Tra mancati compromessi, vani tentativi di affossarlo e continui litigi, il decreto di legge Zan è stato appena rimandato. In un’intervista, i due attivisti – influencer Charlie Moon e issima91 ci spiegano perché questa legge “è perfetta così”.
Sono settimane, anzi mesi che nei due rami del Parlamento si discute sul ddl Zan, la proposta di legge contro l’omotransfobia dell’omonimo deputato, Alessandro Zan, per la prima volta alla Camera il 4 novembre 2020. Da quel giorno, il disegno di legge non ha ancora visto la luce, vittima impotente di continui tira e molla, mancati compromessi e dispetti reciproci, che ben poco hanno a che fare con i diritti umani che la legge si propone di tutelare, ma che sanno più che altro di una prova muscolare tutta politica.
La lotta al ddl Zan e l’ostacolo dell’identità di genere
Da tempo, infatti, i partiti politici di maggioranza e opposizione, con i rispettivi leader, si scontrano a suon di emendamenti, con il risultato che il ddl, che martedì 13 luglio è stato presentato al Senato con le modifiche di Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia, è ancora un disegno e potrebbe restare tale fino a settembre. Se alcuni degli emendamenti dovessero essere approvati, la legge ritornerebbe alla Camera e si ripartirebbe dal principio, con la possibilità di ricorrere al voto segreto. A rappresentare l’ostacolo maggiore è proprio il concetto di “identità di genere”, fondamentale in quanto tutela delle persone trans ma che il gruppo di destra avrebbe voluto eliminare in tutti i suoi riferimenti.
Così facendo, però, si escluderebbe tutta quella fetta di persone che, per le motivazioni più disparate, non ha la possibilità di intraprendere il percorso di transizione, che è in lista d’attesa, che ha un’identità non binaria o che non ha intenzione di iniziare l’iter. Inoltre, sarebbero escluse tutte le persone che manifestano un orientamento sessuale diverso dall’omosessualità. In sintesi, si tratta di modifiche volte a ridurre la tutela di una legge che, di per sé, nasce con l’obiettivo primario di tutelare chiunque.
Il tutto proprio nell’anno nero per l’Italia, che scende al 35° posto nella classifica dei Paesi europei per le politiche a tutela dei diritti umani e delle persone LGBT+, secondo le registrazioni della Gay Help Line.
Una legge che va approvata così com’è
“E’ tantissimo, troppo tempo che questa legge sta aspettando l’approvazione. Non è più un discorso politico, non si tratta di destra e sinistra, ma di diritti e vite umane e questo dovrebbe stare a cuore a tutti, a prescindere” – racconta a StartupItalia Charlie Moon, attivissima su Instagram dove vanta una community di quasi 180 mila followers – “Non si può cedere, finché la legge non sarà approvata così come è stata scritta da Alessandro Zan”.
Andare avanti, quindi, in direzione di un’approvazione totale e incondizionata del ddl Zan, le cui parole d’ordine sono diritti e inclusività. E proprio a proposito dell’inclusività si esprime Cristiano Cervigni, su Instagram “issima91”, che ci spiega come la forza del ddl risieda proprio nella sua capacità di includere tutti indistintamente. “Non si può togliere un pezzo a una legge che è perfetta così, nella sua interezza, perché così tutte le persone che si sentivano rappresentate in quel preciso punto rimarrebbero escluse”.
Qual è, allora, la chiave per sbloccare la situazione e fare sì che questa legge veda finalmente la luce, dopo infinite peripezie? Si tratta di trasmettere un messaggio di uguaglianza e di esempio positivo, avendo il coraggio di essere se stessi. “Nella mia community ho voluto creare un posto dove tutti potessero rifugiarsi, sentirsi al sicuro, perché capita ancora troppo spesso che la vita ci ponga in situazioni complicate, anche con la famiglia e gli amici. Vorrei dimostrare, nel mio piccolo e a livello personale, che il primo passo è quello di accettare se stessi per poi riuscire a esprimersi appieno”, continua Charlie Moon.
Ma per esprimersi, per poter essere se stessi e per celebrare l’uguaglianza, non bastano né le belle parole, né tantomeno le infinite discussioni in Senato. Serve un coro di voci unanime, un movimento intergenerazionale pronto a sfondare il muro del pregiudizio e serve, soprattutto, che venga approvata una legge che questo Paese aspetta da decenni e che è sempre più urgente.