dalla sua personalità alla capacità comunicativa, fino alla gestione dello stress (caratteristiche che, sempre più spesso, possono fare la differenza). Se però una delle grandi sfide del mercato del lavoro è rappresentata dalla fase preliminare – trovare i job posting più in linea con le proprie competenze – una riposta concreta arriva da jobby, la startup fondata da Andrea Goggi nel 2016.
Con un passato da direttore creativo e manager in agenzia e consulenza, Andrea ha sempre lavorato nella comunicazione e nel digital, seguendo per vent’anni diversi progetti creativi, fino a quando non ha deciso di crearlo da sé, quel progetto in cui credeva da tempo. Ha coinvolto alcuni amici – i co-founder Francesco Gobello, Roberta Sasso, Michal Skryzpek e Marco Tava – con cui aveva già lavorato, ha studiato le ultime novità in tema di lavoro all’estero e, per dirla come lui, alla fine si è lanciato.
Il risultato è una piattaforma innovativa, moderna ma soprattutto intuitiva, che crea un match diretto tra domanda e offerta, attraverso pochi step: la registrazione dell’utente, la ricerca dell’opportunità lavorativa più in linea con le proprie competenze (gli annunci sono geolocalizzati), e infine la candidatura.
La lotta al lavoro nero
“Il mercato del lavoro ha bisogno di aggiornarsi: è da questa riflessione che, insieme ad alcuni amici, ho pensato di creare con jobby una nuova ondata di opportunità lavorative” ci racconta Andrea “in cui la parola chiave è trasparenza e affidabilità: i lavoratori che possiedono un bollino distintivo hanno svolto un colloquio one to one con noi, durante il quale sono stati verificati documenti e competenze. Da quel momento in poi il rapporto di lavoro avviene direttamente tra offerente e worker, anche se l’intero flusso viene costantemente monitorato. Inserito l’annuncio e scelto il giusto profilo tra i candidati, si apre la chat e si inizia a dialogare direttamente con il datore di lavoro. Si esegue il job e al termine della prestazione viene subito erogato il compenso stabilito, che ovviamente è tracciato”. Perché è questo un altro valore fondamentale per i fondatori di jobby: la lotta al lavoro nero, che viene garantita proprio dalla presenza dell’azienda mandante sulla piattaforma.
A tutti gli offerenti (privati o aziende) a fine mandato, jobby chiede una piccola percentuale, “cosa che, ovviamente, non avviene con i lavoratori” precisa Andrea “dal momento che pagano solo la trust & safety fee che include la copertura assicurativa Axieme, per eventi accidentali e RCT. La forniamo sin dall’inizio alla community: un’ulteriore garanzia di sicurezza per chi svolge il lavoro, ma anche per chi lo offre”. Al termine della prestazione, inoltre, sia il datore di lavoro che il worker riceveranno un rating, votandosi a vicenda”. Una trasparenza che non fa sconti a nessuno, che premia la professionalità e la correttezza dei compensi. In poche parole, una trasparenza realmente meritocratica.
L’impatto sociale
La campagna attuale di jobby, prima apparsa nelle metropolitane e attualmente online, è rivolta ai privati – che possono richiedere qualsiasi tipo di lavoro, dal più basico al più straordinario – e alle aziende, la vera sfida secondo Andrea: “Stiamo provando a fare disruption sul mercato del lavoro, e ci rendiamo conto che questa modalità – la trasparenza dei compensi, il contatto diretto tra lavoratore e datore di lavoro, la puntualità dei pagamenti – non sempre viene compresa nell’immediato. In alcuni casi, inoltre, questo approccio può anche generare perplessità da parte di alcune aziende, perché quello che porta jobby è (anche) un cambiamento di prospettiva, quasi culturale.” Un cambiamento che, per ora, jobby ha deciso di portare avanti a Milano, Torino e Roma, con oltre 40.000 utenti registrati e una crescita del 700% nell’ultimo anno. Numeri che parlano chiaro, come l’obiettivo di Andrea: “Dal momento che vogliamo generare lavoro sano, per tutti, impattando positivamente a livello sociale, siamo pronti a cogliere nuove sfide in Italia e all’estero, ma soprattutto a vincerle”.