Se l’intelligenza è la capacità di risolvere problemi, tutti noi umani dovremmo imparare dalle piante a governare la complessità. Perché le piante sono le vere maestre della cooperazione. È quanto ci ha detto – e negli anni ha scritto – Stefano Mancuso. L’ho intervistato durante la tappa del SIOS25 ROAD, tenutasi lo scorso 16 aprile al Gazometro Ostiense di Roma nell’anno che celebra il decennale del nostro StartupItalia Open Summit. Ho sintetizzato di seguito alcune riflessioni dello scienziato e divulgatore tra le massime autorità mondiali nel campo della neurobiologia vegetale (qui l’intervista in video, realizzata a margine del suo intervento). Professore ordinario all’Università di Firenze e membro dell’Accademia dei Georgofili, Mancuso dirige il Laboratorio Internazionale di Neurobiologia Vegetale con sedi a Firenze, Kitakyushu, Bonn e Parigi. Mancuso è anche autore di svariati bestseller. Tra questi l’ultimo in ordine di uscita è “La versione degli alberi” per Einaudi.
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Cooperare per sopravvivere
«Le piante sono le vere maestre della cooperazione. Lo sono perché esseri viventi che non possono spostarsi dal luogo in cui nascono e vivono. Pensate se noi animali non avessimo la possibilità di spostarci, se fossimo obbligati a rimanere dove siamo per tutta la vita. È chiaro che chi sta intorno a noi non potrebbe essere qualcuno con cui competere, ma sarebbe molto più efficiente che fosse qualcuno con cui cooperare. Ed è questo in effetti ciò che fanno le piante. Si sono evolute per centinaia di milioni di anni per portare la cooperazione a un livello che per noi animali è pura utopia. Per le piante, nel loro ambiente naturale, in un bosco per esempio, quella che consideriamo utopia umana – ossia il fatto che ciascuno riceve secondo i propri bisogni da ciascuno che dà secondo le proprie possibilità – è vera, è reale. Le piante fanno esattamente questo. In natura la cooperazione è di gran lunga la forma più efficiente per garantire la sopravvivenza della specie».

Adattarsi per migliorarsi
«Se l’intelligenza è la capacità di risolvere problemi, tutti noi umani dovremmo imparare dalle piante a governare la complessità. Sono gli esseri viventi più moderni. Non hanno una specializzazione e dispongono di un grande vantaggio: possono perdere l’80% del proprio corpo e continuare a essere vive. Hanno la capacità di adattarsi all’ambiente circostante e analizzano una quantità enorme di parametri. Le radici creano una rete sotterranea nella quale avviene tra loro uno scambio continuo. In momenti di difficoltà, quindi quando c’è scarsità di risorse, è stato provato scientificamente che le piante si aiutano a vicenda. Competere o cooperare? Impariamo dalle piante che hanno fatto della cooperazione un’arte».

Allargare lo sguardo
Le piante rappresentano l’87% di tutto quello che è vivo mentre noi animali rappresentiamo solo lo 0,3%. La nostra tecnologia e le nostre organizzazioni sono ispirate al modo in cui siamo costruiti noi animali. La natura storicamente è sempre stata una grande maestra. Noi però ultimamente come uomini abbiamo un po’ dimenticato di farne parte, cioè pensiamo che le leggi naturali non siano qualcosa a cui rifarsi e che la scienza, la tecnologia e il progresso possano in qualche maniera emendarci e andare oltre queste leggi noiose che ci impediscono di fare ciò che vogliamo. In realtà non è possibile, noi siamo parte della natura e quindi dovremmo allargare il nostro sguardo a tutte quelle creature che sono diverse da noi animali e che però possono fornirci una serie veramente enorme di ispirazioni sia per la nostra tecnologia che per tutto quello che riguarda il nostro futuro. Sto parlando ovviamente soprattutto delle piante»
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Intelligenza naturale
«Io credo che oggi l’enorme interesse che circola intorno a temi come l’intelligenza artificiale sia legato anche al concetto stesso di intelligenza. L’intelligenza artificiale dal mio punto di vista, ossia dal punto di vista di un biologo, di un naturalista, è uno strumento straordinario e può essere utilizzato come tutti gli altri per il bene e per il male. L’unico piccolo neo di questa tecnologia è il fatto che noi abbiamo replicato la nostra intelligenza. Ora l’intelligenza umana è straordinaria, non c’è dubbio da questo punto di vista, però ha un lato della medaglia che forse non funziona così bene. Pensiamo a tutto quello che abbiamo combinato su questo pianeta. Quando abbiamo ricreato i nostri strumenti che replicano il nostro modo di pensare, tutta questa tradizione predatoria, noi la replichiamo esattamente nei nostri strumenti. Studiare le intelligenze naturali, ossia studiare come le piante risolvono problemi o come lo fanno gli altri organismi naturali basandosi per lo più sulla cooperazione, ossia sul portar avanti tutti, è fondamentale per il nostro futuro».