Negli Usa si è aperto un dibattito sui test standardizzati, avviato da una lettera aperta che il presidente Barack Obama ha rivolto a genitori e insegnanti
“Quando mi soffermo a riflettere sui grandi maestri che hanno contribuito a formare la mia vita, ciò che rammento non è il modo in cui mi abbiano preparato ad affrontare un test standardizzato. Ciò che rammento è i modo in cui mi hanno insegnato a credere in me stesso”. Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama in un video pubblicato sul profilo Facebook della Casa Bianca lancia una lettera aperta a genitori, studenti e insegnanti. Nel suo appello, il Presidente invita a riflettere sui test standardizzati, e annuncia che il Governo si assumerà le proprie responsabilità per cambiare i test e farli diventare migliori. Gli studenti passano dalle 20 alle 25 ore per anno scolastico facendo i test standardizzati, secondo uno studio sui 66 distretti più importanti della nazione che è stato pubblicato sabato dal Council of Great City School. Ma non si sa quante lezioni gli studenti impieghino a preparare questi test, che sono diventati obbligatori a partire dalla terza classe, nell’era di George W.Bush e della sua legge “No Child Left Behind” e che costituiscono un punto critico nel dibattito nel Common Core degli standard accademici. «L’apprendimento è qualcosa di più che riempire la casella giusta. Quindi lavoreremo con gli Stati, i distretti scolastici, gli insegnanti e i genitori per assicurarci che non diventino un’ossessione», ha detto Obama.
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Tenere i test o no?
In totale, tra la pre-K e il 12esimo grado di scuola, gli alunni fanno circa 112 test standard, secondo quanto riporta il Council of Great City School per il quale fare test corrisponde a circa il 2-3% del tempo in classe in media nell’ottava classe. «Quanto sia il tempo considerato “troppo” è difficile da dire», ha detto Michael Casserly, il direttore esecutivo del Council of Great City School. Obama chiaramente non potrà forzare gli Stati e i distretti scolastici a limitare i test, proposta che ha costernato genitori e insegnanti. Ma il presidente degli Stati Uniti ha fatto sì che il dipartimento dell’Istruzione possa semplificare, per gli Stati, il processo di soddisfacimento dei test e ha esortato gli Stati e distretti ad utilizzare fattori che vadano al di là di test per valutare il rendimento degli studenti. L’amministrazione Obama ha detto comunque di voler supportare ancora i test standardizzati come strumento di valutazione necessaria e non dà segnali circa la volontà di volerli cancellare del tutto. Sia la Camera che il Senato hanno aggiornato la legge “No Child Left Behind” grazie a cui si preserverebbero gli esami di fine anno di matematica e di lettura. Tuttavia la versione della Camera ne sminuirebbe il significato nel caso in cui si tratti di scuole paritarie. La legislazione è quindi in un limbo: i negoziatori di Camera e Senato stanno cercando di capire come conciliare le due versioni.
Verifiche più creative e meno ridondanti
I funzionari dell’amministrazione hanno detto che in molti casi i test sono ridondanti, poco in linea con i curricula o, più semplicemente, eccessivi. Hanno anche detto che l’Amministrazione sostiene le proposte legislative che vogliono limitare i test a livello federale, ma hanno voluto offrire agli Stati un modello di riduzione nel caso in cui l’azione del Congresso fosse assente. Secondo Cecilia Munoz, la direttrice del White House Domestic Policy Council, «ci sono molti test e non semepre sono utili. Nel caso peggiore, possono minare la gioia e il divertimento in classe sia per gli studenti che per gli insegnanti». Casserly ha anche ricordato che il suo gruppo ha trovato esempi della ridondanza dei test che potrebbe essere eliminata a favore di lezioni più istruttive. Per esempio, alcuni Stati e distretti scolastici chiedevano sia test di fine anno sia test di fine corso nella stessa materia e nella stessa classe. Per facilitare l’onere di prova, l’amministrazione ragguaglierà gli Stati con delle linee guida grazie a cui gli stessi Stati potranno soddisfare i test federali con un tempo minore e in modi più creativi, tra cui le rinunce al “No Child Left Behind” che il Dipartimento dell’Istruzione ha prontamento distribuito.
Solo l’1% rinuncia ai test standardizzati
I test standardizzati sono al centro del dibattito nazionale per il ruolo che i governi federali ricoprono nelle scuole locali. E centrale nel dibattito è il Common Core, un set di standard accademici universali e preparatori all’università fatti per la lettura e la matematica e sviluppati dai funzionari di Stato che si occupano di istruzione. Il governo federale non richiede il Common Core, ma l’amministrazione l’ha sostenuto con incentivi: circa 12milioni di studenti la scorsa primavera hanno sostenuto test basati sui curricula. Il sindacato degli insegnanti hanno lottato a lungo contro un test unico adatto a tutti gli studenti e che fosse collegato alle valutazioni che gli insegnanti davano di loro. Secondo un sondaggio di Gallup Poll, il 63% dei genitori che ha figli nelle scuole pubbliche è contrario a collegare le valutazioni degli insegnanti ai risultati dei loro studenti. Nella relazione del Council of Great City School si legge anche che la maggior parte dei test viene fatto tra l’ottava e la decima classe. Il numero minore viene fatto nella pre-K, nella scuola materna e in quella di primo grado. Quattro distretti su dieci dichiarano di dover aspettare tra i 2 e i 4 mesi prima di avere i risultati. Infine, in alcune aree del paese un numero considerevole di studenti rinuncia ai test standardizzati. Ma il tasso globale di chi rinuncia a farli è solitamente inferiore all’1%.