Per l’Agenzia spaziale brasiliana, da gennaio a oggi divampati 72mila incendi nella giungla. A circa 3mila chilometri di distanza, San Paolo avvolta dal fumo. I social si mobilitano con #PrayforAmazonia. Schierato anche Leonardo DiCaprio
Non è certo una novità che l’Amazzonia sia a rischio deforestazione. Soprattutto da quando al Palácio do Planalto si è insediato il contestato presidente Jair Bolsonaro, più attento allo sviluppo economico che alla conservazione dell’ecosistema. Ma che questa volta gli incendi che stanno erodendo il polmone verde del pianeta siano più gravi degli allarmi ormai ciclici, bollati dal governo come “propagandistici”, delle associazioni ambientaliste lo hanno capito anche a migliaia di chilometri dalla giungla sudamericana, quando nella metropoli di San Paolo sono scese le tenebre in pieno giorno.
Tenebre in pieno giorno su San Paolo
Nella Região Metropolitana di San Paolo vivono 20 milioni di persone: su di loro nelle ultime ore sono piombate le tenebre, come durante una eclissi. La causa? Il denso fumo degli incendi che stanno divampando in Amazzonia, capace di oscurare persino il sole.
Un fatto già di per sé preoccupante, ma che è ancora più spaventoso se si pensa che San Paolo, situata su un altopiano della catena Serra do Mar che affaccia sull’Oceano Atlantico, dista miglia di chilometri (circa 3mila) dal fronte degli incendi in Amazzonia. Eppure, i venti hanno portato il miasma della foresta che muore sul cuore economico del Paese. Risultato? Traffico in tilt e luci pubbliche accese in pieno giorno.
Cosa sta succedendo in Amazzonia?
Secondo quanto riporta l’Agenzia spaziale brasiliana (Inpe), molto attiva nel monitorare l’avanzamento della deforestazione, da gennaio a oggi sono stati ben 72mila gli incendi divampati in seno all’Amazzonia. Di questi, circa 10mila (9.500) scoppiati solo nell’ultima settimana.
Un dato che porta l’incremento rispetto allo scorso anno a + 84% e segna un nuovo record negativo dal 2013 a oggi, quando iniziarono le rivelazioni sullo stato di salute dell’Amazzonia.
Le mappe della deforestazione
L’Agenzia spaziale brasiliana, con il progetto TerraBrasilis, mette a disposizione una lunga serie di dati e di mappe interattive utili a comprendere la gravità del fenomeno. Una attenzione che al nuovo governo non sarebbe piaciuta.
Si sospetta infatti che sia stato questo il vero motivo che ha portato al licenziamento del responsabile dell’Inpe, Ricardo Galvao che aveva anche accusato il presidente di atteggiamenti poco seri, «come se si trovasse in un bar».
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Bolsonaro aveva criticato la decisione dell’Agenzia di pubblicare i dati sull’avanzata della deforestazione con parole inequivocabili. Per il presidente si tratta infatti dell’opera di «cattivi brasiliani che lanciano campagne contro l’Amazzonia con numeri falsi». Il presidente aveva poi aggiunto che si sarebbe impegnato a «proteggere l’Amazzonia, ma anche a sfruttarla in modo sostenibile».
Bolsonaro: “Chiamatemi Nerone”
Proprio le politiche di Bolsonaro hanno permesso alla deforestazione di riprendere a correre, consentendo agli agricoltori e agli allevatori di procedere con un disboscamento selvaggio. Si tratta della queimada, la pratica agricola di preparare terreno fresco a nuove coltivazioni e che anno dopo anno minaccia il cuore della giungla. Secondo gli ultimi dati divulgati prima che sull’Agenzia calasse la scure censoria del Capo di Stato, soltanto lo scorso mese in Amazzonia sono stati rasi al suolo 2.253 chilometri quadrati di giungla vergine. Il 67% in più rispetto al 2018.
Il presidente Jair Bolsonaro
E a chi lo accusa di essere responsabile degli incendi, Bolsonaro ha replicato con una battuta che agli ambientalisti non è andata giù: «Prima mi chiamavate “Capitan Motosega” [per la sua volontà di sfruttare l’Amazzonia. NdR], ora chiamatemi pure Nerone».
“De capitão motosserra agora sou o Nero, neh? Tacando fogo em tudo!”#AmazoniaSemONG
Segundo “especialistas” formados na facu do PSOL e #globolixo, a fumaça viajou 3 mil Km e atingiu os céus de Sp, através da tubulação instalada nas nuvens pelo governo Bolsonaro. ???? pic.twitter.com/xYEyQLOBba— Pathy ???????? Mito, meu malvado favorito! 2° perfil (@pathy_ngy) August 22, 2019
Nel video allegato al Tweet, la battuta incriminata
La mobilitazione social: #PrayforAmazonia
E se prima dell’oscuramento di San Paolo i media brasiliani non avevano dato risalto all’emergenza incendi, in queste ore si sta invece registrando una vera e propria mobilitazione social, via Twitter e Instagram, sulle ali dell’hashtag #PrayforAmazonia e di una foto straziante ricorrente (che abbiamo preferito non pubblicare): l’immagine di una scimmietta che sembra piangere la morte di un cucciolo che stringe tra le zampe.
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Sono numerose le star del mondo della televisione e del cinema che si stanno schierando contro Bolsonaro. Capofila Leonardo DiCaprio, sempre molto sensibile alle tematiche ambientali. Il divo di Hollywood ha espresso via social un durissimo j’accuse nei confronti dell’indifferenza mediatica.
Greenpeace: estrazioni minerarie le vere colpevoli
Greenpeace pone l’accento sul ruolo dei garimpeiros, ovvero dei cercatori d’oro, particolarmente spregiudicati soprattutto quando i filoni aurei portano nei terreni occupati dalle tribù primitive che ancora abitano l’Amazzonia. L’associazione difatti soltanto pochi giorni fa denunciava una irruzione armata compiuta da un commando nella terra indigena del popolo Wajãpi, nello stato di Amapá, nel nord del Brasile.
L’assassinio del capo villaggio, Emyra Waiãpa, aveva messo in fuga l’intera tribù che si era riparata in un villaggio vicino, attaccato però dagli stessi uomini dopo pochi giorni. «Sono migliaia – scrivevano gli attivisti – gli indigeni che rischiano di perdere la vita a causa dell’accaparramento delle terre, persone che rischiano la vita perché i loro territori ancestrali coincidono con aree di foresta che l’agribusiness vorrebbe convertire in monocolture e allevamenti, oppure appetibili perchè ricche di legname pregiato, minerali e metalli preziosi».
«L’attuale governo brasiliano – attaccava Greenpeace – sembra sposare questa visione delle foreste come dei fornitissimi discount dai quali prelevare tutto ciò che si desidera senza alcun criterio tranne quello del profitto. Oltre a minimizzare le preoccupazioni ambientali minacciando di abbandonare gli impegni presi con l’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici, oltre ad indebolire l’ente preposto agli affari indigeni (FUNAI), il presidente brasiliano Jair Bolsonaro ha promesso in numerose occasioni di aprire a società straniere le aree protette del Paese per permetterne lo sfruttamento».
Perché è importante l’Amazzonia
Come spiega il WWF, l’Amazzonia è la casa di 40.000 specie vegetali, 5.000 specie animali e 30 milioni di persone. Una “casa” più grande dell’intera Europa: 650 milioni di ettari di verde, con una diversità biologica animale e vegetale superiore a quella di qualsiasi altro luogo della Terra.
Ogni anno 1 milione e 600 mila ettari di foresta amazzonica vengono distrutti, erodendo quello che l’associazione ambientalista definisce «un patrimonio che sarà impossibile ricreare».