Prosegue il nostro speciale sul report europeo. Intervista a Paolo Coppola, professore di informatica all’Università di Udine e consulente della Presidenza del Consiglio sui progetti di digitalizzazione nella PA “Abbiamo guadagnato due posizioni, ma siamo peggiorati sull’utilizzo dell’home banking, soprattutto tra i giovani”
Il digitale fa parte delle nostre vite, ma quanto riusciamo a dominarlo realmente? L’occasione della recente pubblicazione dell’Indice di digitalizzazione dell’economia e della società (DESI) 2022 ci ha offerto l’occasione per discutere con esperti, e far così luce sullo stato dell’arte; per capire dove l’Italia sta facendo passi avanti e dove invece ancora è in fase di rincorsa. Sulle competenze digitali, per fare un esempio, non siamo affatto tra i migliori. E non c’entrano le abilità nel sapere orientarsi su un foglio Excel. Per capire come veniamo valutati ci siamo fatti aiutare da Paolo Coppola, Professore di informatica presso l’Università di Udine ed esperto di digitalizzazione delle PA presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
SI: Secondo l’Indice DESI l’Italia è salita dal 20esimo al 18esimo posto in Europa per quanto riguarda la digitalizzazione. Come commenta questo risultato?
Paolo Coppola: «Il rapporto non deve essere utilizzato per auto celebrazioni. Serve a capire dove occorre concentrarsi per migliorare. In Italia abbiamo il vizio di considerare gli indicatori e le classifiche come strumenti per dire se siamo bravi o meno. Alla luce delle ultime comunicazioni della Commissione Europea, il DESI monitora l’avanzamento verso gli obiettivi posti in tema di digitale. Su alcuni punti siamo al top in Europa: mi riferisco alla fatturazione elettronica e al 5G. Anche sugli open data stiamo migliorando. Su altri reparti invece non andiamo bene».
SI: Si riferisce senz’altro alle competenze digitali. Secondo il DESI “ancor oggi oltre la metà dei cittadini italiani non dispone neppure di competenze digitali di base”.
Paolo Coppola: “Dobbiamo anzitutto capire cosa intende l’Europa con competenze digitali. Non c’entra saper usare Excel, ma utilizzare il digitale nella vita di tutti i giorni. Siamo peggiorati anche quest’anno sull’utilizzo dell’home banking, soprattutto nelle fasce giovani. Ed è una cosa preoccupante. Perché sappiamo dagli studi che c’è una correlazione tra sviluppo digitale di un paese e le attività legate a e-commerce, home banking ed e-government. Nell’internet banking i nostri ragazzi tra i 16 e i 19 anni hanno perso 3 punti percentuali. La differenza tra noi e l’Olanda è di 72 punti percentuali, un enormità”.
“Siamo peggiorati anche quest’anno sull’utilizzo dell’home banking, soprattutto nelle fasce giovani. Ed è una cosa preoccupante”
SI: Dunque durante la pandemia non abbiamo imparato nulla di più sul digitale?
Paolo Coppola: “In realtà no. C’è stato sicuramente un effetto pandemia. Le attività su cui abbiamo migliorato sono relative ai corsi online e all’acquisto online”.
SI: Nel suo libro + Digitale – Corruzione + Democrazia scrive dei passi avanti che si possono fare anche in termini di trasparenza grazie al digitale.
Paolo Coppola: “La parola chiave è digitalizzazione, ma con le competenze corrette. Nella pubblica amministrazione la digitalizzazione rischia di creare problemi se fatta male. Può generare spreco e opacità. Se invece introduce trasparenza rende tutti i comportamenti corrotti molto più complicati da realizzare. Il punto è che non basta acquistare tecnologie. Il problema più grande della PA riguarda la scarse competenze. Le politiche di assunzione non le hanno privilegiate”.
“Dato Ocse: se il livello di istruzione dell’imprenditore è medio-basso, l’impatto della digitalizzazione sulla produttività sarà basso”
SI: Tornando all’indice DESI, emerge che le PMI stanno progredendo sul digitale. Puntano molto sul cloud.
Paolo Coppola: “Ormai da quattro anni il governo punta su una strategia cloud first sulla PA e in generale. I dati riferiscono che, rispetto ai cittadini, le imprese hanno un livello di digitalizzazione più alto. Il nostro tessuto è composto da moltissime micro imprese che purtroppo non vengono rilevate. Quelle però tra i 10 ai 250 dipendenti stanno avendo buone performance. C’è un elemento fondamentale: stando all’Ocse, se il livello di istruzione dell’imprenditore è medio-basso, allora l’impatto della digitalizzazione sulla produttività sarà basso. Questo lo sappiamo dal 2008 grazie ai dati della Fondazione Bruno Kessler. Dunque occorre puntare sulla managerialità degli imprenditori”.
SI: Riprendiamo dall’Indice DESI: “Benché solo il 40 % degli utenti di internet italiani faccia ricorso ai servizi pubblici digitali (rispetto a una media UE del 65 %), tale indicatore ha registrato una crescita considerevole negli ultimi due anni (con un aumento di 10 punti percentuali tra il 2020 e il 2022)”. Comunque qualcosa è stato fatto.
Paolo Coppola: “La strategia è partita nel 2014. Osservando già all’epoca buoni livelli di presenza di servizi online, ci si era resi conto che l’utilizzo era però basso. In quegli anni pensammo che doveva servire un unico accesso. Dunque lo SPID e poi l’app IO, con un modello mobile first”.