Cosa ci sarà nel frigo del futuro? Tutte primizie da laboratorio come latte vegano, bistecche in vitro e, perché no, arachidi ipoallergeniche
Cosa mangeremo fra un secolo? L’uomo, curioso fin dal fattaccio della mela e del serpente, non può fare a meno di chiederselo. Ecco cosa bolle in pentola (anche se i tempi di cottura appaiono forzatamente lunghi).
Preferite alghe o meduse?
Intervistato dal Guardian, il giornalista gastronomico Stefan Gates si è dichiarato sicuro che, in un futuro non troppo remoto, le tanto odiate meduse entreranno di diritto nella nostra alimentazione. In Cina, come in altri Paesi, del resto già le mangiano. «Sono una risorsa sottovalutata: povere di calorie e dalla particolare costituzione, potrebbero rappresentare un ingrediente unico ed eccellente». E, chiudendo l’intervento, si è lamentato del poco dinamismo della cucina odierna: «Tendiamo a essere mono-culinari, a mangiare sempre le stesse cose: il cibo dev’essere anche una scoperta, un’avventura».
Sempre dal mare arriva un altro ingrediente che, in verità, fa già parte della nostra cucina, perlomeno nella sua ramificazione vegana. Ricche di vitamine, proteine e Sali minerali, le alghe sono diventate terra di conquista per molte startup europee del food, come la francese Algama, seriamente intenzionata a portarle nella grande distribuzione, sotto forma di salutari bevande e snack sfiziosi.
Primizie di laboratorio
Arachidi scevre da allergie di sorta, formaggio vegano e carne in vitro: gli chef si tolgono i grembiuli e passano ai camici. E, cosa più importante, fanno tutti parte di diverse startup. La canadese Aranex Biotech, per esempio si occupa di noccioline e simili: inserendo un sistema di modifica dei genomi detto Crispr-Cas9 all’interno delle cellule di una pianta riescono a “disattivare” gli allergeni delle arachidi. Il risultati, assicurano, fanno ben sperare, anche se il processo rimane inevitabilmente lungo.
La Modern Agricultural Foundation lavora invece per scongiurare il rischio che nuove pandemie tra gli animali possano mettere in pericolo la food security. Come? Coltivando la carne in vitro, tra le mura del laboratorio. Non è l’unico caso di carne artificiale, ne avevamo già parlato qui e qui, ma insieme alla startup americana Modern Meadow si tratta di uno di quelli che fanno ben sperare per questo settore. Del resto il primo hamburger proveniente da cellule staminali bovine è già stato prodotto due anni fa, in Olanda, alla Maastricht University. Peccato solo per il prezzo proibitivo: più di quattrocentomila dollari.
Se la carne non rientra nella vostra dieta, invece, non disperate, a San Francisco c’è comunque chi lavora per voi. Si tratta di Patrik D’haeseleer della Real Vegan Cheese, il cui scopo è, manco a dirlo, uno soltanto: estromettere le mucche dalla produzione del formaggio. In modo simile operano altre due startup, Muufri e Clara Foods, concentrate sul produrre latte e uova interamente vegane. Per far ciò lavorano sul lievito di birra, modificandolo geneticamente e rendendolo un produttore di caseina e albumina.
È il caso di dirlo: molta è la carne, artificiale al fuoco. Spese e tempi di realizzazione non sembrano comunque preoccupare le startup in gioco, non più, almeno, di quanto lo faccia il capire come comunicare al grande pubblico la bontà dei propri risultati e del prodotto finito.