Anche il nome è uno sfregio nei confronti delle vittime palestinesi dell’esercito di Israele: Pallywood è infatti la crasi tra Palestina e Hollywood e lascia eloquentemente intuire che lo scopo di questa ennesima teoria del complotto che si sta velocemente diffondendo come un cancro per il Web sia sostenere che tutti i – pochi – video e foto che circolano (la Striscia di Gaza è infatti interdetta ai giornalisti) allo scopo di documentare le drammatiche condizioni in cui versa la popolazione ormai allo stremo siano frutto della propaganda di Hamas.

I dati dell’OMS
Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), Gaza City è stata la città più colpita dalla malnutrizione nella Striscia di Gaza e conterebbe ormai un bambino su 5 sotto i 5 anni che soffre di malnutrizione acuta. Si tratta di stime che rischierebbero persino di sottostimare la situazione reale.
Tutte bufale, però, secondo i sostenitori, sempre più numerosi, della tesi del complotto su Pallywood: esattamente come chi annunciava teorie catastrofiste su scie chimiche o sui vaccini anti-Covid, pure i militanti di Pallywood si muovono soprattutto sui social veicolando video e materiali spesso ritoccati dall’AI nel tentativo di instillare il dubbio e fare proselitismo.
Influencer israeliani arruolati nella teoria del complotto
Ma i palestinesi trucidati dall’esercito israeliano vengono screditati sul Web in più modi. Alcuni di questi prevedono di ridicolizzare le immagini di guerra e devastazione ripresi dalle principali agenzie che hanno ancora giornalisti sul campo (tra queste France Press che ha recentemente diramato un appello per aiutare i propri cronisti intrappolati nella Striscia, che rischiano di morire di fame).
Si legge per esempio sul Manifesto: “Nelle ultime settimane, su TikTok e altre piattaforme si è diffuso un crudele trend tra gli influencer israeliani: prendersi gioco delle sofferenze dei palestinesi. Nei video in questione li si vede bere avidamente dal rubinetto, sprecare acqua, accendere e spegnere l’interruttore della luce o travestirsi da donne palestinesi, con il borotalco a simulare la polvere delle macerie.”
C’è Israele dietro a Pallywood?
Impossibile al momento trovare collegamenti diretti tra la diffusione di queste vergognose fake-news e il governo di Israele. Certo è che, come ha recentemente dimostrato l’inchiesta di Fanpage sul tentativo di screditare Francesca Albanese, relatrice speciale dell’ONU sui territori palestinesi occupati in prima linea contro il governo Netanyahu per il genocidio perpetrato a Gaza, l’esecutivo si starebbe muovendo proprio sul Web nel tentativo di fornire una verità alternativa, realizzata per silenziare le critiche che hanno iniziato a piombare sul popolo eletto da ogni parte del globo. Nel caso di specie, per esempio, istituendo un report fasullo che miri a delegittimare il lavoro della giurista italiana.
Questo tipo di attività si sarebbe persino intensificato ora che la pressione della comunità mondiale su Israele è in aumento proprio perché sono aumentati i video sulle condizioni di estrema sofferenza del popolo palestinese, riuscendo infine a bucare la censura israeliana eretta attorno all’enclave.

Pallywood, Nethanyau il primo sostenitore
Sebbene non abbia mai citato la teoria di Pallywood, il Primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, è comunque il primo a sostenere che nella Striscia di Gaza nessuno muoia di fame: «Non c’è alcuna politica della fame a Gaza, e non c’è fame a Gaza», ha detto proprio nelle ultime ore intervenendo a una conferenza cristiana ospitata dalla consigliera di Trump e pastore evangelico Paula White secondo quanto riportato dal Times of Israel e ripreso dall’Ansa.

In una climax di esternazioni mal collimanti tra loro e sempre più traballati, attraverso un video diffuso sui suoi canali ufficiali, il Primo ministro israeliano ha anche accusato l’ONU di raccontare balle sui presunti divieti di Israele di far accedere gli aiuti umanitari alla Striscia di Gaza. A fine maggio, durante una conferenza dell’Alleanza Internazionale per la Memoria dell’Olocausto a Gerusalemme, Netanyahu si era spinto oltre sostenendo che i palestinesi catturati dall’esercito israeliano fossero semmai pasciuti e persino in sovrappeso per la mancanza di esercizio fisico dentro i tunnel.

Trump spalleggia Netanyahu
Dichiarazioni che, oltre a negare l’evidenza, hanno conferito ufficialità alla scadente e claudicante teoria di Pallywood, consentendole di rimbalzare con rinnovata forza per i gangli del web sospinta, dicono gli analisti, da formazioni israeliane di estrema destra.
E supportata persino dal presidente USA Donald Trump che, pur smentendo Netanyahu e riconoscendo l’esistenza di un problema umanitario («Voglio che la gente abbia da mangiare in questo momento, per me questa è la priorità numero uno. Perché c’è molta gente che muore di fame» a Gaza) ha poi dato la sua versione dei fatti: «Abbiamo dato un sacco di soldi a Gaza per il cibo e tutto il resto. Molti di quei soldi sono stati rubati da Hamas, e molto cibo è stato rubato», ha detto ancora il presidente statunitense.

La lettera di 58 ex ambasciatori europei
In realtà anche la Ue ormai utilizza ripetutamente parole come “crimini di guerra” per indicare le condotte poste volontariamente in essere da Israele e dal suo esercito a Gaza. Cinquantotto ex ambasciatori europei hanno scritto una lettera aperta a Bruxelles nella quale si accusa il governo di Netanyahu di portare avanti una “pulizia etnica” che richiede perciò da parte della Ue il pronto “riconoscimento dello Stato di Palestina” e “sanzioni mirate” contro i membri dell’esecutivo israeliano nonché la “cancellazione della partecipazione di Israele da Horizon Europe e da tutti i programmi Ue di ricerca”.
Il Vaticano striglia Meloni sul mancato riconoscimento della Palestina
Intanto nelle ultime ore il Segretario di Stato Vaticano, Pietro Parolin, ha rimbrottato la presidente del Consiglio italiana, Giorgia Meloni, per aver definito “prematura” l’ipotesi di riconoscimento dello Stato di Palestina: «Perché prematuro? La soluzione – ha detto il prelato – passa attraverso il dialogo diretto tra le due parti in vista della costituzione di due entità statali autonome». Quindi il capo della diplomazia della Santa Sede ha sottolineato: «Da mo’, come dite voi, che noi abbiamo riconosciuto lo Stato di Palestina: per noi quella è la soluzione».