Il sistema rischia di finire a gambe all’aria. Già ora la spesa previdenziale supera i 293 miliardi di euro all’anno, pari al 16,6 per cento del PIL
Che il Coronavirus stesse sballando i conti pubblici era noto a tutti. Basti pensare quanto ha speso il governo nei due maxi-decreti emergenziali, alle perdite immani del nostro PIL o a quanto potrà essere costata la gestione della pandemia alla Sanità pubblica. Nessuno aveva però riflettuto su di un altro fattore che rischia di creare pericolosi squilibri per il debito pubblico: il fatto che, con la diminuzione dei lavoratori attivi, attualmente in Italia ci sarebbero più pensionati di quanto non siano le persone che si mantengono con le proprie risorse. A portare all’attenzione dei media questo aspetto la CGIA di Mestre.
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Il sorpasso dei pensionati
“Il sorpasso è avvenuto in questi ultimi mesi”, ha spiegato il coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA Paolo Zabeo. “Dopo l’esplosione del Covid, infatti, è seguito un calo dei lavoratori attivi. Con più pensioni che impiegati, operai e autonomi, in futuro non sarà facile garantire la sostenibilità della spesa previdenziale che attualmente supera i 293 miliardi di euro all’anno, pari al 16,6 per cento del Pil. Con culle vuote e un’età media della popolazione sempre più elevata, nei prossimi decenni avremo una società meno innovativa, meno dinamica e con un livello e una qualità dei consumi interni in costante diminuzione”.
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Al 1° gennaio 2019, sottolinea la CGIA di Mestre, la totalità delle pensioni erogate in Italia ammontava a 22,78 milioni. Se teniamo conto del normale flusso in uscita dal mercato del lavoro da parte di chi ha raggiunto il limite di età e dell’impulso dato dall’introduzione di “quota 100”, successivamente all’ 1 gennaio dell’anno scorso il numero complessivo delle pensioni è aumentato almeno di 220 mila unità. Di contro, nello scorso mese di maggio coloro che avevano un impiego lavorativo sono scesi a 22,77 milioni di unità. Pertanto, si legge nel report della CGIA, “possiamo affermare con una elevata dose di sicurezza che gli assegni stanziati alle persone in quiescenza sono attualmente superiori al numero di occupati presenti nel Paese”.
CGIA: “troppi” pensionati al Sud, in Liguria e in Friuli
Tutte le otto regioni del Sud presentano un numero di pensioni superiore a quello degli occupati. Tra le province meridionali solo tre registrano un saldo positivo, ovvero più lavoratori attivi che pensioni erogate: Teramo, Ragusa e Cagliari. Al Nord, invece, l’unica regione in “difficoltà” è la Liguria, che ha tutte le 4 province con il saldo negativo e il Friuli Venezia Giulia che ha un saldo pari a zero. Al Centro, invece, male l’Umbria e le Marche. Ovviamente, le situazioni più problematiche si registrano nelle aree dove l’età media è più avanzata. A livello regionale quella più elevata si trova in Liguria (48,46 anni medi). Subito dopo scorgiamo il Friuli Venezia Giulia (47), il Piemonte (46,54), la Toscana (46,52) e l’Umbria (46,49). A livello provinciale, invece, la realtà più “vecchia” d’Italia è Savona (48,85 anni medi), seguono Biella (48,70), Ferrara (48,55), Genova (48,53) e Trieste (48,39). Le più giovani, invece, sono Bolzano (42,30), Crotone (42,18), Caserta (41,35) e Napoli (41,31).