Per il suo ultimo film sulle emozioni, la Disney-Pixar ha chiamato in causa il Greater Good Science Center dell’Università di Berkeley. Il fondatore del Centro racconta: “C’è della scienza dietro a quei personaggi”
In Italia è arrivato ufficialmente il 16 settembre, ma molte sale lo hanno programmato per questa sera. L’ultimo film della Disney Pixar si chiama Inside Out e non racconta la solita storia: i protagonisti sono le emozioni di un’adolescente che affronta un trasferimento con la famiglia dal Minnesota a San Francisco: Gioia, Tristezza, Rabbia, Disgusto, Paura. Il film rappresenta la mente umana e tutto ciò che succede quando, semplicemente, viviamo. Per realizzarlo, il regista Pete Docter (che ha già firmato Toy Story, Up!, Monsters&co) cinque anni fa ha chiamato Dacher Keltner, fondatore del Greater Good Science Center dell’Università di Berkeley, in California, dove si studiano la psicologia e lea neuroscienze. Il professore Keltner ha dato una risposta a domande del tipo: com’è la vita emotiva di una ragazzina di 11 anni? Che ruolo hanno le emozioni nel flusso di coscienza? Come influiscono sulla memoria? Rappresentare la mente e le emozioni sotto forma di personaggi non era facile. Ma a giudicare dall’enorme successo che Inside Out ha avuto nei paesi dove è stato distribuito e al Festival di Cannes, dove è stato presentato lo scorso maggio, la Pixar ci è riuscita.
L’adolescenza si porta via alcuni sentimenti
La bambina del film si chiama Riley ed ha 11 anni. “Ci sono studi secondo cui le emozioni positive diminuiscono da questa età” ha affermato lo psicologo Keltner in questo suo articolo per il New York Times. Per questo, nel film, Gioia e Tristezza, a un certo punto, si allontanano dalle altre emozioni: sembra che durante l’adolescenza la capacità di provare empatia diminuisca, e prevalga l’incertezza. La personalità di Riley è dominata da Gioia: “Ognuno di noi ha un’emozione dominante che definisce la nostra personalità” continua lo psicologo, “ma la vera protagonista del film è Tristezza, perché il film parla dell’allontanamento e della perdita” (degli amici di un tempo, e dell’infanzia).
Come si rappresentano le emozioni?
Il film rappresenta bene due aspetti della sfera emozionale. Secondo lo psicologo, in primo luogo le emozioni organizzano, invece che sconvolgere, il pensiero razionale. “Tradizionalmente si pensa che le emozioni siano nemiche della razionalità, ma la verità è che esse guidano la nostra percezione del mondo e i nostri ricordi del passato, e perfino il nostro giudizio morale rispetto a ciò che è giusto o sbagliato”. Tristezza pian piano prende il controllo della mente di Riley e influenza anche le memorie del passato: “Secondo alcuni studi, le nostre emozioni del presente influiscono anche sui ricordi passati. Questo aspetto è molto importante nel film, perché guida Riley a riconoscere i cambiamenti che sta attraversando e quindi a prepararla a sviluppare nuovi aspetti della sua identità”.
Le emozioni guidano la nostra vita sociale
“In secondo luogo le emozioni organizzano la nostra vita sociale. Le emozioni strutturano le nostre relazioni interpersonali, come l’attaccamento tra genitori e figli o la concorrenza tra rivali”. E, indovinate un po? A smuovere le coscienze, a provocare le rivolte collettive per rimediare alle ingiustizie non sarebbe il senso morale, bensì la rabbia: quando siamo arrabbiati siamo più sensibili rispetto ai torti che ci vengono fatti, e la rabbia ci spinge a compiere azioni per cambiare le cose. La Tristezza, spesso considerata per aspetti come l’inattività e la passività, è in realtà il motore che unisce le persone che stanno rispondendo a una perdita: sarà lei a far tornare Riley dai suoi genitori. “Inside Out offre un nuovo approccio alla Tristezza – conclude Keltner – è lei che chiarifica, che fa capire cosa è andato perduto (in questo caso l’infanzia) e che muove tutta la famiglia verso nuove identità”.
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