Se non hai più un posto nel mondo, puoi pensare di trovarlo dentro le linee bianche di un campetto di rubgy e lì, sull’erba, disegnare quelle traiettorie e quegli schemi netti che non ti sono riusciti nella vita. Perché quando ti ritrovi chiuso dentro un carcere, non c’è come giocare a farsi scivolare una palla tra le mani per sentirsi ancora una parte del tutto. Carcere minorile Beccaria di Milano: gli occhi blu di Diego Domínguez, icona del rugby italiano e internazionale elevata a mito vero tra questi muri, sorvolano il campo di rugby su cui una quindicina di ragazzi reclusi stanno montando e rimontando gli schemi imparati da lui nella settimana del Gruppo Mediobanca Sport Camp, sesta edizione, progetto nato per facilitare il reinserimento sociale dei giovani detenuti proprio attraverso la pratica dello sport e di tutti i suoi valori. Insieme ai ragazzi corrono, cadono, scartano diversi volontari e dipendenti del gruppo, venuti al Beccaria a vivere un’esperienza che fuori dai cancelli non riuscivano in nessun modo a immaginare.
«E invece qui sto trovando un’energia incredibile. E un’esperienza umana fortissima», racconta Marcello, volontario del Gruppo. «Tutto accade con grande naturalezza, e ho la sensazione di giocare una delle tante partite che da ragazzi si giocava, scatenati, all’oratorio».
Il carisma di un campione
Diego Domínguez è da sempre il motore dello Sport Camp, promosso da Mediobanca in collaborazione con il CUS Milano Rugby. Lo guida con il carisma intatto del campione che è stato: è lui che carica gli svogliati, placa gli arrabbiati, motiva, contiene, incalza, sa aspettare che quanti si defilano dal campo vi facciano ritorno, da soli, seguendo rotte interiori tutte loro. «Inevitabilmente, qui l’umore dei ragazzi vive picchi e cadute incredibili. Basta un evento che per noi sarebbe da poco, vedi la telefonata della propria ragazza attesa e non arrivata, a fare precipitare improvvisamente nel buio una giornata magari cominciata benino». Gli appagamenti provvisori e il dolore del carcere.
“Qui un pallone fa parlare ragazzi che prima neanche si rivolgevano la parola”.
Il tempo dilatato e sempre sospeso che si soffre qui, come dirà dopo Fabrizio Rinaldi, Direttore della Casa Circondariale di Como e anche del Beccaria. «Poi metti in campo un pallone e succedono miracoli. Qui un pallone fa parlare ragazzi che prima neanche si rivolgevano la parola, perché se sei nella stessa squadra ti devi parlare per forza, sei obbligato a prevedere che razza di mossa voglia fare il tuo compagno. Ti devi necessariamente capire. Mettici, poi, che il rugby è uno sport di contatto diretto: bene o male, l’altro ti riguarda sempre. Nella mia vita, devo al rugby i miei rapporti più tenaci: in Argentina, ho giocato a rugby sin da ragazzino e oggi posso dire che gli amici a cui mi sento più legato sono quelli con cui ho cominciato la mia carriera di rugbista. Aggiungo: nel rugby, il pallone è un dono, il passaggio è un regalo che si offre al compagno, quando il passaggio è bello e fatto al meglio, è fatto anche il bene della squadra. Tutto questo rende il rugby uno sport straordinario, che educa, previene, contiene, integra. Domani, a chiusura del Camp, organizzeremo una gran festa, ci saranno tornei e musica, e scenderanno in campo anche gli agenti e le squadre che non si sono mai incontrate finalmente lo faranno».
“Nel rugby, il pallone è un dono, il passaggio è un regalo che si offre al compagno”.
Già, perché lo Sport Camp non vive certo solo di questa sorta di anti-calcio che è il rugby e, del resto, si sa che il pallone, ogni pallone, è capace di bucare le durezze e liberare tutti: così, nella settimana del progetto, due allenatori delle giovanili dell’Inter hanno generato match di calcio nel piccolo campo in tartan abbracciato dai murales e altri si sono occupati del basket (nelle passate edizioni, la corsia scavata accanto al campo di rugby ha richiamato al Beccaria il nuotatore paralimpico pluricampione del mondo Federico Morlacchi).
Quattro parole simbolo
Racconta Domínguez: «Arrivato qui, a inizio settimana, ho assegnato alla trentina di ragazzi che avrebbero preso parte al Camp, così come ai volontari quattro parole simbolo: disciplina, solidarietà, rispetto, costanza. Quindi ho detto a tutti: sono le nostre bussole, usiamole ogni giorno, diamo tutti il cento per cento e facciamo di questa settimana qualcosa che ricorderemo tutta la vita!». Nicola, giovanissimo universitario della Warwick University, Inghilterra, a Mediobanca per uno stage, è coetaneo di molti dei ragazzi reclusi: «Ammetto che prima di entrare qui dentro avevo molti interrogativi ed ero spaventato: abbiamo un po’ tutti la visione delle prigioni come luoghi di guerra. Invece, ho visto rompersi gli stereotipi e credo sia dovuto a questa cosa incredibile che si chiama sport. Ci piacerebbe venire qui e parlare di etica: poi vedi lo sport trasmettere regole, ruoli, valori in maniera chiara e diretta e hai la prova che funziona in maniera incredibile».
Sono 41 in tutto i ragazzi in questo momento al Beccaria, tanti sono i baby detenuti, uno è entrato la penultima giornata del Camp, i più grandi hanno al massimo 24 anni, la maggioranza è qui per rapina e spaccio di droga. «Questo progetto è per noi particolarmente importante: i ragazzi hanno bisogno dell’esperienza educativa e di crescita che sa dare lo sport di squadra. Attraverso lo sport, in particolare, apprendono in maniera più immediata la necessità di rispettare le regole e imparano a sentirsi gruppo secondo principi sani», dice il direttore, Fabrizio Rinaldi. L’obiettivo, qui, è responsabilizzare, fare nascere una nuova consapevolezza, dare strumenti per tornare nel mondo in modo nuovo e con speranza.
“I ragazzi hanno bisogno dell’esperienza educativa e di crescita che sa dare lo sport di squadra”.
«Noi cerchiamo di costruire opportunità. I ragazzi si dedicano alla formazione scolastica, ai percorsi di avviamento al mondo del lavoro, ad attività culturali: per esempio, alcuni partecipano al laboratorio di panificazione Buoni Dentro, altri seguono i percorsi di formazione in produzione e cablaggio di quadri elettrici della Cooperativa sociale CiDiEsse, altri ancora prendono parte ai corsi teatrali dell’associazione Puntozero, che produce spettacoli. L’attività fisica è cruciale e lo Sport Camp di Mediobanca in collaborazione con CUS Milano Rugby è ormai diventato un appuntamento fondamentale: in un luogo come il carcere dove il tempo è dilatatissimo, Diego Domínguez e la sua incredibile energia rompono gli schemi».