Per molti anni nelle stanze di controllo della NASA non si sono mai viste donne. Oggi Diana Trujillo, uno dei Flight Director di Perseverance che ha alle spalle una storia difficile di immigrazione dalla Colombia è una testimonial importante che ha fatto la trasmissione dell’ammartaggio di Perseverance in lingua spagnola
Per molti anni nelle stanze di controllo della NASA non si sono mai viste donne. Cercate Apollo control room e divertitevi a fare passare le foto alla ricerca di una elusiva presenza femminile.
La cosa si ripeteva puntualmente anche per le missioni planetarie. Qui i protagonisti non sono gli astronauti ma robot che devono visitare altri corpi del sistema solare. Le control room di queste missioni non sono a Houston ma al Jet Propulsion Laboratory a Pasadena, in California. Qui oltre alle missioni viene gestito anche il Deep Space Network che, grazie alla sue antenne sparse per il mondo, assicura le comunicazioni tra la NASA e le sonde.
Questa è una foto del centro nevralgico del DSN nel 1993 e anche qui, si nota la totale assenza di esperti di genere femminile.
Un effetto dovuto allo scarso numero di donne con la giusta specializzazione. Accompagnata da una ferrea determinazione a raggiungere i risultati che si sono prefissate in un ambiente profondamente maschilista dove le potenzialità femminili faticano a essere considerate.
Le donne nelle missioni planetarie NASA
Julie Rathbun, esperta della studio delle lune di Giove al Planetary Science Institute a Claremont, in California , ha esaminato tutto il materiale disponibile per ricostruire la percentuale di donne in 26 missioni planetarie della NASA dagli anni ’70 al 2017. Si inizia con zero donne nel team delle strepitose missioni Viking, ispirate dal genio di Carl Sagan. Per arrivare al 25-30% delle missioni Dawn (la sonda che ha studiato gli asteroidi Vesta e Cerere) e OSIRIS-Rex (la missione che ha raccolto campioni dell’asteroide Bennu). Tuttavia la progressione non è continua. Il team di New Horizons, che ci ha regalato meravigliose immagini di Plutone e della sua luna Caronte, conta meno del 15% di signore. Infine MAVEN, l’ultima missione della NASA inserita in orbita marziana nel 2014, è sotto il 5%.
In tutto, su 961 scienziati che hanno lavorato, in un modo o in un altro, alle 26 missioni, solo 96 sono di genere femminile. Ancora più bassa la percentuale di donne responsabili di missione. La prima, e unica tra le 26 missioni censite, è Maria Zuber, vicepresidente per la ricerca dello MIT, che ha guidato la missione GRAIL, attiva tra il 2011 e il 2012 per studiare la gravità della Luna. A lei si è unita da poco Lindy Elkins-Tanton, alla guida della missione Psyche che andrà a studiare, appunto, l’asteroide metallico Psyche, che verrà raggiunto nel 2026.
Premi ai team più inclusivi
E la situazione è ancora più sbilanciata se si considera la presenza di minoranze etniche. Mentre gli americani di colore sono il 13% della popolazione e quelli di origine ispanica addirittura il 16%, la loro presenza nelle missioni alla scoperta del sistema solare è ferma ad un misero 1%. Che fare?
Come agenzia federale, la NASA non può imporre quote né basate sul sesso, né basate sull’etnia, quello che può fare è una affermative action secondo il principio che “La NASA riconosce e supporta i benefici di avere una comunità diversa ed inclusiva e si aspetta che questi valori verranno riflessi nella composizione dei team proponenti”. In altre parole, team più diversi ed inclusivi verranno premiati. Questa presa di posizione, discreta ma inequivocabile, ha immediatamente fatto aumentare la presenza femminile nel corpo degli astronauti e nelle stanze di controllo delle missioni umane e di quelle robotiche.
La svolta di Perseverance
L’abbiamo visto avvenire con l’ammartaggio della missione Perseverance, il nuovo rover della NASA che è felicemente arrivato su Marte il 18 febbraio e sta muovendo i suoi primi passi di esplorazione.
Se avete seguito le fasi dell’ammartaggio vi siete sicuramente accorti che la voce narrante era quella di una donna. Si tratta di Swati Mohan, il capo del gruppo che controlla la traiettoria e le operazioni della missione Mars 2020. Della quale fa parte il rover Perseverance.
La storia di Swati Mohan
Mohan è nata in India ed è immigrata negli USA con la sua famiglia quando aveva un anno. Si è appassionata allo spazio grazie alla serie Star Trek e, quando aveva 16 anni, ha deciso che lo spazio era il suo futuro. Si è laureata in ingegneria aerospaziale all’Università di Cornell e poi ha conseguito il dottorato allo MIT. È stato questo che l’ha portata al JPL dove ha fatto parte del team della missione Cassini (che ha studiato le Lune e gli anelli di Saturno). Prima di iniziare con Mars 2020 nel 2013.
Mohan è orgogliosa delle sue origini e ha esibito il bindi della tradizione indiana anche a rappresentare la diversità e l’integrazione del team dell’ultimo gioiello marziano della NASA. Mohan non è sola a rappresentare la ricchezza portata negli USA dagli immigrati.
…e quelle di Diana Trujillo
Le fa compagnia Diana Trujillo, uno dei Flight Director di Perseverance che ha alle spalle una storia difficile di immigrazione. Dalla Colombia è partita da sola a 17 anni, approdando negli USA con 300 dollari in tasca e senza sapere l’inglese. Dovendo mantenersi senza alcun supporto della famiglia, Diana è stata un modello di determinazione e si è pagata gli studi facendo la donna di servizio.
Ha iniziato a studiare ingegneria aerospaziale all’Università della Florida. Ma la svolta è venuta quando è stata la prima ragazza ispanica ammessa alla NASA Academy, ricevendo poi un’offerta di lavoro dall’agenzia. Ha conseguito la laurea in ingegneria all’Università del Maryland specializzandosi negli strumenti per l’esplorazione robotica del sistema solare. Nel 2009 è diventata ingegnere delle telecomunicazioni del Rover Curiosity (ammartato nel 2012), poi, nel 2014 è stata nominata capo missione. Diana è una testimonial importante per la politica di inclusione della NASA che le ha fatto fare la trasmissione dell’ammartaggio di Perseverance in lingua spagnola intitolata Juntos perseveramos.
Non era mai successo prima ed è chiaro che l’agenzia conta su di lei per fare aumentare l’interesse degli studenti di origine ispanica (maschi e femmine) per le materie scientifiche. Diana adesso fa parte del piccolo gruppo dei Flight Director di Perseverance. Una macchina complessa e delicata, capace di muoversi in relativa autonomia ma che viene controllata h24 da team che si alternano al JPL, pronti ad intervenire in caso di imprevisti.
Durante i suoi turni dovrà decidere come fare muovere in sicurezza il rover. Ma anche come analizzare i campioni di suolo che i geologi pensano essere più interessanti e come raccogliere quelli da sigillare in contenitori stagni in attesa della missione di ritorno a Terra. Magari le capiterà di essere di turno quando il drone Ingenuity cercherà di volare. Ma sono pronta a scommettere che sarà nella sala di controllo anche fuori dal suo orario di lavoro. Quale ingegnere aerospaziale vorrebbe perdere il battesimo del volo del primo elicottero marziano?