La storia dei Tre Regni può essere riscritta ancora una volta: riuscirete a unificare la Cina con tutti gli ufficiali di Wu ancora vivi?
Ci rendiamo conto che non sia affatto facile, per un occidentale, districarsi tra i musou, e questo nonostante titoli come ONE PIECE: Pirate Warriors 4 e Hyrule Warriors: L’Era della Calamità (qui la nostra recensione), abbiano contribuito a far conoscere un genere che finora raccoglie appassionati soprattutto dove è nato, ovvero all’interno dell’arcipelago giapponese. Prendiamo per esempio i Warriors: alcuni sono più votati all’azione, altri alla tattica. Se non avete compreso il perché, occorre fare attenzione al titolo: quando c’è Empires di mezzo, allora hanno una forte componente strategica. Inutile dire che Dynasty Warriors 9 Empires appartenga proprio a questo filone.
Strategie e battaglie di Dynasty Warriors 9 Empires
L’ambientazione sarà, ancora una volta, quella dei Tre Regni, e sul palco si muoveranno qualcosa come 94 ufficiali di cui potremo attivamente decretarne le sorti, sollevandone le fortune o facendoli precipitare nell’abisso della sconfitta che, come si anticipava, in Empires non deve arrivare per forza sul campo di battaglia, visto il ruolo della politica.
Dynasty Warriors 9 Empires consente di rivivere momenti storici come la Ribellione dei Turbanti Gialli e la Battaglia di Chibi, che agli occidentali probabilmente diranno ben poco, ma sono fatti che hanno plasmato la Cina con cui oggi dobbiamo fare i conti. Come da tradizione, la serie non impone che si debba seguire la storia: sarà infatti dato modo a ciascun giocatore di giocare la propria partita per l’unificazione della Cina, tessendo strategie e disfacendo alleanze a seconda del bisogno e della convenienza politica.
Da questo punto di vista, Dynasty Warriors 9 Empires, benché ambientato in Cina, pare un trattato politico di Machiavelli: nessun uomo è un isola e infatti gran parte del temp di gioco sarà speso tentando di tenere sollevato il morale dei propri alleati e di rimpinguare le file dei propri ufficiali, che potrebbero altrimenti voltarvi le spalle quando il nemico busserà alle porte. Ma alle vostre porte busserà anche chi vi chiederà di tradire amici di una vita in cambio della propria fedeltà, o della sottomissione di una regione che vi faceva gola da tempo… che fare?
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E poi ci sono aspetti più pratici, a iniziare dalla necessità di avere abbastanza derrate alimentari per il popolo e per l’esercito, perché le guerre costano. Un sacco, non tarderete ad accorgervene. Di cose da fare, insomma, ce ne sono un sacco, peccato che l’ottima impalcatura strategica poggi su un unico piede, che vi vede compiere azioni tramite un sistema a turni. E i turni, naturalmente, non bastano mai per fare ciò che si vorrebbe, nemmeno pianificando tutto alla perfezione, e allora ci si innervosisce e non poco.
Quanto alle battaglie, sono le stesse caciaronate di sempre, dove un solo uomo (il vostro), si butta a testa bassa contro le guarnigioni nemiche, sgominando legioni solo agitando la spada. I soldati semplici offrono infatti una resistenza irrisoria, mentre i boss di metà livello possono dare qualche grattacapo in più. Rispetto ai musou tradizionali, comunque, Dynasty Warriors 9 Empires permette anche di catturare i generali nemici, così da abbattere il morale delle truppe rivali e soprattutto di prendere parte agli assedi dei castelli, decidendo le tattiche da seguire e quali macchine da battaglia far scendere in campo.
Forse non rappresenta quel capitolo di rottura che i fans attendevano, e con ogni probabilità Omega Force e Koei Tecmo Games hanno riciclato un po’ troppi asset da Dynasty Warriors 9, uscito nel 2018, col risultato che il gioco non pare troppo ottimizzato per le nuove console (PlayStation 5 e Xbox Series X|S) e difatti è afflitto da improvvisi cali nel frame rate e perfino da evidente pop-up, ma Dynasty Warriors 9 Empires riesce comunque a divertire e intrigare, anche grazie alla sua doppia anima strategico-chiassosa. Certo, la parte strategica si piglia troppo sul serio, quella sul campo di battaglia troppo poco, ma in fondo i musou sono sempre stati così: o li si ama, o li si odia.