Polemiche sul destino dei dispositivi. Forma e specifiche non sembrano adatti all’uso didattico: i primi esperimenti sul campo non sembrano lasciare ampi margini di miglioramento
I tablet di Roberto Maroni, che dovevano (dovrebbero) finire alle scuole dopo il referendum sull’autonomia della Lombardia (insieme a quello tenuto in Veneto) dello scorso 22 ottobre, vivono un destino incerto. Ne sono stati acquistati ben 24.400 con un esborso per le casse regionali di 23 milioni di euro. Niente paura, aveva assicurato il governatore Maroni, li doneremo alle scuole. Qualcun altro aveva addirittura suggerito di offrirli alle forze dell’ordine. L’acquisto è “un investimento, non una spesa, perché i tablet poi rimangono in dotazione alle scuole come strumento didattico” aveva detto il governatore. Trascorsi 4 mesi dal referendum, quale futuro per questi dispositivi?
Di cosa si tratta
Quei VIU-800 di Smartmatic non sono tablet di formato tradizionale. Sono pesanti (oltre 2 chili) e di fatto non sono portabili, è impensabile utilizzare tali dispositivi in mobilità per l’istituto, magari per delle lezioni in classe. Difficile anche affidarli da portare a casa, visto che hanno una forma particolare: sono degli “identity management device”, così li definisce la società che li produce. Avete presente quei dispositivi che utilizziamo in banca per firmare, negli uffici per prendere i biglietti o prenotare un turno oppure appunto come “voting machine”, macchine da voto con lettore d’impronta digitale e identificazione video? Ecco, quella roba lì.
Le specifiche tecniche
Montano un processore Soc Z8350, paragonabile (l’ha spiegato Francesco Fumelli dell’Isia di Firenze a Motherboard) a uno Snapdragon 801. Una chip del 2014 con cui erano equipaggiati smartphone del livello dell’LG G3, del Motorola Moto X, del Sony Xperia Z3 o dell’One Plus One. Un ottimo processore, sì, ma appunto quattro anni fa. Che nel mondo della tecnologia sono un’eternità. Anche il touchscreen non è eccezionale, e comunque non paragonabile a quello delle più diffuse tavolette, senza contare la poca chiarezza sul sistema operativo. Per il Fatto monterebbero Ubuntu, non proprio il massimo in termini di compatibilità con licenze e software in mano agli istituti, oltre tutto programmato sulle necessità di una procedura elettorale.
Lo spazio per riconfigurare quei dispositivi con un “sistema operativo commerciale” ci sarebbe, è previsto dal bando di fornitura che Smartmatic si era aggiudicata tre anni fa. Ma non pare che sia stato fatto. Almeno non con i primi pezzi distribuiti. Nel frattempo, infatti, una sessantina di scuole della regione ha già ricevuto 1.500 di questi dispositivi: “Una prima distribuzione sperimentale” ha detto Maroni. Da febbraio dovrebbe andare via il grosso, intorno ai 20mila pezzi. Quattromila rimarranno invece a Palazzo Lombardia per eventuali altri usi consultivi ed elettorali.
L’operazione però al momento sta mostrando il fianco alle polemiche: “La Lega ha fatto credere ai cittadini che fossero un investimento per le scuole, peccato che pesino 2 chili, siano lente, con sistema operativo Ubuntu e touchscreen arretrato, che adesso non vuole nessuno” ha detto Pietro Bussolati, capolista PD alle elezioni regionali. Giornalisti del settore, compreso Roberto Pezzali su DDay.it, avevano spiegato fin dalla scorsa estate come questi dispositivi non avrebbero avuto vita facile nelle scuole. Non era un problema del dispositivo, ideale per l’uso per il quale è stato acquistato, ma della sua rigidità hardware e software: “Quella della riconversione è infatti la parte che ha sollevato più richieste di chiarimenti prima dell’approvazione delle regole della gara: quali sono le caratteristiche che saranno operative sui dispositivi che verranno consegnati alla Regione dopo le elezioni? Ci saranno WiFi, Bluetooth e un collegamento per cuffiette e microfono come su un normale tablet commerciale?” si chiedeva il giornalista diversi mesi fa.
Sempre su DDay.it si spiegava mesi come fosse “probabile che molte funzionalità non ci saranno: queste tipologie di apparecchi sono pensati per essere blindati e sicuri contro eventuali accessi esterni, e non a caso la scheda di rete è un modulo particolare che viene disattivato durante le operazioni di voto. Le 24mila voting machine resteranno in comodato alle scuole sedi di seggio come ha annunciato Roberto Maroni, ma è davvero difficile che una scuola le possa trasformare in strumenti utili dal punto di vista didattico”.
Paradossalmente, sarebbe stato – e ancora forse dalla Regione sarebbero ancora in tempo per farlo – più sensato tenerle a disposizione per almeno una o due tornate elettorali regionali future, compito che avrebbero svolto egregiamente, invece di rivenderle ancora prima del referendum come strumenti per i bambini e i ragazzi.