Hanno carisma da vendere, ironia, freschezza, spesso irriverenza e antagonismo, attraverso i quali stanno generando una prospettiva completamente nuova sulla disabilità. Attiviste e attivisti di primissima linea, sono oggi anche columnist in magazine di successo, speaker alla radio, autrici e autori di podcast, interpreti di serie tv ma, soprattutto, sono voci, corpi, parole – sempre non omologate, spesso scomode – che dai social smascherano visioni sulla disabilità piene di stereotipi, retorica, luoghi comuni, discriminazioni.
Marina Cuollo
Missione: non stare mai dove si mettono tutti. Occhialoni neri alla Edna Mode, lingua affilata, battuta sempre carica, fa letteralmente a fette la rappresentazione pietistica della disabilità a cui siamo abituati/e. È parola vivente – lei stessa si definisce umorista e scribacchina molesta – e va seguita sui suoi social perché smaschera uno a uno, e con una chiarezza accecante, tutti gli stereotipi sulla disabilità che ci intrappolano. Comunicatrice istrionica, scrittrice, speaker radiofonica, autrice di podcast e di due libri di buon successo – Viola e A Disabilandia si tromba – sta dimostrando, una parola alla volta, che la disabilità non è in lei, ma fuori di lei: è l’ambiente che crea la disabilità, quando costruisce barriere fisiche e culturali, quando si imbarazza di chi non è conforme, ma anche quando si convince che se si è disabili non si può essere felici. Con la voce e la presenza carismatica che ha, è diventata ormai il faro di una comunità che ha sempre più voglia di farsi sentire, vedere e riconoscere.
Simone Riflesso
Attivista queer, parla di abilismo in un’ottica intersezionale, ovvero leggendo tutte le forme di esclusione come intrecciate tra loro. Convinto che anche la comunità LGBTQIA+ non favorisca le connessioni con le persone disabili, ha lanciato Sonda Pride, il primo progetto per mappare l’accessibilità e l’inclusione della disabilità agli eventi Pride. Ne è uscito un brainstorming collaborativo e, poi, le linee per rendere ogni parata dell’orgoglio di tutti, ma di tutti per davvero. «I dati», dice, «possono guidarci verso il cambiamento necessario». Lui va incontro alla nuova era possibile pronunciando il mantra “Nulla su di noi senza di noi!”.
Chiara Bordi
Attrice, modella, a 18 anni sfila con la protesi a Miss Italia e accende un caso mediatico. Nasce per davvero in tv quando interpreta il bel personaggio di Carola in Prisma, il young drama di Prime Video che attraversa le fluidità e le transizioni della generazione Zeta e dove anche lei è centomila esseri diversi – disabile compresa -, continuando a cercare se stessa (seconda stagione in arrivo, per i/le fan della serie). Nel frattempo Chiara Bordi è stata una de I fantastici 5 per Canale 5, dove Raoul Bova ha allenato un team paralimpico: la serie è piaciuta sì e no, ma resta il fatto che cominciare a rappresentare in tv chi fino a oggi ne è stato sempre escluso significa cominciare a farlo esistere agli occhi di chi non ha tanta voglia di vedere. Oggi è la founder di Bionic People, una non profit che con 40 testimonial bionici – in gran parte atleti con protesi artificiali – gira scuole e aziende per incoraggiare chi è disabile e chi non lo è a non mollare mai perché, in fondo, portare una protesi non è la fine del mondo, ma un modo diverso di attraversarlo.
Iacopo Melio
«Io non sono la mia carrozzina, così come nessuno sarà mai il suo paio di scarpe. Ognuno di noi è le proprie abilità, non le proprie difficoltà». Fondatore della Onlus Vorrei prendere il treno, che sensibilizza sull’inclusione e l’abbattimento delle barriere, insignito dal Presidente Mattarella del titolo di Cavaliere della Repubblica per il suo impegno a favore dei diritti umani e civili, oggi consigliere della Regione Toscana, è anche l’autore del manuale sulla comunicazione inclusiva È facile parlare di disabilità (se sai davvero come farlo). Iacopo Melio punta sul potere rivoluzionario che sprigionano le parole: quando cambiamo il modo di chiamare qualcosa, quel qualcosa cambia e, dunque, se parliamo nel modo giusto di disabilità cambiamo il modo in cui la viviamo e la guardiamo. Per esempio, invita ad associare alla disabilità la parola normalità. Dice: «Quando inizieremo a vedere un disabile come una persona ordinaria, anziché speciale, sarà una grande conquista per la società».
Simone Barlaam
In attesa di goderci i Giochi Paralimpici di Parigi 2024, godiamoci le vittorie a cascata di questo atleta oramai fuoriclasse planetario, diciannove volte campione del mondo e collezionista di parecchi altri primati. Simone Barlaam piace perché in acqua è uno squalo indomabile certo, ma anche perché dimostra che lo sport è per tutti e che vince sempre il migliore, indipendentemente dalle condizioni di partenza. Insieme a lui, fa conquiste anche il movimento paralimpico italiano che, ormai ai vertici mondiali, continua a cambiare la cultura del Paese.
Sofia Righetti
Si dice fieramente disabile, è comunicatrice, influencer, attivista, anche a fianco della comunità LGBTQ+. Ed è tecnicamente preparatissima in Disability Studies, Feminist Disability Studies e Critical Disability Studied, grazie agli studi post laurea (con lode) in Filosofia del Diritto con specializzazione in diritti delle persone con disabilità. Sofia Righetti fa formazione in scuole e università, è consulente per le aziende in materia di Diversity&Inclusion (è stata Story consultant nella serie Prisma, vedi sopra) e non smette di pungere: lo scorso anno ha vinto una causa contro l’Arena di Verona, responsabile di aver tenuto una condotta discriminatoria verso le persone con disabilità. Tra un impegno e l’altro, trova il tempo di produrre podcast, vedi Streghe, in cui reinterpreta in chiave molto originale la figura delle streghe, sua passione tutt’altro che segreta.
Valentina Tomirotti
Si presenta come attivista su rotelle, perché si sente bene nell’irrompere e scardinare. Come quando su Vanity Fair si è fatta fotografare in pochi veli nel servizio Boudoir Disability. Ne sono seguiti attacchi e commenti anche duri, ma – ha risposto lei – essere considerati eccessivi e fuori luogo è il prezzo che si paga quando si inverte la narrazione dominante. I suoi reel su Instagram sono un diario intimo che più politico non si potrebbe, come quando rimane imprigionata dentro la carrozza di un treno perché nessuno aziona la piattaforma per la carrozzina, quando fa i room tour negli hotel per controllare che la carrozzina superi la prova di curve e angoli e persino quando commenta i sex toys per la sua collezione appena ricevuti dal corriere. Già, perché anche il corpo può essere politico. A chi nota il suo corpo prima di vedere l’interezza della sua persona, risponde con frasi così: «Non ho un corpo da bikini, ma sono tornata a metterli perché voglio scegliere io!».