Sangalli: “Fateci riaprire o il conto sarà da 50 miliardi”, Panucci: “a dicembre alle imprese servirà liquidità per 138”, Fipe: “si rischia il fallimento della ristorazione”, Federmoda: “Con slittamento riaperture condannano a morte il settore”
Il dpcm sulla Fase 2 continua a scontentare tutti, tanto il mondo politico, con le prime, importanti, divisioni in seno anche alla maggioranza, quanto, soprattutto, quello produttivo, che da giorni lancia all’indirizzo di Giuseppe Conte dardi avvelenati. Quest’oggi su Palazzo Chigi è piovuta una vera e propria gragnuolata di critiche particolarmente dure. Il là lo ha dato il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli che, intervistato da Il Giorno, ha detto senza mezzi termini che se l’esecutivo non farà riaprire, il settore presenterà un “conto da 50 miliardi”, fatto di PMI destinate ad affondare. Non meno duri gli altri esponenti di categoria.
Tutti all’attacco della Fase 2
Per comodità, abbiamo riassunto di seguito gli attacchi indirizzati al governo per un dpcm sulla Fase 2 eccessivamente rigido.
Fipe: “si rischia il fallimento della ristorazione”
Con le aperture di bar e ristoranti dal primo giugno si rischia il fallimento della ristorazione italiana. A lanciare l’allarme è la Fipe, la Federazione italiana pubblici esercizi. “I nostri dipendenti stanno ancora spettando la cassa integrazione, il decreto liquidità stenta a decollare, oggi apprendiamo che potremo riaprire dal primo di giugno”, sottolinea la Fipe. “Significano altri 9 miliardi di danni che portano le perdite stimate a 34 miliardi in totale dall’inizio della crisi. Forse non è chiaro che si sta condannando il settore della ristorazione e dell’intrattenimento alla chiusura, prosegue la Federazione”.
“Moriranno oltre 50mila imprese e 350mila persone perderanno il loro posto di lavoro. Bar, ristoranti, pizzerie, catering, intrattenimento, per il quale non esiste neanche una data ipotizzata, stabilimenti balneari sono allo stremo e non saranno in grado di non lavorare per più di un mese. Accontentati tutti coloro, che sostenevano di non riaprire, senza per altro avere alcuna certezza di sostegni economici dal Governo.
Servono risorse e servono subito a fondo perduto, senza ulteriori lungaggini o tentennamenti, sappiamo solo quanto dovremo stare ancora chiusi, nulla si sa quando le misure di sostegno verranno messe in atto. Tutto questo a dispetto sia del buon senso che della classificazione di rischio appena effettuata dall’Inail che indica i pubblici esercizi come attività a basso rischio”. “Questo- ha concluso la Fipe – nonostante la categoria abbia messo a punto protocolli specifici per riaprire in sicurezza. La misura è colma”.
Federmoda: “Con slittamento riaperture condannano a morte il settore”
“Questa sembra la cronaca di una morte annunciata – afferma il Presidente di Federazione Moda Italia-Confcommercio, Renato Borghi. Abbiamo bisogno di ripartire il prima possibile per far fronte alle necessità di cassa di un settore che vive sulla stagionalità. Questo ulteriore slittamento creerà un danno irreparabile: un prevedibile calo di consumi per il 2020 di oltre 15 miliardi di euro che porterà almeno 17mila punti vendita ad arrendersi, con una perdita di occupazione di oltre 35mila persone”.
“Le aziende del settore – prosegue Borghi – hanno effettuato gli acquisti dei prodotti della stagione in corso circa 8 mesi fa e avrebbero dovuto essere messi in vendita a partire dal mese di marzo; ad oggi tutta la merce è ancora imballata in magazzino ed è destinata a rimanere in gran parte invenduta con il prolungamento dell’obbligo di chiusura. Nel frattempo i proprietari immobiliari e i fornitori esigeranno da parte nostra il rispetto delle obbligazioni assunte che non saremo, a causa della mancanza di liquidità, in condizione di onorare come in tempo di normalità. Si prefigura un pericolo per la tenuta della filiera e, da questo punto di vista, sollecitiamo Confindustria Moda ad un’assunzione di responsabilità per condividere con il retail il rischio derivante dalla perdita di un’intera stagione, attraverso il diritto di reso.
“Non comprendiamo questa inaspettata e inspiegabile decisione di rinviare ulteriormente l’apertura di altre tre settimane dei negozi, visto che l’Inail ha classificato il nostro settore a basso rischio e che è già operativo il protocollo del 24 aprile per la riapertura in sicurezza. E neppure comprendiamo perché sia prevista una data uguale per tutte le regioni quando invece sono molto diversi i dati epidemiologici di diffusione”. “Serve ripartire il prima possibile – conclude Borghi – non il 18 maggio. Delusi e preoccupati, chiediamo con forza al Governo di ritornare su questa decisione. Ora urgono liquidità vera attraverso contributi a fondo perduto, zero burocrazia e una moratoria fiscale e contributiva al 30 settembre”.
Federmobili: “vogliamo pensare ad una svista”
“Inutile nascondere la delusione totale provata nell’ascoltare le parole del premier e nel leggere il decreto da lui firmato. Non vogliamo mettere in secondo piano la salute della popolazione Italiana, ma non possiamo neppure accettare che venga messa in secondo o terzo piano l’attività economica del Paese”. Così il presidente di Federmobili, Mauro Mamoli, che evidenzia che “ci sono comparti del commercio al dettaglio che possono riaprire il 4 maggio senza ripercussioni sulla salute del personale e dei clienti, il nostro è uno di questi settori. Non si rischiano assembramenti, si possono accogliere i clienti solo su appuntamento in orari e giorni prestabiliti. Si possono fare aperture parziali in spazi con superfici espositive di dimensioni importanti dove il distanziamento sociale può essere garantito e rispettato senza problemi”.
“Vogliamo pensare che il mancato inserimento del Codice Ateco 47.59.10 tra le attività che potranno riiniziare ad operare dal prossimo 4 maggio sia solo una svista alla quale il Governo porrà rimedio con urgenza, anche considerando che il commercio al dettaglio di articoli per l’illuminazione non ha mai subito sospensioni. Il 4 maggio giustamente, e finalmente, riprenderà la produzione dei mobili, le industrie riapriranno per produrre e consegnare a chi? Chiediamo con forza e determinazione che il commercio al dettaglio della distribuzione tradizionale ed indipendente dell’arredamento italiana possa ricominciare a lavorare con la partenza della fase 2 della prossima settimana, esattamente come succederà per il commercio al dettaglio di auto e motocicli che per modalità di vendita, dimensione e contingentamento delle persone e del tutto simile al nostro comparto”.
“Fortunatamente non tutto il DPCM si è dimostrato una delusione e un fallimento. Il nostro mondo non può, e non deve, perdere completamente la visione ottimistica e propositiva che stanno alla base del pensiero di chi fa impresa. Federmobili-Confcommercio Imprese per l’Italia ha chiesto con insistenza, e senza perdersi d’animo, che le consegne riprendessero il prima possibile, quindi ritengo un successo della nostra Federazione – supportata da Confcommercio – l’aver trovato il codice Ateco 43 tra quelli che riprenderanno l’attività all’inizio del mese prossimo. Stiamo verificando che, come da noi richiesto, non siano state definite limitazioni al sottocodice 43.32.02 ‘posa in opera di infissi, arredi, controsoffitti, pareti mobili ed affini’. Vogliamo poter comunicare ai nostri associati notizie certe e verificate per non aumentare ed alimentare la confusione che questi decreti riescono a provocare. In tal senso stiamo procedendo con ulteriori verifiche ad altri codici Ateco, già presenti nell’allegato del documento ministeriale, che potrebbero avere significativi riscontri sui montaggi nelle case dei privati”, conclude.
Confcommercio Piemonte: “Incredulità, sconcerto ed amarezza”
“Incredulità, sconcerto ed amarezza. Queste a caldo le mie prime sensazioni. Mentre tutti gli imprenditori si aspettavano di poter finalmente aprire il 4 maggio, abbiamo appreso dal Governo, senza alcuna giustificazione che la riapertura per noi sarà spostata al 18, che i pubblici esercizi non riapriranno prima del 1 giugno. Si chiede al commercio un sacrifico troppo pesante senza misure compensative e con un annuncio senza commenti”.
Così Maria Luisa Coppa, presidente dell’Ascom Torino e di Confcommercio Piemonte, commenta le misure annunciate dal premier Giuseppe Conte per l’avvio della Fase 2. “Nulla si dice in merito al turismo – osserva Coppa – che patirà i danni più gravi di questa emergenza ed anche il commercio ambulante rimane sospeso alle decisioni delle singole amministrazioni locali. I commercianti e i loro collaboratori con le famiglie non possono condividere. Non siamo d’accordo nel modo e nel merito. Davvero aprire un negozio o un bar, dove entrerebbero una o due persona alla volta con guanti e mascherina, viene considerato più pericoloso che aprire una fabbrica con centinaia di lavoratori? Con queste scelte si condannano le imprese del commercio e della ristorazione al fallimento”.
© Viminale
Confcommercio Fvg: petizione online al governatore Fedriga per una riapertura anticipata
Una petizione per chiedere al presidente del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, di “far valere a Roma le ragioni di un territorio che può e deve poter riaprire le imprese del terziario prima delle date fissate dal Governo”. L’iniziativa, sulla piattaforma change.org (https://www.change.org/p/massimiliano-fedriga-riaprire-subito-imprese-del-commercio-turismo-e-servizi-in-fvg-o-rischio-acasapersempre), è di Confcommercio Fvg, che fa seguito alla denuncia sulle anticipazioni del premier Conte in merito alla fase 2, a partire dal 4 maggio, “un’agenda folle”, secondo l’Associazione.
“In sicurezza, ma ripartiamo!», è la sintesi di un testo in cui si ricorda come per settimane negozi, bar, ristoranti, alberghi, palestre, professionisti, agenzie di viaggio sono rimasti in silenziosa attesa di poter riaprire e si ritrovano invece ora con una prospettiva di chiusura prolungata al 18 maggio e addirittura al 1 giugno per le attività di ristorazione e pubblico esercizio. “L’ultima mazzata – si legge – davanti a redditi azzerati, posti di lavoro a rischio, una primavera persa e un’estate che perderemo, soprattutto per chi opera nelle località turistiche. Tutto questo dopo che abbiamo dato totale garanzia di essere pronti a riaprire in sicurezza, con tutte le precauzioni del caso».
Di qui l’appello al governatore Fedriga, “che ha capito immediatamente la disperazione di migliaia di imprenditori e collaboratori. Attraverso questa petizione – è l’invito finale a firmare su change.org – aiutateci a fare arrivare alle istituzioni la voce di aziende che vogliono lavorare, ma rischiano invece di morire”.
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Confcommercio Toscana: “Non ci condannerete al fallimento”
“Siamo governati da incompetenti senza coraggio, senza visione, senza rispetto. Il discorso del premier Conte di ieri sera – approssimativo e confuso, per nulla rassicurante – è solo la punta dell’iceberg di una situazione insostenibile. Di questo passo il tracollo del sistema Paese è vicino, a partire da quello dell’economia”. Il commento della presidente di Confcommercio Toscana Anna Lapini e del direttore regionale Franco Marinoni non lascia adito a dubbi sulla posizione fortemente critica dell’associazione di categoria nei confronti del Governo.
“Sconcerto e dolore. Queste sono le uniche emozioni che provo dopo una intera notte insonne”, prosegue la presidente di Confcommercio Toscana Anna Lapini, “in questi due mesi abbiamo fatto la nostra parte con responsabilità, come era giusto e doveroso, abbiamo stretto la cinghia sforzandoci di riporre fiducia in una classe dirigente che, a dire il vero, ormai da molti anni mostra purtroppo tutte le sue inadeguatezze, che la pandemia non ha fatto altro che portare alla luce. Ora però la misura è davvero colma: con il discorso di ieri sera Conte ha messo un’altra volta all’angolo il mondo delle imprese, rinviando ancora una volta la ripartenza ma soprattutto, ed è quello che più ci preoccupa, senza illustrare piani concreti di sostegno e di modulazione del futuro prossimo. Le nostre imprese sono allo stremo e non hanno più margini per navigare a vista come ci viene richiesto”.
“Dietro il paravento delle norme di sicurezza anti-contagio questa classe politica pare nascondere l’incapacità di assumersi responsabilità nei confronti del Paese e l’incapacità a progettare una vera ripresa”, aggiunge il direttore di Confcommercio Toscana Franco Marinoni. “Tutti gli imprenditori si aspettavano di riaprire i battenti dal 4 maggio. Certo, con molte prescrizioni e molti veti, ma almeno cominciando a prendere dimestichezza con la situazione che si presenterà da qui ai mesi a venire, fino a che non finirà l’epidemia. Invece sono state liquidate un’altra volta, come contassero poco o nulla, quando è chiaro a tutti che il Paese si regge su di loro. E quello che più sconcerta è che gli interventi di sostegno al sistema economico restano poco più che proclami, incapaci di incidere nella realtà delle cose. Credito a fondo perduto, moratoria fiscale e su tutti i pagamenti, sostegno al reddito: di questo ha bisogno l’Italia. Ma anche di progetti seri per la ripartenza”.
“Se la prima preoccupazione di tutti deve essere la salute, qualcuno ci spieghi perché aprire un negozio, un bar o una qualunque altra attività nella quale entrerebbero al massimo una o due persone alla volta, con guanti e mascherine e nel rispetto di tutte le regole necessarie, viene considerato più pericoloso che aprire una fabbrica con centinaia di lavoratori. Credo proprio che il buon senso abbia abbandonato chi ci governa”, prosegue aspra la presidente Lapini. “I commercianti, i baristi, i ristoratori, gli agenti di viaggio, quelli immobiliari e di commercio, i tour operator, gli albergatori, le guide turistiche, i parrucchieri, le estetiste e tanti altri imprenditori, insieme ai loro collaboratori e alle loro famiglie non sono più disposti a sopportarlo. Si chiede al mondo delle piccole imprese un sacrificio troppo grande senza dare in cambio misure concrete compensative”.
“Siamo stati in casa, abbiamo spento le luci delle nostre attività in silenzio, con un sacrificio enorme, abbiamo passato il nostro tempo ad organizzarci con le aziende, con le banche, con le scadenze, con la certezza che, dopo una prima fase di sgomento che sarebbe durata un mese (e sarebbe stato già terribile!) avremmo potuto riprendere a lavorare”, spiega la presidente, “ma quello che Conte ha detto ieri sera senza dare nessuna spiegazione scientifica e tecnica, è inaccettabile. Ha scambiato la nostra ubbidienza, il nostro senso del dovere in sudditanza. Non è così! Noi non faremo la fine della rana bollita. Non siamo disposti ad abituarci a questa situazione senza farne parola”.
“Non ci condannerete al fallimento trovandoci inermi”, conclude la presidente di Confcommercio Toscana, “siamo pronti a reagire con la forza della disperazione, con la forza del nostro orgoglio, con la forza della nostra onestà, lealtà, determinazione, passione e desiderio di ricominciare per il benessere della nostra collettività”.
Confcommercio Umbria: “Pronti a proteste eclatanti”
“Il rinvio della riapertura di negozi e pubblici esercizi, soprattutto in Umbria, è irragionevole e produrrà danni gravissimi ad una economia già debole. Chiediamo alla Regione un atto di coraggio”. Parole di Giorgio Mencaroni, presidente regionale di Confcommercio. “Le nostre imprese sono esasperate come non mai; sono pronte davvero a tutto, anche a proteste eclatanti” aggiunge. “L’ulteriore rinvio della riapertura degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e di tante attività del turismo e dei servizi, annunciata ieri sera dal premier Conte, è inaccettabile” sostiene Mencaroni.
“Soprattutto in Umbria – prosegue – tra le regioni dove il contagio, secondo i dati comunicati da diversi giorni, ha avuto una minore diffusione, tanto da sembrare quella più quotata per una riapertura rapida. Le dichiarazioni del presidente del Consiglio Giuseppe Conte sono state perciò una vera e propria doccia fredda per gli imprenditori umbri, che si stavano preparando mentalmente a riaprire, pur con le restrizioni necessarie a prevenire il contagio e garantire la salute di tutti”.
Confcommercio Lazio: “Una condanna a morte per migliaia di imprese”
“Nel discorso di Conte, nessuna certezza, sugli aiuti economici, nessuna visione complessiva sulla gravità dello ‘tsunami’ che si sta abbattendo sul sistema delle imprese e più in generale sulla nostra società, e ancora tanta confusione”. Cosi’ il Presidente di Confcommercio Lazio e Consigliere Nazionale di Confcommercio Giovanni Acampora. “Solo autocelebrazioni su recovery found, ringraziamenti a pioggia ai vari comitati e task force, conditi degli ormai consueti aggettivi a partire dall’ormai irrinunciabile ‘poderosa’, ma stavolta con un inquietante” ‘non consentiremo’; un errore di comunicazione oppure un inizio di deriva autoritaristica in nome di una presunta conoscenza a noi non nota di estrema gravita’ sanitaria?”
“La realtà è che i dipendenti aspettano ancora la cassa integrazione, la ‘poderosa liquidita” stenta a decollare, l’assegno di 600 euro e’ meno di una mancetta e di indennizzi, contributi a fondo perduto e moratoria su tasse e tributi neanche l’ombra”. “La tanto annunciata e auspicata ‘fase due’ e’ diventata al massimo ‘fase 1 e mezzo’, con timidissime aperture e interi comparti strategici lasciati nella piu’ completa incertezza”. E ancora, continua Acampora: “sui bar, ristoranti, pizzerie, catering, intrattenimento, solo una data ipotizzata, sugli stabilimenti balneari solo un timido accenno, interi comparti neanche nominati tra cui gli ambulanti, tutto ciò produrrà solo per i pubblici esercizi altri 9 miliardi di danni che portano le perdite stimate a 34 miliardi in totale dall’inizio della crisi.
Nel settore della ristorazione e dell’intrattenimento Moriranno oltre 50.000 imprese e 350.000 persone perderanno il loro posto di lavoro. Tutto questo a dispetto sia del buon senso che della classificazione di rischio appena effettuata dall’Inail che indica i Pubblici Esercizi come attività a basso rischio e nonostante la categoria abbia messo a punto protocolli specifici per riaprire in sicurezza”. “E beffa delle beffe il divieto di licenziamento per altri due mesi; cioe’ le aziende con un prevedibile, anzi certo, calo del fatturato oltre il 50% minimo, saranno costretti a non licenziare ma solo a fallire”.
Confcommercio Veneto: “il governo cambi date, imprese allo stremo”
“Qui siamo alla deresponsabilizzazione della classe politica. Mentre le imprese sono allo stremo il governo allunga i tempi della chiusura degli esercizi e decreta, di fatto, la morte delle imprese”. Lo sottolinea Patrizio Bertin, presidente di Confcommercio Veneto e di Ascom Padova che non se lo aspettava proprio un “rilancio” al 18 maggio dell’apertura dei negozi “anche perché tutte le imprese erano pronte per ripartire in sicurezza”.
“Sono giorni – continua Bertin – che tutti i nostri colleghi stanno attrezzandosi per ripartire già dal 4 maggio, una data che, nei giorni scorsi, sembrava la più plausibile per la ripartenza e che ancora adesso io ritengo la più logica. Invece niente. I negozi, abbigliamento in primis, slittano al 18 maggio e, addirittura, bar e ristoranti, ma non solo, ‘franano’ al primo giugno”. “Io non so – aggiunge il presidente – se il governo si rende conto che sta decretando la fine di un intero tessuto imprenditoriale che se non riparte subito è destinato alla morte”.
Dunque, secondo Bertin, si poteva e si doveva fare diversamente. “Io insisto sul concetto della sicurezza – ribadisce – e dunque non comprendo perché sia prevista una data uguale per tutte le regioni quando sono diversi i dati epidemiologici di diffusione ed il Veneto, in questo senso, sembra avere dati piuttosto rassicuranti”. Ma Bertin non intende gettare la spugna e, anzi, rilancia: “se nei prossimi giorni il governo non modificherà la propria linea anticipando le date non ci resterà che consegnare le chiavi dei nostri negozi che dovranno chiudere, direttamente a Palazzo Chigi. Si assumerà il governo l’onere delle nostre spese per i dipendenti, per gli affitti, per i fornitori non pagati, per le tasse, ecc. E anche se chiediamo a gran voce destinazioni a fondo perduto non vogliamo essere degli assistiti ma vogliamo poter lavorare per far ripartire questo Paese. In sicurezza. Ma in piedi, non stesi perché morti”.
Confcommercio Trentino: “se non si cambia strategia l’emergenza economica e sociale è vicina”
Mentre il governo Conte annuncia i primi provvedimenti per la cosiddetta fase 2, quella di riapertura, il terziario entra in una crisi che rischia di diventare irreversibile portando alla morte centinaia di imprese con le conseguenze drammatiche che ciò comporterebbe.
“Non accettiamo questa impostazione – spiega il vicepresidente vicario di Confcommercio Trentino, Massimo Piffer – non è questo il modo di garantire la ripresa al sistema Paese: così il terziario viene pesantemente danneggiato e rischia di subire un tracollo irreversibile. Si è deciso per la riapertura di alcune tipologie di esercizi commerciali, lasciandone fuori molti altri. Con il giusto senso di responsabilità, regole chiare e misure di prevenzione crediamo che anche le altre attività oggi rimandate a data di destinarsi, come il settore della moda, le librerie, potrebbero invece ripartire subito. Magari ci fosse l’afflusso di clienti, ma non sarà comunque così: dobbiamo però mettere le aziende in grado di ripartire subito, in sicurezza”.
“Stesso discorso – prosegue Piffer – anche per gli altri settori del terziario, dalla ristorazione ai pubblici esercizi, all’alberghiero: questo fermo ad oltranza sta mettendo in ginocchio migliaia di imprese, e con loro gli imprenditori ed i loro collaboratori, che significano famiglie che rischiano di entrare in uno stato di miseria. Così non può funzionare: dopo l’emergenza sanitaria ora rischiamo un’emergenza economica e sociale senza precedenti”.
“Valuteremo con la Provincia la sua possibilità di manovra, per intervenire subito e concretamente. Il primo problema è la liquidità, e nonostante protocolli e accordi il sistema bancario sta opponendo ancora troppa resistenza ed è troppo lento. Per chi sta garantendo gli stipendi occorre prevedere interventi che abbattano il costo aziendale. Il tempo ormai è agli sgoccioli e il malcontento tra gli imprenditori sta montando in maniera veloce e massiccia: si cambi strategia e lo si faccia in fretta”, conclude.
ConfCommercio Val d’Aosta: “incredulità e amarezza per le misure”
“Incredulità, sconcerto ed amarezza” sono espresse da ConfCommercio Vda per le decisioni prese dal Governo per la cosiddetta fase due. “Mentre tutti gli imprenditori si aspettavano di poter finalmente aprire il 4 maggio – commenta il presidente Graziano Dominidiato – abbiamo appreso senza alcuna giustificazione che la riapertura per noi sarà spostata al 18 maggio e che i pubblici esercizi non riapriranno prima del primo giugno. Si chiede al commercio un sacrificio troppo pesante senza misure compensative e con un annuncio senza commenti”. “Aprire un negozio oppure un bar, dove entrerebbero una o due persone alla volta con guanti e mascherina, viene considerato più pericoloso che aprire una fabbrica con centinaia di lavoratori? Con queste scelte si condannano le imprese del commercio e della ristorazione al fallimento”, aggiunge Dominidiato.
Confindustria: a dicembre servirà liquidità per 138 mld
Il fabbisogno di liquidità per le imprese nel 2020, provocato dalla caduta dell’attività economica e dei fatturati, “è stimato a 57 miliardi con fine dell’epidemia a giugno, che salirebbero a 138 miliardi con fine epidemia a dicembre. Di questi, 31 miliardi sono relativi alle piccole e medie imprese nello scenario migliore, 75 miliardi in quello peggiore”. Lo ha evidenziato la dg di Confindustria, Marcella Panucci, nell’audizione sul Dl Imprese davanti alle commissioni Finanze e Attività produttive della Camera. Panucci ha segnalato, in particolare che, “in uno scenario che vede la fase acuta dell’emergenza sanitaria terminare a maggio e la riapertura delle imprese industriali completarsi entro giugno, il Pil italiano subirà, secondo stime prudenziali del nostro Centro studi, una caduta del 10% nei primi due trimestri del 2020”.