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Tutto parte da paradossi come questi: le città – registrano le statistiche – sono diventate globalmente più sicure, eppure le donne le percepiscono sempre pericolose. E poi: i crimini connessi fuori dalle case colpiscono in maniera maggiore gli uomini, eppure sono le donne ad avere paura ad andare fuori la sera. Perché? Perché resiste nelle donne questo gigantesco paradosso percettivo che limita in maniera enorme la libertà di uscire, camminare per le strade la sera tardi, vivere la città come farebbe un uomo? Ovvero, anche nelle ore del buio, e magari da sole, senza guardarsi alle spalle, senza allarmarsi all’avvicinarsi di passi o al fermarsi di una macchina, allungando, allora, la falcata, stringendo tra le mani le chiavi come armi. 

Non vestirti così, se sai che rientri tardi!

Questa sensazione fissa di vulnerabilità e pericolo imminente è, al fondo, frutto di una visione molto radicata, una visione che associa le donne al dentro della casa e della vita domestica, piuttosto che al fuori della città e della vita pubblica. Si tratta, insomma, di una costruzione sociale, culturale, educativa interiorizzata sin da piccole (Fatti accompagnare!, Non vestirti così se sai che rientri tardi! Evita quella strada, che non si sa mai…detto molto più alle ragazze che ai ragazzi): per conseguenza, ecco la percezione della dimensione domestica come sicura e, invece, quella pubblica come insidiosa, minacciosa, imprevedibile, che continua ad alimentare modelli e ruoli di genere tradizionali. A sostenerlo sono le autrici di un interessante e a tratti davvero sorprendente saggio sull’urbanistica di genere che si chiama Libere, non coraggiose. Le donne e la paura nello spazio pubblico (Lettera Ventidue), in cui rivendicano che abitare lo spazio pubblico, specie di notte, deve essere un’espressione di libertà e non un atto di coraggio e che voler generare strade, piazze, giardini come spazi sicuri e da godere liberamente, anziché da sentire come trappole, deve rientrare tra le sfide della pianificazione urbanistica. Azzurra Muzzonigro, PhD in Studi Urbani, architetta, curatrice e ricercatrice urbana indipendente, e Florencia Andreola, ricercatrice indipendente e PhD in Storia dell’Architettura, ripercorrono gli studi, le ricerche, le sperimentazioni condotte negli ultimi quarant’anni a livello internazionale e propongono, oltre a un profondo cambiamento culturale, un approccio all’urbanistica che tenga conto dello sguardo e delle necessità delle donne e delle altre soggettività non maschili (insieme, Andreola e Muzzonigro hanno fondato l’associazione di promozione sociale Sex & the City sull’urbanistica di genere e sono co-autrici del saggio Milano, atlante di genere).

libere non coraggiose

Vienna, che da trent’anni pensa come una donna

Le due autrici approfondiscono alcune pratiche progettuali internazionali nate negli anni Settanta per prevenire il crimine, vedi  CPTED (Crime Prevention through Urban Design) e la normativa CEN 14383-2, tuttora utilizzate, ma prendono a riferimento soprattutto Vienna e poi Barcellona e New York, così come Genova e Bologna per esplorare i metodi e le progettualità più attuali e innovative, che già hanno dimostrato di saper rendere lo spazio pubblico più sicuro e accogliente per le donne o lo stanno facendo. Statistiche, interviste, testimonianze dirette di chi già amministra o progetta con uno sguardo di genere raccontano, nel saggio, di città partecipative, in cui la pianificazione nasce dall’ascolto sistematico di cittadine e cittadini (Vienna lo fa puntualmente da trent’anni), città dove gli spazi pubblici sono pensati per incoraggiare le persone ad andare proprio lì poiché è la presenza di altre persone a generare sicurezza, dove i giardini attraggono gruppi eterogeni per età e genere che li vivono a tutte le ore, dove l’illuminazione è sempre una scelta strategica, i camminamenti pedonali sicuri perché in vista, le fermate dei mezzi pubblici animate da bar e negozi che restano aperti fino a tardi. E soprattutto dove un lavoro di progettazione minuziosa misura gli impatti che ogni decisione comporta sugli uomini e sulle donne, perché l’ha ormai capito chiunque che uomini e donne hanno modalità molto diverse di vivere le città e di percepirle.  

Passeggiate esplorative, nella Milano notturna

Un capitolo intero, poi, l’ultimo, si focalizza sulla città di Milano. Milano in balia del crimine o Milano all’avanguardia della progettualità per costruire sicurezza, reale e percepita? Dentro il racconto che fa Libere, non coraggiose è interessante soffermarsi sulla metodologia delle Camminate esplorative, camminate tra donne che vengono compiute in aree percepite dalle residenti come difficili, poco vive, dunque pericolose, per sperimentare insieme, in maniera concreta, una per una, tutte le criticità. L’obiettivo è, poi, proporre ai decisori soluzioni concrete, dentro una più ampia riflessione urbanistica che consideri che non è coraggio che serve, ma una nuova normalità, perché non si dovrebbe osare per uscire la sera, ma semplicemente farlo. 

Foto in alto: Azzurra Muzzonigro e Florencia Andreola ©Stefano Anzini