I ragazzi abbandonano la scuola troppo presto e non ottengono la dovuta formazione. Solo Malta e Spagna presentano risultati peggiori ai nostri
La disoccupazione in Italia? Frutto anche del mancato incontro tra domanda e offerta, non solo della scarsità di posti disponibili e della situazione a dir poco asfittica del mercato del lavoro. Lo dice l’Ufficio Studi della CGIA di Mestre, secondo cui molte Pmi, in particolar modo del Nord, sono tornate a denunciare la difficoltà di reperire figure professionali con elevati livelli di specializzazione. Non si parla insomma di lavori faticosi e degradanti, che gli italiani non vogliono più fare, ma di tecnici specializzati.
Una problematica – spiegano gli analisti che hanno condotto l’approfondimento – ascrivibile alla difficoltà di far incrociare la domanda con l’offerta di lavoro, anche perché continua a rimanere del tutto insufficiente il livello delle conoscenze e delle competenze tecniche dei nostri giovani. E nei prossimi anni, con l’avvento della cosiddetta “rivoluzione digitale”, queste criticità rischiano di assumere dimensioni ancor più preoccupanti. Segnaliamo, infatti, che anche gli ultimi dati presentati dall’Unioncamere, evidenziano che del milione e 280mila nuove assunzioni previste dalle imprese italiane tra luglio e settembre di quest’anno, quasi il 31 per cento sarà difficilmente reperibile.
Come mai mancano i tecnici specializzati?
La colpa? Per la CGIA di Mestre non ci sono dubbi: la dispersione scolastica in Italia è otto volte superiore ai cosiddetti “cervelli in fuga”. Nel 2020, infatti, sono stati 543mila gli studenti che hanno abbandonato prematuramente la scuola. Un numero molto elevato se confrontato con i 68mila giovani con un titolo di studio medio-alto che, invece, si sono trasferiti all’estero per ragioni di lavoro. Due problematiche estremamente delicate che, purtroppo, continuano ad avere livelli di attenzione molto diversi da parte dell’opinione pubblica. Se l’abbandono scolastico non è ancora avvertito come una piaga educativa con un costo sociale importante, la “fuga” all’estero di tanti giovani diplomati o laureati lo è, sebbene il numero della prima criticità sia molto superiore a quello della seconda.
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“Con un basso numero di diplomati e laureati – dicono dalla CGIA – corriamo il pericolo di un impoverimento generale del sistema Paese e, in misura ugualmente preoccupante, di una marginalizzazione di molte persone che difficilmente potranno essere integrate attivamente nella nostra società”. “Tutti gli esperti – proseguono dall’Ufficio Studi -, sono concordi nel ritenere che la povertà educativa e la povertà economica vanno di pari passo. Le cause che determinano la “fuga” dai banchi di scuola sono principalmente culturali, sociali ed economiche: i ragazzi che provengono da ambienti socialmente svantaggiati e da famiglie con un basso livello di istruzione hanno maggiori probabilità di abbandonare la scuola prima di aver completato il percorso di studi che li porta a conseguire almeno il diploma di maturità. Va altresì segnalato che, talvolta, l’abbandono scolastico può essere causato da una insoddisfazione per l’offerta formativa disponibile”.
Nel 2020 l’Italia si è collocata al terzo posto tra i 19 paesi dell’Area Euro per abbandono scolastico tra i giovani in età compresa tra 18 e 24 anni. Solo Malta (16,7 per cento) e Spagna (16 per cento) presentano dei risultati peggiori ai nostri. La media dell’Area Euro si attesta al 10,2 per cento (quasi 3 punti in meno che da noi). Tra il 2010 e il 2020 la contrazione del fenomeno in Italia è stata di 5,5 punti percentuali, pressoché in linea con la media UE (-5,2 punti percentuali).
A livello territoriale sono le regioni del Sud a registrare i livelli più elevati di dispersione scolastica. Nel 2020, ad esempio, in Sicilia il 19,4 per cento dei giovani ha lasciato la scuola prima del conseguimento del titolo di studio di secondo grado (diploma professionale, diploma di maturità, etc.). Seguono la Campania con il 17,3 per cento e la Calabria con il 16,6 per cento. Preoccupa la situazione di quest’ultima regione che rispetto a tutte le altre è l’unica in controtendenza rispetto al dato relativo al 2010: l’abbandono scolastico in questi ultimi 10 anni, infatti, è aumentato di 0,6 punti percentuali. Abruzzo (8 per cento), Friuli Venezia Giulia (8,5 per cento), Molise (8,6 per cento) e Emilia Romagna (9,3 per cento) sono le regioni più virtuose. Nel complesso è il Nordest l’area che soffre meno di questo fenomeno sia per l’incidenza percentuale di abbandono (9,9 per cento) che per il più basso numero in termini assoluti di “uscite” premature dal mondo della scuola (-77mila).