La seduzione è un’arte, dicono alcuni. C’è chi è d’accordo e chi no, chi pensa che seduttivi, in realtà, ci si nasca e basta. E forse un certo talento naturale qualcuno ce l’ha più di altri, ma in realtà le tecniche possono sempre essere affinate. Come tutte le arti. Lo sa bene Enrico Mele, insegnante di seduzione che gira il mondo proponendo corsi e seminari. In occasione di questo San Valentino lo abbiamo intercettato per farci spiegare come della seduzione sia riuscito a farne un lavoro e, perchè no, anche per farci dare qualche consiglio pratico.
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Enrico, come è nata questa tua propensione per l’insegnamento della seduzione?
A 19 anni scoprii l’ambito della seduzione perché avevo difficoltà a relazionarmi con l’altro sesso. Era un periodo difficile, non trovavo entusiasmo nella vita e mi ero rivolto agli psicologi. A un certo punto, un mio amico mi ha disse che avrei dovuto reagire, cercare una soluzione, dopo l’ennesimo 2 di picche. Passavo le giornate chiuso in camera a leggere e ricordo che lessi una frase che diceva che cambiando noi stessi anche il risultato che si ottiene può cambiare. Questo mi fece capire che avrei dovuto reagire. Inizialmente facevo questo lavoro part-time, poi mi ci sono dedicato a tempo pieno.
Cosa significa per te “seduzione”?
Il termine, per come lo insegno io e il mio team, significa “condurre a sé”. È una questione di mentalità, di approccio e di comunicazione con gli altri. “Seduzione” viene intesa in tutti gli ambiti della vita: nel contesto lavorativo, amicale, con i genitori. Ha un significato molto più aulico di quello che si crede. Non esiste “quello giusto” o “quella giusta”: questo ideale è solo dettato da percezioni, ma la mente cambia le proprie necessità e percezioni giorno dopo giorno (ecco perché i rapporti finiscono, unitamente al pensiero che si possa trovare sempre di meglio).
L’arte di Enrico Mele
Quando questo lavoro ha iniziato a essere un business?
Nel 2014 ho avuto la possibilità di collaborare a Londra con un’azienda che faceva questo mestiere, mentre nel 2015 è nata “IN Attraction“, la mia scuola di seduzione che si rivolge sia a uomini che a donne. La sede è a Torino, ma io mi sposto portando il mio progetto per il mondo. Oltre all’italiano, infatti, il mio sito sarà presto disponibile anche in spagnolo e in inglese.
In che cosa consiste il tuo lavoro?
Alle volte facciamo dei corsi, altre seminari, altre corsi-eventi di gruppo anche all’estero. I seminari sono i più affollati, non si fa pratica, mentre nei corsi individuali o di gruppo si, per rimuovere eventuali traumi e limiti verso una seduzione aulica.
Quali sono le città più attente a questi corsi?
Mi sono trovato molto bene a Barcellona, a Monaco, Istanbul, Berlino, Zurigo, soprattutto a Roma, dove c’è tanta voglia di entrare in contatto con le persone e anche molta positività, ma anche a Manchester e a Londra.
Quale è il tuo target di riferimento?
Da me vengono persone di fasce di età diverse che vanno dai 18 ai 75 anni, di tutti i tipi di orientamento. Spesso sono uomini eterosessuali o donne dai 25 ai 50/55 anni che hanno problemi a relazionarsi con gli uomini oppure hanno in mente qualcuno ma non lo riescono a conquistare. Ci sono, poi, anche casi delicati di persone che soffrono di depressione. Da quest’anno collaboriamo anche con l’istituto di Psicologia a Torino. A differenze delle donne, che cercano più la qualità in un uomo, gli uomini puntano di più sulla quantità. Per meglio dire: a differenza del genere femminile che, comunque, ha sempre intorno qualcuno che ci prova, l’uomo si deve mettere più in gioco, spesso viene svirilizzato, mentre la donna ha paura del rifiuto. Nei miei corsi si lavora, quindi, sull’ansia da approccio. Spesso mostrare agli altri il proprio lato umano è ciò che serve.
Quali consigli daresti a chi sta leggendo e magari si rispecchia in uno di questi casi?
Da parte delle donne verso l’uomo direi di non partire prevenute: se l’approccio non è perfetto si può anche attendere con un po’ di pazienza. Per quanto riguarda gli uomini, spesso sconsiglio di fare gli “intrattenitori”, non serve ridicolizzarsi e far ridere continuamente. Essere se stessi, calibrandosi e adattandosi alle diverse situazioni è sicuramente la soluzione migliore. Infine, investire su se stessi. Se si investisse di più nelle relazioni interpersonali ci sarebbe più rispetto verso tutti, e le persone avrebbero più consapevolezza. Esiste il miglior compromesso, la soluzione più appagante, ovvero il meno peggio in un determinato momento della propria vita, quindi bisogna abbassare le pretese, oppure si rimane soli ed eterni insoddisfatti. E se si avanzano delle pretese bisogna sempre chiedersi quanto vale effettivamente quello che noi stessi offriamo in una relazione.
Infine, che ruolo gioca il mondo dei social nelle relazioni?
In tanti casi di persone che ho conosciuto, il mondo social è una trappola perché alcuni lo vedono come un tentativo di colmare le proprie insicurezze con le immagini, senza rendersi conto che siamo, appunto, su un piano che spesso non è fatto di contenuti, ma in una gara a chi ottiene più like. Il social è un mezzo, ma non può essere la vita.